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La Corte di giustizia circoscrive ulteriormente i limiti del proprio sindacato giurisdizionale sugli atti PESC e getta le basi per il riconoscimento di una responsabilità extracontrattuale in capo all’Unione per l’esecuzione di tali atti (3/2020)

Corte di giustizia (Grande Sezione), sentenza 6 ottobre 2020, Causa C-134/19 P, Bank Refah Kargaran c. Consiglio dell’Unione europea, ECLI:EU:C:2020:793.

La sentenza in oggetto si inserisce nel recente filone giurisprudenziale con cui la Corte di giustizia sta progressivamente circoscrivendo il limite al proprio sindacato giurisdizionale in ambito PESC, allargando le maglie della propria competenza ai ricorsi per responsabilità extracontrattuale in capo all’Unione nel quadro della PESC.

La sentenza in oggetto è stata pronunciata dalla Corte di giustizia in seguito all’impugnazione da parte della ricorrente – la Bank Refah Kargaran – della sentenza[1] con cui il Tribunale ha respinto il ricorso avanzato dalla stessa avente a oggetto una domanda fondata sull’art. 268 TFUE e diretta a ottenere il risarcimento dei danni da essa lamentati per via dell’adozione di misure restrittive nei suoi confronti.

I fatti all’origine della controversia riguardano la politica dell’Unione nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran volta a esercitare una pressione su quest’ultima per bloccare talune attività idonee a costituire un rischio di proliferazione nucleare e far cessare lo sviluppo di sistemi di lancio di armi nucleari. Segnatamente, si tratta di misure restrittive adottate dal Consiglio in ambito PESC, sulla base dell’art. 29 TUE. Tali misure possono prevedere tra l’altro divieti specifici imposti a una categoria di destinatari e diretti, di fatto, a impedire a tali persone di commercializzare o di ricevere beni o servizi all’interno del territorio dell’Unione. Le misure restrittive adottate mediante una decisione ai sensi dell’art. 29 TUE possiedono la particolare natura di atti a portata generale e, al contempo, di un insieme di decisioni individuali nei confronti dei soggetti designati. Tali decisioni si applicano soltanto agli Stati membri e non producono effetti nei confronti di terzi. Di conseguenza, al fine di garantire la loro uniforme applicazione da parte di tutti gli Stati membri, il Consiglio di norma adotta parallelamente i necessari regolamenti attuativi previsti all’art. 215 TFUE.

In tale contesto, il nome della Bank Refah Kargaran veniva inserito nell’elenco delle entità partecipanti alla proliferazione nucleare allegato alla decisione 2010/413/PESC del Consiglio e mantenuto in una serie di decisioni successive. Di conseguenza, il nominativo della ricorrente rimaneva altresì tra quelli figuranti negli allegati dei regolamenti attuativi adottati di volta in volta. Nel corso degli ultimi dieci anni, la ricorrente ha attivato dinanzi al Tribunale diversi ricorsi per ottenere l’annullamento delle decisioni PESC controverse per la parte in cui la riguardavano senza però ottenere la definitiva cancellazione del proprio nome dagli elenchi e la cessazione degli effetti prodotti dagli atti suddetti nei suoi confronti.

Insoddisfatta, la Bank Refah Kargaran decideva da ultimo di proporre un ricorso diretto dinanzi al Tribunale per ottenere la condanna dell’Unione al risarcimento dei danni materiali e morali derivanti dall’adozione e dal mantenimento delle misure restrittive nei suoi confronti. Il Tribunale si soffermava innanzitutto sulla propria competenza, osservando criticamente che la ricorrente aveva mancato di distinguere la responsabilità dell’Unione che deriverebbe dall’adozione delle decisioni in ambito PESC, da quella che deriverebbe dall’adozione dei regolamenti attuativi. Secondo lo stesso, infatti, il combinato disposto degli artt. 24, par. 1, secondo comma, sesta frase, TUE e 275, primo comma, TFUE, esclude in termini generali la competenza del giudice dell’Unione in ambito PESC, il quale, sulla scorta degli artt. 40 TUE e 275, par. 2, TFUE, può soltanto valutare la legittimità delle misure restrittive attraverso ricorsi di annullamento proposti da singoli, nel rispetto delle condizioni di cui all’art. 263, par. 4, TFUE. Di conseguenza, il Tribunale escludeva di possedere la competenza necessaria per ricevere un ricorso per responsabilità extracontrattuale volto alla riparazione del danno che la ricorrente riteneva di aver subito a causa dell’adozione degli atti PESC. Di contro, il Tribunale confermava la propria competenza a conoscere della domanda di risarcimento avanzata da una persona fisica o giuridica soggetta a misure restrittive adottate nei suoi confronti attraverso l’art. 215 TFUE[2]. Ciò posto, respingeva il ricorso non ritenendo provata la illiceità del comportamento contestato al Consiglio, condizione necessaria per valutare la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione.

La Bank Refah Kargaran ha impugnato la sentenza del Tribunale dinanzi alla Corte di Giustizia chiedendone l’annullamento e avanzando dinanzi a essa la richiesta di risarcimento per i danni causati dall’applicazione delle misure restrittive. In via preliminare, è importante osservare che la ricorrente non aveva contestato le conclusioni del Tribunale in relazione alla sua competenza. Tuttavia, ritendendo che la questione della propria competenza a conoscere di una controversia sia di ordine pubblico, la Corte di giustizia ha ritenuto di poter sollevare la questione ex officio[3], creando così le condizioni per potersi pronunciare circa l’estensione del proprio sindacato giurisdizionale su un ricorso per risarcimento volto alla riparazione di un danno asseritamente patito dalla ricorrente per via di una decisione PESC.

Sulla scorta di questa premessa, la Corte di giustizia ha avuto l’occasione di riprendere il ragionamento giuridico sul proprio sindacato giurisdizionale in ambito PESC avviato con le sentenze Parlamento c. Consiglio[4] e H[5]. In queste ultime, la Corte di giustizia ha rimarcato che l’art. 19 TUE le conferisce la competenza generale di assicurare il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei Trattati; mentre gli artt. 24, par.1, secondo comma, TUE e 275, par. 1, TFUE, introducono una deroga che deve essere interpretata necessariamente in modo restrittivo.

Sulla base di questo assunto, con la sentenza Rosneft[6], la Corte di giustizia aveva già ammesso la possibilità di estendere il rinvio pregiudiziale di validità per contestare la legittimità delle decisioni istitutive di sanzioni individuali, sebbene l’art. 275 TFUE limiti espressamente la sua competenza a pronunciarsi sulla legittimità di tali atti attraverso ricorsi per annullamento ex art. 263, par. 4, TFUE.

Il ragionamento giuridico che ha condotto la Corte di giustizia a prevedere l’attivazione dello strumento del rinvio pregiudiziale per controllare la validità delle decisioni PESC in materia di misure restrittive individuali si ispira alla necessità di rispettare il principio della tutela giurisdizionale effettiva.

Nel medesimo senso, con la sentenza in commento, la Corte di giustizia ha ribadito che l’Unione è fondata sul valore dello Stato di diritto e che, di conseguenza, nel rispetto dell’art. 47 della Carta, ogni persona deve poter disporre di un ricorso giurisdizionale effettivo dinanzi a un giudice[7]. La piena integrazione della PESC nell’ordinamento giuridico dell’Unione comporta che il rispetto dello Stato di diritto debba essere assicurato anche in tale settore.

Così, sebbene il ricorso per risarcimento danni costituisce un mezzo di ricorso autonomo, dotato di una particolare funzione, questo deve essere valutato nel contesto del sistema complessivo di tutela giurisdizionale dei diritti fondamentali definito dai Trattati, come innovato dal Trattato di Lisbona. Pertanto, al fine di garantire una tutela giurisdizionale effettiva e piena ai soggetti sottoposti a misure restrittive, la Corte di giustizia ha concluso affermando che il Tribunale è incorso in un errore di diritto ritenendosi incompetente a ricevere il ricorso per risarcimento danni derivante da una decisione PESC. Al contrario, la Corte di giustizia ha chiarito che tale ricorso deve poter essere attivato dai soggetti interessati anche per ottenere la riparazione dei danni causati da misure restrittive previste direttamente nella decisione PESC, adottata in base all’art. 29 TUE. In linea con le Conclusioni dell’Avvocato generale, la Corte di giustizia ha così esteso la propria competenza sia sui ricorsi per responsabilità extracontrattuali volti a ottenere la riparazione di un danno derivante da un regolamento adottato in base all’art. 215 TFUE sia sui ricorsi volti a ottenere il risarcimento dei danni derivanti dalle decisioni PESC adatte sulla base dell’art. 29 TUE.

Ciò posto, la Corte di giustizia ha però ritenuto che l’errore di diritto in cui è incorso il Tribunale non sia stato di gravità tale da dover condurre all’annullamento della decisione assunta dallo stesso, in virtù del fatto che la valutazione svolta dal Tribunale rispetto alla mancanza degli elementi necessari per integrare l’esistenza di una responsabilità in capo all’Unione doveva considerarsi corretta.

La decisione in commento si inserisce in un filone giurisprudenziale con cui, a partire dalle richiamate sentenze Parlamento c. Consiglio e H, la Corte di giustizia ha progressivamente esteso la propria competenza in ambito PESC. Così, in H, la Corte di giustizia si è pronunciata su una decisione PESC riguardante il ricollocamento di un funzionario distaccato di uno Stato membro presso la missione EUPM Bosnia Erzegovina. In quella occasione, la Corte di giustizia ha precisato che le decisioni relative all’allocazione delle risorse umane adottate dal capo missione per il compimento delle attività condotte a livello di teatro delle operazioni, pur presentando aspetti operativi ricadenti nell’ambito della PESC, sono, per loro stessa natura, atti di gestione del personale e devono essere esclusi dalla deroga alla competenza generale della Corte di giustizia[8]. Ugualmente, nella sentenza Elitaliana[9] la Corte di giustizia ha esteso il proprio sindacato giurisdizionale sugli atti di tipo amministrativo, in particolare, sulla legittimità di una decisione di aggiudicazione di un appalto per il supporto elicotteristico alla missione Eulex Kosovo, adottata dal capo della missione nell’esercizio delle sue funzioni. In tale occasione, la Corte di giustizia non ha considerato il fatto che il soggetto in questione fosse stato nominato nell’ambito di una missione civile istituita attraverso un’azione comune PESC ex art. 24 TUE, dando invece rilievo alla circostanza per cui la decisione controversa avrebbe gravato sul bilancio dell’Unione. Di conseguenza, l’atto impugnato doveva considerarsi un atto riguardante l’interpretazione e l’applicazione del regolamento finanziario dell’Unione in materia di aggiudicazione di appalti su cui la Corte di giustizia ha piena competenza.

La sentenza in commento, letta congiuntamente alla sequenza di decisioni qui richiamate, mostra come la Corte di giustizia stia ormai consolidando un criterio interpretativo per la definizione della propria competenza in ambito PESC che privilegia la sostanza dell’atto, alla natura giuridica dello stesso. Così facendo, nel rispetto dei Trattati, la Corte di giustizia riesce a garantire sia il rispetto del limite a vagliare atti PESC aventi contenuto politico sia il controllo degli atti formalmente PESC idonei a incidere sui singoli, proteggendo così il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva anche in questo delicato settore.

Un’ultima riflessione suscitata dalla sentenza in esame attiene alle implicazioni che la stessa potrebbe avere nel settore della PSDC. In questo settore, infatti, le operazioni e le missioni basate su decisioni adottate sulla base dell’art. 29 TUE comportano spesso il reale rischio che i singoli patiscano perdite anche materiali. La facoltà di intentare ricorsi per risarcimento danni nei confronti dell’Unione in ambito PESC riconosciuta ai singoli e la contestuale competenza giurisdizionale della Corte di giustizia a conoscere tali domande potrebbe costituire, quantomeno in teoria, una novità di non poco rilievo in un settore in cui la tutela giurisdizionale è generalmente limitata anche in seno agli Stati membri.

 

[1] Tribunale dell’Unione, Causa T-552/15, Bank Refah Kargaran c. Consiglio dell’Unione europea 10 dicembre 2018, ECLI:EU:T:2018:897.

[2] In questi termini, CGUE, Causa C-45/15, Safa Nicu, 30 maggio 2017, ECLI:EU:C:2018:402.

[3] Così anche l’Avvocato generale Hogan nelle sue conclusioni presentate il 23 maggio 2020, ECLI:EU:C:2020:936. Nel medesimo senso anche CGUE, Causa C-439/13 P, Elitaliana/Eulex Kosovo, 12 novembre 2015, ECLI:EU:C:2015:753.

[4] CGUE, Causa C-658/11, Parlamento c. Consiglio, 24 giugno 2014, ECLI:EU:C:2014:2025.

[5] CGUE, Causa C-455/14 P, H, 19 luglio 2016, ECLI:EU:C:2016:569. 

[6] CGUE (GS), Causa C-72/15, PJSC Rosneft Oil Company, 28 marzo 2017, ECLI:EU:C:2017:236.

[7] CGUE (GS), Causa C-134/19 P, Bank Refah Kargaran c. Consiglio dell’Unione europea, 6 ottobre 2020, ECLI:EU:C:2020:793, punti 35 e 36.

[8] Ibidem.

[9] CGUE, Elitaliana/Eulex Kosovo, cit.

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