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Spoglio delle pronunce relativa al primo quadrimestre 2010 (2/2010)

 Tabella pareri CdS gen-apr 2010

A corredo dello spoglio delle pronunce del primo quadrimestre del 2010 si segnalano gli aspetti di maggior interesse circa l'attività consultiva del Consiglio di Stato sugli atti normativi.

Preliminarmente occorre osservare che tre importanti pareri, sull'attuazione della c.d. direttiva ricorsi, sul codice dell'ordinamento militare e sul riordino della normativa sull’attività agricola, non sono stati adottati dalla sezione consultiva per gli atti normativi bensì da apposite commissioni speciali, nominate con decreti del presidente del Consiglio di Stato.

 

Le commissioni speciali del Consiglio di Stato.

La previsione della possibilità di istituire commissioni speciali è contenuta nel T.U. delle leggi sul Consiglio di Stato (art. 22, primo comma, r.d. n. 1054/1924), per cui “È in facoltà del Presidente, quando il Consiglio sia chiamato a dar parere sopra affari di natura mista o indeterminata, di formare Commissioni speciali, scegliendone i consiglieri nelle sezioni”.

Caratteristica della commissione speciale è dunque di essere appositamente costituita per la trattazione del singolo affare e soprattutto di essere formata non solo da consiglieri delle sezioni consultive, ma anche di quelle giurisdizionali: in particolare il parere sullo schema di d.lgs. di attuazione della direttiva ricorsi vede proprio come relatori consiglieri provenienti dalla VI sezione.

In passato (anni 2000-2005) era stata particolarmente attiva una commissione speciale per il pubblico impiego, mentre da ultimo una commissione speciale era stata istituita nel dicembre 2007 per esaminare un quesito proposto dal Senato circa la sorte del contratto di appalto di servizi pubblici stipulato con a.t.i. a seguito di fallimento della capogruppo (parere 4575/2007 del 22/01/2008).

Va detto che ancora di recente l'esame di schemi di decreti legislativi di rilievo come quelli suindicati è stato affidato, proprio per la rilevanza e la trasversalità delle questioni, all'Adunanza Generale (si veda ad es. il parere 1750/2007 del 06/06/2007 sul decreto correttivo del codice dei contratti pubblici), peraltro ciò è avvenuto in diretta applicazione delle disposizioni istitutive della sezione consultiva per gli atti normativi: infatti è il secondo periodo dello stesso comma 28 dell'art. 17 della legge n. 127/1997 a disporre che “Il parere del Consiglio di Stato è sempre reso in adunanza generale per gli schemi di atti legislativi e di regolamenti devoluti dalla sezione o dal presidente del Consiglio di Stato a causa della loro particolare importanza”.

La c.d. Bassanini-bis dunque affida l'emissione del parere sugli “schemi di atti normativi per i quali il parere del Consiglio di Stato è prescritto per legge o è comunque richiesto dall'amministrazione”, all'apposita Sezione consultiva di nuova istituzione oppure all'Adunanza Generale (a giudizio della Sezione stessa o del presidente del Consiglio di Stato), mentre non fa parola della possibilità di affidare l'esame degli schemi ed il conseguente parere a commissioni speciali istituite ex art. 22 del T.U. Consiglio di Stato.

Impregiudicata la questione se sia dunque possibile sottrarre alla Sezione atti normativi l'esame di schemi in favore di altro organo che non sia l'Adunanza Generale, si potrebbe sostenere che l'esame dei decreti legislativi in parola non sia stato ritenuto di “particolare importanza” (il che avrebbe comportato l'attribuzione all'Adunanza Generale): ma basta prendere in considerazione, ad esempio, il decreto del Presidente del Consiglio di Stato n. 6 del 14 gennaio 2010, che deferisce l’esame del riordino della normativa sull'attività agricola ad un’apposita commissione speciale in ragione della sua “particolare novità ed eccezionale complessità”, per osservare che tale qualificazione avrebbe potuto determinare l'attribuzione dell'esame proprio all'Adunanza Generale.

Il recentissimo riemergere dell'utilizzo delle commissioni speciali in sede di esame di atti normativi, lungi dall'apparire come una deminutio del ruolo della Sezione consultiva per gli atti normativi, sembrerebbe piuttosto confermare la rilevanza e la specificità acquisita da tale “giovane” Sezione: le commissioni speciali istituite all'inizio del 2010 dal presidente del Consiglio di Stato di fatto rappresentano un'integrazione della Sezione consultiva per gli atti normativi con elementi provenienti da altre sezioni, e coerentemente a presiedere tutte e tre le commissioni speciali costituite è stato chiamato il dott. Giancarlo Coraggio, presidente della Sezione consultiva per gli atti normativi.

Di converso, la prassi precedente di affidare all'Adunanza Generale il parere su schemi di decreti legislativi rilevanti determinava, per così dire, una perdita della specificità della Sezione per gli atti normativi, che in sede di Adunanza Generale rimane di fatto indistinta rispetto alle altre sezioni consultive.

Nel merito delle pronunce evidenziate, è opportuno soffermarsi sul parere del 10 febbraio 2010 della commissione speciale Difesa, reso sugli affari riuniti 149/2010 e 152/2010 (riguardanti uno lo schema di decreto legislativo recante il codice dell'ordinamento militare e l'altro il testo unico delle relative disposizioni regolamentari) ed avente ad oggetto l'attuazione del meccanismo del “taglia-leggi” (di cui all'art. 14, commi 14, 14-quater e 15, della l. 28 novembre 2005 n. 246) alla normativa del settore militare.

Tralasciando le osservazioni sugli aspetti tecnici della normativa riordinata, il cui esame per la vastità del materiale è stato affidato a tre sottocommissioni, si evidenziano invece le considerazioni generali svolte dal Consiglio di Stato circa la portata codificatoria dell'intervento normativo in oggetto.

La commissione speciale nota come la codificazione sia avvenuta in dichiarata attuazione dei parametri del coordinamento formale e sostanziale e del riassetto normativo, come elaborati dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e del Consiglio di Stato. Se per coordinamento formale la commissione intende “l’accorpamento coerente delle disposizioni vigenti in un unico testo, nel significato risultante dal c.d. diritto vivente, ossia cristallizzando l’interpretazione della giurisprudenza consolidata delle giurisdizioni superiori (Cons. Stato, ad. gen., 29 marzo 2001, n. 4/01)”, il coordinamento sostanziale esprimerebbe invece un potere innovativo dell’ordinamento, consentendo di “adeguare la disciplina normativa al nuovo quadro complessivo derivato dal sovrapporsi, nel tempo, di norme dettate in vista di situazioni e di assetti diversi, anche eliminando dai testi legislativi norme la cui ratio originaria non trova più rispondenza nell’ordinamento, e che quindi non appaiono più razionalmente riconducibili, quanto meno nella loro portata originaria, all’assetto in vigore; l’obbiettivo della coerenza logica e sistematica implica la potestà di innovare l’ordinamento che si realizza anche mediante il coordinamento sostanziale (Corte cost., n. 53 del 2005; Corte cost., n. 220 del 2003)”.

Osserva la commissione quindi che “il riassetto normativo si traduce nella 'semplificazione e riordino della normativa' (Cons. Stato, ad. gen., 25 ottobre 2004 n. 2/04) e parimenti implica esercizio di poteri innovativi dell’ordinamento attribuendo 'il potere di comporre in un testo normativo unitario le molteplici disposizioni vigenti nella materia, modificandole nella misura strettamente necessaria, adeguandole alla disciplina internazionale e comunitaria, organizzandole in un quadro nuovo' (Corte cost., n. 170 del 2007; Cons. Stato, sez. normativa, 21 maggio 2007, n. 2024/07)”.

Le conclusioni a cui giunge la commissione speciale, favorevole da questo punto di vista generale all'impianto dato dall'esecutivo, è che “attraverso il riassetto è possibile legificare norme di origine regolamentare, delegificare ovvero deregolamentare una determinata materia affidando l’individuazione delle prescrizioni di dettaglio a fonti non normative (Cons. Stato, sez. normativa, 20 dicembre 2004, n. 11602/04; ad. gen., 25 ottobre 2004, n. 2/04)”; in ogni caso, il richiamo senza distinzioni di sorta a tutti i  principi e criteri direttivi contemplati nell’art. 20, l. n. 59 del 1997 (e dunque anche a quelli di cui al comma 2 che, a sua volta, rinvia ai regolamenti previsti dal primo e dal secondo comma dell’art. 17, l. n. 400 del 1988 e quindi anche a quelli frutto di delegificazione), da parte del comma 15 dell’art. 14, l. n. 246 confermerebbe la validità della scelta effettuata dal Governo.

Le conclusioni a cui giunge il Consiglio di Stato non sono però pacificamente condivise: negli stessi giorni in cui la commissione speciale formulava il suo parere, i servizi studi della Camera e del Senato manifestavano piuttosto delle perplessità sui medesimi punti (v. Commissione per la semplificazione, nota breve n. 7 dell'11 gennaio 2010, nonché scheda di lettura nn. C-158 e S-188 del 22 gennaio 2010, entrambe a cura dei servizi studi delle due Camere), evidenziando in modo problematico che il Codice dell'ordinamento militare ricomprendeva numerosissime disposizioni precedentemente contenute in atti di natura regolamentare, operando così una cospicua rilegificazione (in alcuni casi addirittura si rilegificano norme regolamentari abrogate).

I servizi studi di Camera e Senato dunque sembrano mostrare come dietro l'immagine del “riassetto innovativo” vi possa essere in realtà una carenza istruttoria riguardo la normativa da riordinare: in particolare il Codice richiama spesso disposizioni di regi decreti senza valutare che tale fonte nel periodo statutario assumeva un carattere ibrido, in quanto alla categoria erano ricondotti sia testi adottati sulla base di apposite deleghe legislative, e quindi aventi rango primario, sia testi emanati in assenza di tali deleghe e quindi aventi rango secondario; inoltre alcune norme del codice riproducono disposizioni recentemente abrogate (ad esempio ad opera del d.P.R. n. 145/2009 sul riordino del ministero della difesa ed a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 179/2009, c.d. “salva-leggi”); infine vi sono casi di vera a propria difformità testuale tra le disposizioni del Codice e le disposizioni vigenti che si è inteso inserire nel codice stesso.

 

I regolamenti di riordino degli enti.

Circa gli altri pareri del quadrimestre non si può che notare l'alto numero di regolamenti di delegificazione, adottati ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge n. 400/1988: si tratta del cospicuo gruppo dei regolamenti di riordino emanati a seguito dell'introduzione del c.d. “taglia-enti” di cui all'art. 26 del d.l. n. 112/2008, convertito dalla legge n. 133/2008.

Il primo comma di tale articolo dispone infatti che: “Gli enti pubblici non economici con una dotazione organica inferiore alle 50 unità, con esclusione degli ordini professionali e le loro federazioni, delle federazioni sportive e degli enti non inclusi nell'elenco ISTAT pubblicato in attuazione del comma 5 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, degli enti la cui funzione consiste nella conservazione e nella trasmissione della memoria della Resistenza e delle deportazioni, anche con riferimento alle leggi 20 luglio 2000, n. 211, istitutiva della Giornata della memoria e 30 marzo 2004, n. 92, istitutiva del Giorno del ricordo, nonché delle Autorità portuali, degli enti parco e degli enti di ricerca, sono soppressi al novantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ad eccezione di quelli confermati con decreto dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa, da emanarsi entro il predetto termine. Sono, altresì, soppressi tutti gli enti pubblici non economici, per i quali, alla scadenza del 31 marzo 2009, non siano stati emanati i regolamenti di riordino ai sensi del comma 634 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Nei successivi novanta giorni i Ministri vigilanti comunicano ai Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa gli enti che risultano soppressi ai sensi del presente comma”.

A sua volta il comma 634 dell'art. 2 della legge n. 244/2007 (finanziaria per il 2008), come da ultimo modificato dal d.l. n. 78/2009, convertito dalla legge n. 102/2009, dispone che: “Al fine di conseguire gli obiettivi di stabilità e crescita, di ridurre il complesso della spesa di funzionamento delle amministrazioni pubbliche, di incrementare l'efficienza e di migliorare la qualità dei servizi, con uno o più regolamenti, da emanare entro il 31 ottobre 2009, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro o dei Ministri interessati, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, il Ministro per la semplificazione normativa, il Ministro per l'attuazione del programma di Governo e il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite le organizzazioni sindacali in relazione alla destinazione del personale, sono riordinati, trasformati o soppressi e messi in liquidazione, enti ed organismi pubblici statali, nonché strutture pubbliche statali o partecipate dallo Stato, anche in forma associativa, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: a) fusione di enti, organismi e strutture pubbliche comunque denominate che svolgono attività analoghe o complementari, con conseguente riduzione della spesa complessiva e corrispondente riduzione del contributo statale di funzionamento; b) trasformazione degli enti ed organismi pubblici che non svolgono funzioni e servizi di rilevante interesse pubblico in soggetti di diritto privato, ovvero soppressione e messa in liquidazione degli stessi secondo le modalità previste dalla legge 4 dicembre 1956, n. 1404, e successive modificazioni, fermo restando quanto previsto dalla lettera e) del presente comma, nonché dall'articolo 9, comma l-bis, lettera c), del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112; c) fusione, trasformazione o soppressione degli enti che svolgono attività in materie devolute alla competenza legislativa regionale ovvero attività relative a funzioni amministrative conferite alle regioni o agli enti locali; d) razionalizzazione degli organi di indirizzo amministrativo, di gestione e consultivi e riduzione del numero dei componenti degli organi collegiali almeno del 30 per cento, con salvezza della funzionalità dei predetti organi; e) previsione che, per gli enti soppressi e messi in liquidazione, lo Stato risponde delle passività nei limiti dell'attivo della singola liquidazione in conformità alle norme sulla liquidazione coatta amministrativa; f) abrogazione delle disposizioni legislative che prescrivono il finanziamento, diretto o indiretto, a carico del bilancio dello Stato o di altre amministrazioni pubbliche, degli enti ed organismi pubblici soppressi e posti in liquidazione o trasformati in soggetti di diritto privato ai sensi della lettera b); g) trasferimento, all'amministrazione che riveste preminente competenza nella materia, delle funzioni di enti, organismi e strutture soppressi; h) la riduzione del numero degli uffici dirigenziali esistenti presso gli enti con corrispondente riduzione degli organici del personale dirigenziale e non dirigenziale ed il contenimento delle spese relative alla logistica ed al funzionamento; i) la riduzione da parte delle amministrazioni vigilanti del numero dei propri uffici dirigenziali con corrispondente riduzione delle dotazioni organiche del personale dirigenziale e non dirigenziale nonché il contenimento della spesa per la logistica ed il funzionamento”.

Sin dalla fine del 2009, iniziando con il parere n. n. 3701/2009 del 21 ottobre, la Sezione consultiva nell'esaminare vari schemi di regolamento di riordino adottati sulla scorta delle normativa primaria suindicata, aveva chiesto chiarimenti all'amministrazione proponente circa portata del riordino effettuato: in particolare la Sezione evidenziava come il contenuto del riordino si dovesse desumere “dal complesso dei principi e criteri direttivi fissati dal legislatore per l’esercizio della potestà regolamentare delegata”. Pertanto il riordino non consiste solo nella “razionalizzazione degli organi di indirizzo amministrativo, di gestione e consultivi e riduzione del numero dei componenti degli organi collegiali almeno del 30 per cento” (lettera d del comma 634 cit.), ma anche nella fusione di enti ed organismi, che svolgono attività analoghe e complementari, e nella riduzione del numero degli uffici dirigenziali con corrispondente riduzione degli organici del personale dirigenziale e non dirigenziale ed il contenimento della spesa relativa alla logistica ed al funzionamento (lettere a, h ed i del comma 634 cit.).

Alla luce di queste considerazioni la Sezione avanzava perplessità sul rispetto, da parte della bozza di regolamento, del “corretto criterio della omogeneità della materia regolata, criterio che costituisce uno dei parametri alla luce del quale va valutata la qualità della regolazione”, richiamando il concetto che il riordino degli enti pubblici non economici vigilati da ciascuna amministrazione debba essere visto come un fatto unitario.

Le medesime argomentazioni erano riproposte nel parere n. 4742/2009 del 24 dicembre 2009, nel quale inoltre la Sezione l'esplicitava che la mancata attuazione di tutti i principi e criteri direttivi di delegificazione contenuti nella norma primaria determina un vero e proprio contrasto, “per difetto” con questa (in modo non dissimile dal caso dell'eccesso di delega).

 

Venendo ai pareri pubblicati nel 2010 sulla questione del riordino degli enti, osserviamo che si forma un preciso orientamento giurisprudenziale della Sezione per gli atti normativi nel senso già indicato dalle pronunce della fine del 2009: col parere sul riordino del CAI (Club Alpino Italiano), n. 4635/2009 pubblicato il 5 gennaio 2010, si ribadisce come il riordino debba essere visto come un fatto unitario, “con la conseguenza che il riordino deve inquadrarsi nelle politiche generali da seguire per il contenimento della spesa pubblica, in quanto diretto ad attuare il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, che fissa per ciascuna Amministrazione vigilante gli obiettivi di risparmio di spesa”.

 

Il parere n. 71/2010 del 28 gennaio 2010, richiamando espressamente i precedenti pareri nn. 3701/2009 e 4742/2009, nuovamente esplicita che il comma 634 dell’art. 2, legge n. 244 del 2007, da cui si deve dedurre “la natura e l’entità del riordino degli enti pubblici non economici voluto dal legislatore”, “elenca i principi e criteri direttivi per il riordino, la trasformazione o la soppressione e messa in liquidazione con regolamenti di enti ed organismi pubblici statali. Tali principi e criteri direttivi, che fra l’altro indicano la materia che la nuova normativa regolamentare deve disciplinare, devono essere integralmente osservati dai regolamenti di riordino, sicché i nuovi regolamenti non possono omettere di disciplinare materie che sono investite da quei principi e criteri. E’ lo stesso concetto di riordino che implica un’interpretazione di questo tipo, visto che esso coinvolge il complesso delle disposizioni che riguardano l’organizzazione dell’ente”.

 

Tutti i pareri successivi in materia di riordino, nn. 69/2010 del 1° febbraio, 10/2010 del 10 febbraio, 72/2010 del 15 febbraio, 317/2010 del 19 febbraio, 677/2010 del 9 aprile, si richiamano fedelmente all'orientamento che abbiamo visto essersi delineato.

 

Con il parere definitivo n. 4742/2009 del 19 febbraio 2010, la Sezione replica ai chiarimenti forniti dall'amministrazione proponente a seguito del parere interlocutorio del 24 dicembre, secondo cui la lettera della norma non sembrerebbe giustificare una interpretazione diretta ad applicare in via cumulativa i criteri di cui al predetto comma 634 in quanto essi, prevederebbero spesso interventi tra loro incompatibili così che l’applicazione di uno di essi escluderebbe talora l’attuazione degli altri: la Sezione ritiene al contrario che i principi e criteri direttivi fissati dal legislatore, ai quali ci si deve attenere nella predisposizione dei regolamenti di riordino, per loro natura non possano che concorrere a dar vita alle disposizioni regolamentari da adottare e non possano, quindi, essere considerati tra loro come alternativi, l’uno escludente l’altro: “un simile effetto in tanto potrebbe essere considerato in quanto la stessa norma indicasse gli stessi in forma disgiuntiva. E’ bensì vero che in talune particolari circostanze alcuni dei criteri indicati dal legislatore possono anche, per specifiche ragioni, che peraltro vanno indicate, non trovare contemporaneamente attuazione. Ciò, tuttavia, ad avviso di questa Sezione, già più volte ribadito, in occasione di analoghi regolamenti di riordino, non può condurre a ritenere che i principi e criteri direttivi siano da ritenere tra di loro alternativi. Spetterà all’Amministrazione, quando se ne presenterà l’occasione, motivare le ragioni per le quali, in una determinata circostanza un principio e criterio direttivo non potrà essere compiutamente seguito per obiettive impossibilità”.

 

La non alternatività dei principi e dei criteri è ribadita con parere n. 681/2010 del 4 marzo 2010.

 

Infine il parere definitivo sul riordino del CAI, n. 4635/2009 del 1° aprile 2010, tiene conto di una recente modifica legislativa riguardante il meccanismo c.d. taglia-enti: la legge di conversione del d.l. n. 194 del 2009 (l. 26 febbraio 2010, n. 25) reca un articolo 10-bis che ha unificato gli effetti soppressivi, di cui al primo ed al secondo periodo del primo comma dell’art. 26 del d.l. n. 112 del 2008, nel senso che gli enti sottratti alla soppressione dal primo periodo sono stati sottratti anche alla sanzione della soppressione prevista dal secondo periodo (la Sezione fa notare che tale disposizione, che si autoqualifica come interpretativa, in realtà può ritenersi innovativa, anche perché sul rapporto tra il primo e secondo periodo del 1° comma dell’art. 26 ddl n. 112 del 2008 non si era sinora determinato un contrasto giurisprudenziale tale da provocare la necessità di quella che generalmente viene designata come “interpretazione autentica”).

In precedenza la ratio del primo periodo del comma 1 del suddetto art. 26 era costituita dalla individuazione degli enti soppressi, mentre la ratio del secondo periodo era data dalla sottoposizione all’obbligo di riordino, che incombeva sugli enti destinati a sopravvivere ed il cui inadempimento entro il termine stabilito avrebbe comportato la sanzione della soppressione dell’ente stesso.

Sempre l'art. 10-bis citato introduce nell’art. 26 d.l. n. 112 del 2008 una disposizione specifica, riguardante gli enti esentati dalla soppressione prevista dal primo periodo di quest’ultimo articolo: tale disposizione conferisce la facoltà, circa gli enti confermati, di adottare un regolamento di riordino ai sensi del comma 634 dell’art. 2 l. 24 dicembre 2007, n. 244, dunque in seguito all’introduzione della nuova normativa, l’adozione del regolamento previsto dal citato articolo 26 da parte dell’esecutivo è divenuta facoltativa. Ma di nuovo la Sezione avverte, confermando l'orientamento suesposto, che “se, però, l’Amministrazione ritiene, nella propria discrezionalità, di dover usare il potere regolamentare in delegificazione, dovrà far leva sul comma 2, lett. a), del più volte citato art. 10 bis d.l. n. 154 del 2009, che indica come presupposto del potere regolamentare in questione sempre il comma 634 dell’art. 2 l. n. 244 del 2007. E’ in tale legge, pertanto, che – come ripetutamente sottolineato dalla Sezione – vanno individuati i fini che l’esercizio dell’ampio potere regolamentare di riordino deve proporsi ed i limiti fissati al potere regolamentare stesso, anche perché, trattandosi di regolamenti in delegificazione, il mancato riferimento ai suddetti presupposti ed ai suddetti limiti comporterebbe una sorta di delega in bianco e senza termine alla modifica con regolamento delle leggi relative a tutti gli enti pubblici non economici”.

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