Archivio rubriche 2016

TAR CAMPANIA, Salerno, 23 agosto 2016, n. 1944

Deve ritenersi che, se ai Comuni non è inibito il potere di adottare un proprio regolamento per disciplinare il corretto insediamento degli impianti, tale potere deve tradursi in regole ragionevoli, motivate e certe e non in divieti generalizzati di installazione degli impianti in intere zone del territorio comunale (Cons. Stato, sez. VI, 15 luglio 2010, n. 4557).
Per tali ragioni, l'individuazione di apposite zone del territorio comunale come zone idonee alla allocazione degli impianti può ritenersi legittima solo ove supportata da specifiche motivazioni, ovvero da ragioni di carattere urbanistico, edilizio, o di tutela di beni di particolare interesse paesaggistico o artistico (Cons. Giust. Regione Sicilia, 27 agosto 2013 n. 735).
Analogamente, il Comune, ove escluda intere parti del suo territorio dalla possibile localizzazione di impianti di telefonia, deve non solo individuare dei siti alternativi, ma anche dimostrare la loro specifica alternatività in termini di copertura di rete, ovvero la loro idoneità a garantire la copertura del servizio su tutto il territorio comunale (Cons. Stato, 23 gennaio 2015 n. 306; 21 gennaio 2015, n. 183).
Per tali ragioni, debbono reputarsi illegittime le previsioni regolamentari che, nel disporre la suddivisione del territorio comunale in zone destinate alla localizzazione degli impianti, introducano limiti generalizzati a siffatta localizzazione su tutto il resto del territorio comunale, mediante una scelta generale ed astratta non supportata da specifiche giustificazioni quanto alla precipua tipologia dei luoghi esclusi né dalla presenza di siti peculiari e qualificabili per il loro particolare valore e/o destinazione (Cfr. TAR Toscana, sez. II, 17 febbraio 2011, n. 335).

TAR MOLISE, Campobasso, 23 settembre 2016, n. 361

Il TAR richiama una recente sentenza dello stesso collegio, n. 396/2014, sulla legittimità del regolamento adottato dal Comune di Campobasso ai sensi dell'art. 8, comma 6, della legge n. 36/2001 e della legge regionale n. 20/2006, in analogo contenzioso proposto da Telecom spa, in cui aveva concluso nel senso della sua conformità alla legge statale sulla scorta della seguente motivazione: "Secondo l'attuale disciplina in tema di installazione di strutture operanti quali cc.dd. stazioni 'radio - base per telefonia mobile', risultante dal combinato disposto delle norme contenute nella l. 22 febbraio 2001, n. 36, "Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici" e nel d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259 (c.d. "codice delle comunicazioni"), le funzioni (legislative ed amministrative) relative alla determinazione dei limiti di esposizione alle onde elettromagnetiche sono attribuite allo Stato; rimangono, invece, di competenza delle Regioni le funzioni relative alla localizzazione dei siti di trasmissione ed alla regolamentazione delle modalità procedimentali per il rilascio delle autorizzazioni; dal che deriva che le fondamentali competenze in materia risultano suddivise fra lo Stato e le Regioni" (cfr. TAR Sicilia, Palermo sez. II, 27 marzo 2012, n. 622).

TAR SICILIA, Palermo, 26 settembre 2016, n. 2268

In materia di provvedimenti riguardanti l'utilizzo temporaneo di loculi cimiteriali, il potere extra ordinem di adozione di ordinanze contingibili ed urgenti è regolato da precisi limiti di legge, superati i quali, tal genere di provvedimento non può essere ammesso (cfr. T.A.R., Sicilia, sez. III, n. 2339/2013, 455/2015, 593/2015).
In particolare le ordinanze contingibili ed urgenti sono consentite esclusivamente per far fronte a straordinarie ed imprevedibili esigenze - a cui non è possibile ovviare facendo ricorso agli ordinari strumenti tipizzati dalla legge - per il tempo strettamente necessario affinché l'amministrazione possa intervenire in via ordinaria.
Ciò considerato, è evidentemente impossibile ricondurre ad evento straordinario ed imprevedibile l'esaurimento dei posti salma in un cimitero comunale, avvenuto nel tempo, nell'inerzia dell'amministrazione comunale, che nulla ha fatto per far fronte a tale più che prevedibile conseguenza e che solo dopo avere adottato i provvedimenti impugnati ha deliberato in ordine all'approvazione del progetto di ampliamento del cimitero.
Anche la previsione del termine di efficacia dei provvedimenti impugnati, fino alla prevedibile fine dei lavori di ampliamento del cimitero, non appare conforme ai principi che presiedono alla adozione dei provvedimenti contingibili ed urgenti.
Proprio per la particolare natura eccezionale di tal genere di provvedimenti, la loro efficacia può ritenersi giustificata esclusivamente per il tempo necessario per poter affrontare, con gli strumenti ordinari, le contingenze improvvisamente emerse, che è cosa ben diversa dal tempo necessario per poter risolvere definitivamente, a regime, il problema esistente.

TAR LAZIO, Roma, 5 luglio 2016, n. 7686

La ricorrente impugnava l'ordinanza con cui il Comune di Ardea le aveva ordinato di provvedere con urgenza, "per motivi igienico-sanitari", alla pulizia di un'area di sua proprietà, nonché di ripristinare lo stato dei luoghi ex art. 192-255 e 256 del D.Lgs. n. 152 del 2006.
Il provvedimento impugnato risultava essere stato adottato dal Sindaco nell'esercizio dei poteri allo stesso conferiti dall'art. 50 del d.lgs. n. 267 del 2000 e dall'art. 192 del d.lgs. n. 152 del 2006.
Al riguardo, il TAR ricorda che:
- l'art. 50 del d.lgs. n. 267 del 2000 - al comma 5, oggetto di espresso richiamo nel provvedimento impugnato - attribuisce specificamente al "sindaco, quale rappresentante della comunità locale", il potere di adottare, "in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale", "ordinanze contingibili e urgenti";
- l'art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006 stabilisce il potere del Sindaco di disporre, con "ordinanza", le operazioni necessarie per la rimozione, l'avvio a recupero o lo smaltimento di rifiuti abbandonati e il ripristino dello stato dei luoghi nei confronti di chi abbia violato i divieti di cui ai precedenti commi 1 e 2, "in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base ad accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo", fissando, tra l'altro, "il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate";
- secondo l'orientamento pressoché unanime della giurisprudenza in materia, i poteri di cui si discute non sono sovrapponibili, atteso che il potere di cui all'art. 50 in argomento riveste carattere atipico e residuale (ossia è esercitabile - in presenza dei presupposti all'uopo prescritti - esclusivamente nei casi in cui risulti impossibile intervenire mediante l'adozione di atti tipici), mentre il potere contemplato nell'art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006 (in precedenza disciplinato dall'art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 22 del 1997) riveste carattere "ordinario" ed è, altresì, connotato da natura "sanzionatoria", atteso che, per il suo esercizio a carico dei soggetti obbligati in solido, impone l'imputazione a titolo di dolo o colpa del comportamento tenuto in violazione dei divieti di legge (cfr., ex multis, TAR Calabria, Catanzaro, Sez. I, 20 ottobre 2009, n. 1118).

TAR PUGLIA, Lecce, 25 luglio 2016, n. 1189

L'uso anomalo del potere di ordinanza, tradottosi in una cattiva applicazione dell'art. 50, commi 4 e 5 del D.Lgs. 267/2000 emerge anche attraverso la reiterazione del provvedimento in discorso, a segnalazione del difetto della condizione indispensabile di provvisorietà dell'atto emanato con i poteri contingibili e urgenti. Il Collegio rileva, sotto tale angolo visuale, che il ricorso all'ordinanza di necessità ed urgenza si configura quale extrema ratio nell'ordinamento, ossia quale rimedio straordinario che l'amministrazione ha a disposizione per fronteggiare situazioni eccezionali ed imprevedibili, non altrimenti governabili. Questa fisionomia peculiare dell'ordinanza fa sì che uno dei suoi caratteri immancabili sia quello della provvisorietà, allo scopo evidente di non istituzionalizzare situazioni emergenziali.
Ed invece, nella fattispecie, risulta chiaro il fatto che il potere di ordinanza extra ordinem è stato più volte esercitato dal Sindaco, il che già di per sé contraddice la straordinarietà e l'eccezionalità dello strumento.

CONS. STATO, sez. V, 26 luglio 2016, n. 3369

Il sindaco di Alessandria aveva adottato un’ordinanza contingibile e urgente a tutela della salute pubblica con la quale era stato ordinato a dei condomini "ognuno per le proprie prerogative, competenze e responsabilità di provvedere immediatamente al ripristino dell'impianto di riscaldamento centralizzato, con l'eliminazione degli impianti di riscaldamento autonomi sino ad ora realizzati, per garantire nel più breve tempo possibile il previsto confort di legge con il termine del ripristino funzionale dell'impianto centralizzato entro e non oltre 7 giorni dalla notifica della presente".
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte davanti al quale era stata impugnata l’ordinanza aveva rilevato in sintesi che:
- l'ordinanza impugnata utilizza uno strumento extra ordinem per indebitamente interferire in rapporti individuali di natura privatistica e nello specifico in una controversia condominiale;
- mancano i presupposti di imprevedibilità e urgenza della situazione, atteso che la problematica del riscaldamento del condominio è stata ampiamente dibattuta in sede condominiale, ove è stata altresì presa una deliberazione all'unanimità che vincolava l'amministratore e tutti i ricorrenti;
- i condomini dissenzienti avrebbero potuto contestarla nelle sedi competenti;
- mancano peraltro veri e propri profili di rischio ascrivibili alla generalizzata categoria dell'incolumità pubblica.

TAR CAMPANIA, Napoli, 3 agosto 2016, n. 4013

Secondo il TAR non è chiaro il riferimento alle ordinanze contingibili ed urgenti di cui all'art. 54 d.lgs. 267 in mancanza di qualsiasi esplicitazione o citazione nel corpo dell'ordinanza che consenta un'adeguata qualificazione del provvedimento. In ogni caso, è da ritenere illegittima l'ordinanza contingibile ed urgente adottata per fronteggiare non situazioni di necessità ed urgenza bensì esigenze prevedibili e permanenti tra l'altro in assenza di un termine finale dell'atto che deve avere una durata necessariamente delimitata nel tempo.
Nella specie il provvedimento risultava adottato pur in presenza di strumenti ordinari per fronteggiare la situazione, non soddisfava i requisiti della contingibilità ossia della imminenza di un fatto eccezionale da dover fronteggiare con sollecitudine, non soddisfava i requisiti di ragionevolezza e proporzionalità tra il provvedimento e la realtà cui si riferisce, era stato adottato in mancanza di una situazione di pericolo o di una minaccia per l'incolumità dei cittadini facendo riferimento ad un'ipotetica rissa tutta da verificare che vedeva coinvolti al massimo due o tre soggetti, in violazione dell'obbligo di comunicazione al Prefetto che non risultava adempiuto. I disordini richiamati erano tutt'altro che dimostrati, si innestavano su una controversia meramente privata, e non potevano considerarsi pregiudizievoli per il mantenimento dell'ordine pubblico.

TAR VENETO, Venezia, 21 settembre 2016, n. 1055

Le ordinanze contingibili ed urgenti sono provvedimenti assunti, sulla base di una norma di legge, per fare fronte a situazioni di urgente necessità, concreta ed attuale, che non potrebbero essere affrontate e risolte in maniera efficace con gli ordinari strumenti a disposizione della stessa Amministrazione. Tali provvedimenti costituiscono strumenti atipici per quanto attiene al contenuto, fissando la legge unicamente i presupposti per l'esercizio del potere di ordinanza, ma non il contenuto della stessa, atteso che l'atipicità è conseguenza della funzione dell'istituto, considerato che le situazioni di urgenza concretamente verificabili non sono prevedibili a priori e, quindi, non è possibile prevedere il contenuto che l'ordinanza dovrà avere per fronteggiare la situazione di urgenza.
A fronte degli esposti elementi caratterizzanti l'istituto in esame, il provvedimento impugnato, che è stato assunto per fare fronte al sovraffollamento delle nutrie (tramite controllo e contenimento mediante abbattimento delle stesse), non presenta i requisiti richiesti dalla disciplina di settore come sopra individuati:

Scheda n. 1 - Statuti e rappresentanza processuale dell’ente.

CASS. CIVILE, sez. trib., 4 maggio 2016, n. 8869

Il ricorso incidentale del Comune di Sulmona viene dichiarato inammissibile per nullità della procura, rilasciata dal Sindaco, nella qualità di legale rappresentante del Comune.

Le Sezioni Unite della Cassazione confermano che "nel nuovo quadro delle autonomie locali, ai fini della rappresentanza in giudizio del Comune, l'autorizzazione alla lite da parte della giunta comunale non costituisce più, in linea generale, atto necessario ai fini della proposizione o della resistenza all'azione, salva restando la possibilità per lo statuto comunale - competente a stabilire i modi di esercizio della rappresentanza legale dell'ente, anche in giudizio (testo unico delle leggi sull'ordinamento delle autonomie locali, approvato con il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, ex art. 6, comma 2) - di prevedere l'autorizzazione della giunta, ovvero di richiedere una preventiva determinazione del competente dirigente (ovvero, ancora, di postulare l'uno o l'altro intervento in relazione alla natura o all'oggetto della controversia). Ove l'autonomia statutaria si sia così indirizzata, l'autorizzazione giuntale o la determinazione dirigenziale devono essere considerati atti necessari, per espressa scelta statutaria, ai fini della legittimazione processuale dell'organo titolare della rappresentanza (Cass. Sez. U., Sentenza n. 12868 del 16/06/2005).

Scheda n. 1 - Statuto e rappresentanza processuale dell’ente

CASSAZIONE CIVILE, sez. trib., 11.12.2015, n. 24996.

Nel caso in cui l'ente agisca in giudizio, proponendo appello avverso una sentenza totalmente o parzialmente sfavorevole della Commissione tributaria provinciale, possono configurarsi due diverse situazioni con riferimento alla mancanza del potere rappresentativo da parte del Sindaco, allorchè non sia previamente autorizzato ad agire in giudizio da parte della Giunta.

Occorre, infatti, verificare se lo statuto comunale - competente a stabilire i modi di esercizio della rappresentanza legale dell'ente, anche in giudizio (testo unico delle leggi sull'ordinamento delle autonomie locali, approvato con il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, "ex" art. 6, comma 2) - preveda l'autorizzazione della Giunta, ovvero una preventiva determinazione del competente dirigente.

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