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A volte (non) ritornano: con ordinanza, la Corte conferma la fine del controllo preventivo di legittimità delle leggi siciliane (3/2015)

Ordinanza n. 175/2015 – giudizio di legittimità costituzionale in via principale

Deposito del 16/07/2015; Pubblicazione in G. U. 22/07/2015, n. 29

Motivo della segnalazione

Con ricorso notificato il 9 agosto 2014 e depositato il successivo 18 agosto, il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha proposto questione di legittimità costituzionale della delibera legislativa della Regione siciliana, relativa al disegno di legge n. 475, recante «Norme per la prevenzione delle patologie del cavo orale», approvata dall’Assemblea regionale siciliana nella seduta del 1° agosto 2014; in particolare, l’art. 4 di tale disegno di legge dispone che, al fine dell’assunzione degli igienisti dentali, le Aziende sanitarie provinciali provvedano mediante rimodulazione dei posti in pianta organica attraverso la soppressione di figure di operatori sanitari equiparabili e con equivalenti livelli salariali.

Il ricorrente rileva diversi profili di possibile illegittimità costituzionale dell’atto sotto il profilo economico-finanziario, ritenendo quindi necessario il vaglio della Corte in merito al rispetto da parte del legislatore regionale - in particolare - dell’art. 81 della Costituzione.

La Corte tuttavia specifica che, dopo l’impugnazione, essa stessa, «con la sentenza n. 255 del 2014 (pronunciata a seguito di autorimessione), ha dichiarato costituzionalmente illegittimo – per contrasto con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione) – l’art. 31, comma 2, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), come sostituito dall’art. 9, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), limitatamente alle parole «Ferma restando la particolare forma di controllo delle leggi prevista dallo statuto speciale della Regione siciliana»».

Considerato quindi «che, con la citata sentenza n. 255 del 2014, sopravvenuta alla proposizione del presente ricorso, questa Corte − sulla premessa che «il peculiare controllo di costituzionalità delle leggi […] della Regione siciliana − strutturalmente preventivo − è caratterizzato da un minor grado di garanzia dell’autonomia rispetto a quello previsto dall’art. 127 Cost.», e in applicazione dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, che introduce la «clausola di maggior favore» ai fini della più compiuta garanzia delle autonomie speciali, ha ritenuto che «deve pertanto estendersi anche alla Regione siciliana il sistema di impugnativa [successiva] delle leggi regionali, previsto dal riformato art. 127 Cost.»; e, a tal fine appunto, ha dichiarato la illegittimità costituzionale, in parte qua, della norma − ostativa a siffatta estensione − di cui all’art. 31, comma 2, della legge n. 87 del 1953, come sostituito dall’art. 9, comma 1, della legge n. 131 del 2003», in conseguenza «della eliminazione del frammento normativo che manteneva fermo il particolare sistema di controllo delle leggi siciliane, risultano ora «non più operanti le norme statutarie relative alle competenze del Commissario dello Stato nel controllo delle leggi siciliane, alla stessa stregua di quanto affermato da questa Corte con riguardo a quelle dell’Alta Corte per la Regione siciliana (sentenza n. 38 del 1957), nonché con riferimento al potere del Commissario dello Stato circa l’impugnazione delle leggi e dei regolamenti statali (sentenza n. 545 del 1989)» (sentenza n. 255 del 2014)».

In definitiva, quindi, la «estensione alla Regione siciliana del controllo successivo di legittimità costituzionale impedisce che il presente giudizio possa avere seguito (anche agli effetti, quindi, di una pronuncia di cessazione della materia del contendere per mancata promulgazione delle disposizioni impugnate, circostanza quest’ultima che preclude anche la concessione di una eventuale rimessione in termini in favore della Presidenza del Consiglio dei ministri), non essendo più previsto che questa Corte eserciti il suo sindacato sulla delibera legislativa regionale prima che quest’ultima sia stata promulgata e pubblicata e, quindi, sia divenuta legge in senso proprio», e deve pertanto «dichiararsi in limine l’improcedibilità del ricorso (ordinanze n. 111 e n. 105 del 2015, che richiamano la sentenza n. 17 del 2002 e le ordinanze n. 228, n. 182 e n. 65 del 2002)».

Osservatorio sulle fonti

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