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L’adesione dell’Unione europea alla CEDU: un “nuovo” inizio? (3/2020)

L’anno in corso rappresenta per l’Unione europea (Unione, in avanti) un momento storico caratterizzato da molteplici sfide di diversa natura e gravità. Tra queste, recentemente si è riproposta quella dell’adesione alla Cedu.

Quest’ultima, paventata più e più volte nel corso del processo di integrazione europea per completare il sistema di tutela dei diritti fondamentali dell’Unione, è divenuta un vero e proprio precetto con il Trattato di Lisbona. In virtù di quest’ultimo, l’art. 6, par. 2, TUE, recita per l’appunto che “l’Unione aderisce alla Cedu”[1]. Il primo tentativo di dare attuazione a questa disposizione è stato posto in essere tra il 2010 e il 2013 dal cosiddetto gruppo ad hoc dei “47+1”. Al termine di un complesso negoziato, il gruppo di negoziatori aveva licenziato un progetto di accordo d’adesione[2], corredato da un pacchetto di documenti ritenuti tutti ugualmente necessari per completare il processo di adesione. Il progetto di accordo veniva di seguito sottoposto al vaglio della Corte di giustizia, attraverso una richiesta di parere avanzata dalla Commissione, ex art. 218, par. 11, TFUE. Come noto, l’esito della valutazione è giunto il 18 dicembre 2014 con il discusso parere 2/13[3]. Una decisione molto dura con cui la Corte di giustizia ha contestato la compatibilità di gran parte delle previsioni contenute nel progetto di accordo con il diritto dell’Unione, paralizzando a lungo il processo di adesione alla Cedu.

Infatti, sebbene la questione dell’adesione non sia mai stata del tutto esclusa dall’agenda dell’Unione, soltanto il 31 ottobre 2019, il Presidente e il Vice Presidente della Commissione hanno inviato una lettera al Consiglio d’Europa comunicando l’intenzione di riavviare il negoziato per l’adesione[4]. La risposta del Consiglio d’Europa è giunta qualche mese dopo, con la decisione del 15 gennaio 2020 del Comitato dei Ministri[5]. Attraverso quest’ultima, l’organo ha approvato il proseguimento del negoziato, attribuendogli priorità rispetto alle altre questioni.

Così, sulla scorta di questi preliminari scambi formali, il 22 giugno scorso il gruppo ad hoc dei “47+1” si è incontrato virtualmente per un primo meeting informale nell’ambito del quale la Commissione ha illustrato la posizione dell’Unione sul tema dell’adesione[6]. In seguito a questo preliminare incontro, il negoziato è ripreso in via ufficiale con il primo meeting formale, svoltosi tra il 29 settembre e il 1° ottobre scorsi, con la partecipazione di circa novanta delegati.

Sebbene la notizia susciti di per sé un certo interesse tra gli studiosi, la grande riservatezza attorno alle direttive di negoziato limita le possibilità di svolgere analisi approfondite in relazione a un argomento che, invece, coinvolge sotto vari profili l’Unione, il Consiglio d’Europa, gli Stati membri e, soprattutto, gli individui.

Ciò posto, talune informazioni sono comunque deducibili dalla lettura combinata delle dichiarazioni pubbliche e di alcuni studi preliminari alla riapertura del negoziato eseguiti dalle istituzioni europee.

Innanzitutto, entrambe le Parti hanno confermato che le nuove trattative sono affidate al medesimo gruppo di negoziatori che aveva curato le precedenti. Dai documenti[7] accessibili relativi al nuovo negoziato risulta, inoltre, che la decisione[8] del 2010 con cui il Consiglio aveva autorizzato l’avvio del primo negoziato è stata considerata tuttora in vigore, permettendo così di evitare l’adozione di un nuovo atto analogo per poter riprendere i colloqui. Infine, con riguardo ai profili sostanziali, le Parti hanno concordato che il nuovo negoziato ripartirà dal progetto di accordo del 2013, nel tentativo di apportarvi solo gli emendamenti necessari per renderlo compatibile con i Trattati istitutivi, secondo le indicazioni della Corte di giustizia[9].

Il compito dei negoziatori appare invero tutt’altro che semplice. Il parere 2/13, infatti, non solo contesta la compatibilità di diverse parti della bozza di accordo con l’art. 6, par. 2, TUE e il Protocollo n. 8 allegato ai Trattati, ma si spinge – di fatto – a negarne la compatibilità con il quadro costituzionale dell’Unione, i cui elementi sono stati individuati, per la prima volta, in virtù delle novità introdotte con il Trattato di Lisbona.

In concreto, la prima bozza di accordo d’adesione prevedeva che l’Unione avrebbe aderito alla Cedu e ai Protocolli n. 1 e 6 addizionali alla stessa, vale a dire i Protocolli a cui tutti gli Stati membri dell’Unione hanno già aderito. Con riferimento alla portata del sindacato giurisdizionale della Corte Edu, la bozza di accordo del 2013 non stabiliva alcun limite, includendovi così anche il delicato settore della PESC. Il sistema di ricorsi individuali dinanzi alla Corte Edu veniva invece adattato alle specificità dell’Unione prevedendo l’introduzione di quattro aggiustamenti così sintetizzabili: i) una clausola generale per stabilire l’attribuzione della contestata violazione della CEDU tra l’Unione e i suoi Stati membri, per indirizzare correttamente il ricorso dinanzi alla Corte Edu; ii) la partecipazione a titolo di co-convenuto dell’Unione o degli Stati membri al verificarsi di determinate condizioni specificate nella bozza; iii) il coinvolgimento della Corte di giustizia attraverso il cosiddetto preliminary reference e, infine, iv) la clausola d’attribuzione congiunta della responsabilità per le violazioni della CEDU riscontrate nei ricorsi a cui l’Unione o gli Stati membri avrebbero partecipato in qualità di co-convenuto. Per quanto riguarda i ricorsi inter-parte, invece, la bozza di accordo individuava soltanto le previsioni necessarie ad assicurare che gli Stati membri avrebbero sempre potuto esperire previamente il ricorso interno ex art. 344 TFUE dinanzi alla Corte di giustizia, prima di rivolgersi alla Corte di Strasbrurgo. Infine, venivano altresì stabilite le modalità in cui l’Unione avrebbe partecipato alle attività degli organi del Consiglio d’Europa relative al funzionamento del sistema di tutela della CEDU.

La Corte di giustizia – con il parere 2/13 – ha considerato pienamente compatibili con il diritto dell’Unione soltanto il criterio di scelta dei Protocolli addizionali alla Cedu a cui l’Unione avrebbe aderito e le modalità di partecipazione della stessa agli organi del Consiglio d’Europea. Di contro, l’estensione del sindacato giurisdizionale della Corte Edu sulla PESC è stato dichiarato incompatibile con l’autonomia del diritto dell’Unione per via della mancanza della propria competenza su quest’ultimo. Al fine di rendere la bozza di accordo compatibile, la Corte di giustizia ha chiesto addirittura che la Corte Edu sia anch’essa privata del sindacato giurisdizionale sui ricorsi relativi a tale settore.

Con riguardo agli aggiustamenti introdotti al sistema di ricorso individuale dinanzi alla Corte Edu, il parere 2/13 ha ravvisato un’indiretta lesione del principio di attribuzione nella decisione che la Corte Edu avrebbe dovuto adottare per accogliere la richiesta di partecipazione in qualità di co-convenuto nell’ambito di un ricorso dinanzi a essa[10]. Parimenti incompatibile è risultata la parte finale della disposizione dell’accordo previsto ove, in deroga alla regola generale, indicava la facoltà della Corte Edu di poter decidere di dichiarare responsabile della violazione accertata solo una delle due Parti convenute, previa richiesta di una di queste. La Corte di giustizia, inoltre, pur apprezzando in termini generali la previsione del suo coinvolgimento attraverso il preliminary reference, ne contestava la piena capacità di assicurare che la Corte Edu non si sarebbe mai trovata a interpretare indirettamente il diritto dell’Unione al fine di valutare la necessità o meno dell’attivazione dello strumento in questione. La Corte di giustizia ha così richiesto che per ogni causa pendente dinanzi alla Corte Edu in cui l’Unione avrebbe partecipato a titolo di co-convenuto, essa dovrebbe poter valutare se vi sia una decisione sulla questione, ovvero se fosse il caso attivare la procedura del preliminary reference[11].

Parimenti incompatibile con il diritto dell’Unione è risultano l’aggiustamento riguardante i sistemi di ricorso inter-parte che, secondo il parere 2/13, dovrebbero essere formalmente esclusi tra gli Stati membri dell’Unione quando riguardano il diritto dell’Unione.

Infine, la Corte di giustizia ha sollevato tre ulteriori profili di incompatibilità con le caratteristiche specifiche del diritto dell’Unione in alcune “mancanze” nell’accordo previsto. Segnatamente, il primo motivo è stato individuato nell’assenza di una disposizione di coordinamento tra l’art. 53 della CEDU e l’art. 53 della Carta, atta a consolidare l’interpretazione di quest’ultimo resa nella sentenza Melloni. Il secondo profilo di incompatibilità contestato attiene, invece, al mutuo riconoscimento tra gli Stati membri. Infine, la terza mancanza ritenuta idonea a inficiare la conformità dell’accordo previsto con il diritto dell’Unione ha riguardato l’assenza di riferimenti al Protocollo n. 16 addizionale alla CEDU[12]. Benché alla chiusura del negoziato del progetto di accordo del 2013 detto Protocollo non fosse ancora stato firmato[13], la Corte di giustizia ha ritenuto comunque criticabile la mancanza di una disposizione di coordinamento tra il rinvio previsto dallo stesso e il rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE, considerando il primo potenzialmente idoneo a intaccare il funzionamento del secondo.

Sebbene non tutti i profili contestati dalla Corte di giustizia appaiono realmente idonei a ledere le caratteristiche specifiche del diritto dell’Unione, il valore giuridico vincolante del parere implica la necessità di individuare soluzioni che ne osservino il contenuto.

 Il report pubblicato a margine del primo incontro formale contiene all’allegato VI la presentazione con cui la Commissione ha illustrato la posizione dell’Unione sull’adesione[14]. L’istituzione, adottando un approccio decisamente informale, ha riepilogato i quattro emendamenti che – nel rispetto delle direttive di negoziato – ritiene necessarie per rendere la bozza di accordo con i Trattati. Segnatamente, la Commissione fa riferimento agli aggiustamenti necessari per rendere il ricorso individuale compatibile con i Trattati e alla necessità di assicurare il mantenimento della giurisdizione esclusiva della Corte di giustizia sia in relazione ai ricorsi inter-parte sia rispetto al rinvio previsto dal Protocollo n. 16; al bisogno di individuare soluzioni che consentano di rispettare il principio di mutuo riconoscimento tra gli Stati membri e la regolamentazione della competenza della Corte Edu nell’ambito della PESC. Nella presentazione pubblicata, la Commissione ha evitato ogni approfondimento tecnico-giuridico in relazione ai molti e complessi profili da affrontare, preferendo un approccio diplomatico dai toni decisamente più morbidi rispetto a quelli che emergono dal parere 2/13.

Alla data in cui si scrive il processo di adesione appare ancora all’inizio, il prossimo incontro formale è atteso per dal 24 al 27 novembre. Dopo il primo incontro formale, le Parti non hanno pubblicato alcun report, ma solo un comunicato congiunto[15] da cui sembra emergere uno spirito di forte collaborazione e, forse, una piena maturazione della consapevolezza del valore dell’adesione, non solo per il completamento del sistema di tutela dei diritti fondamentali in seno all’Unione, ma anche per creare uno spazio giuridico europeo pienamente coerente. Nella speranza che questo spirito continui ad accompagnare le Parti coinvolte nel processo di adesione, non rimane che attendere i prossimi sviluppi.

 

[1] L’art. 6, par. 2, TUE deve essere letto in combinato con il Protocollo n. 8 allegati ai Trattati che fornisce talune indicazioni sostanziali in relazione ai caratteri che l’adesione alla Cedu dovrà assumere in concreto.

[2] Consiglio d’Europa, Fifth negotiation meeting between the CDDH and ad hoc negotiation group and the European Commission on the accession of the European Union to the European Convention on Human Rights. Final Report to the CDDH, (47+1(2013)008Rev2), Strasburgo, 13 giugno 2013.

[3] CGUE (Seduta Plenaria), 18 dicembre 2014, parere 2/13, Adesione dell’Unione europea alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ECLI:EU:C:2014:2454

[4] Nel maggio 2019, la Commissione ha inoltrato al FREMP un documento di lavoro relativo alla posizione dell’Unione sulla riapertura del negoziato (WK 6866/2019 INIT del 9 giugno 2019). Il documento tiene conto degli studi svolti negli anni precedenti dalla Commissione e dei contributi dello stesso FREMP. Dopo diverse riunioni, nell’incontro del 18 settembre 2019, il FREMP, sulla base della Nota del Presidente (11741/19 EU R) ha definito gli elementi ritenuti necessari per la modifica del progetto di accordo d’adesione. Questi ultimi sono contenuti nella Nota di settembre 2019 della Presidenza del Consiglio dell’Unione al Coreper, Consiglio dell’Unione, Accession of the European Union to the European Convention.

[5] Consiglio d’Europa, decisione del Comitato dei Ministri, 15 gennaio 2020, CM/Del/Dec(2020)1364/4.3.

[6] Consiglio d’Europa, Virtual informal meeting of the CDDH ad hoc negotiation group («47+1») on the accession of the accession of the EU to the European Convention on Human Rights. Meeting Report, 22 giugno 2020, 47+1(2020)Rinf.

[7] Consiglio dell’Unione, Decisione che autorizza la Commissione a negoziare l’accordo d’adesione dell’Unione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, (10817/10 Restreint EU), 8 giugno 2010.

[8] Consiglio dell’Unione, 4 giugno 2010, doc. n. 10630/10, p. 22 e Decisione che autorizza la Commissione a negoziare l’accordo d’adesione dell’Unione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, (10817/10 Restreint EU), 8 giugno 2010.

[9] Consiglio d’Europa, decisione del Comitato dei Ministri del 15 gennaio 2020, CM/Del/Dec(2020)1364/4.3.

[10] Ibidem, punti 223-225.

[11]   Ibidem, punto 241.

[12] Consiglio d’Europa, Protocollo n. 16 alla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali e relativa Nota esplicativa, Strasburgo, 2 ottobre 2013. Quest’ultimo prevede che le più alte giurisdizioni degli Stati membri possano rivolgere alla Corte Edu domande di pareri consultivi in merito a questioni di principio relative all’interpretazione o all’applicazione dei diritti e delle libertà garantiti dalla CEDU o dai suoi protocolli al fine di evitare un successivo ricorso dinanzi alla Corte Edu.

[13] La firma del Protocollo n. 16 risale infatti al 2 ottobre 2013, mentre la conclusione del negoziato è avvenuta il 5 aprile 2013.

[14] Consiglio d’Europa, Virtual informal meeting of the CDDH ad hoc negotiation group on the accession of the EU to the European Convention on Human Rights, Metting report, 22 giugno 2020, 47+1(2020)Rinf22 June 2020.

[15] Joint statement by the Secretary General of the Council of Europe and the European Commission’s Vice President for Values and Transparency, 29 settembre 2020.

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