Fonti internazionali

A cura di Annalisa Ciampi, con la collaborazione di Deborah Russo, Giulia Bazzoni, Federico Gianassi e Agnese Vitale


 

Lo scorso 21 dicembre 2023, con decreto n. 434/2023, il Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin ha approvato il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (d’ora in avanti, “PNACC” o, in alternativa, “il Piano”)[1]. Sulla scorta di quanto già avvenuto in altri Stati membri dell’UE[2], anche l’Italia ha così provveduto a dotarsi di un programma di politiche di adattamento alla crisi climatica, destinate ad applicarsi sia nel lungo che nel breve periodo. L’adozione di tale provvedimento, a lungo caldeggiata[3], non poteva in effetti attendere oltre, sia alla luce del preoccupante innalzamento delle temperature raggiunto in Italia nel 2023[4], sia a fronte degli obblighi assunti a livello sovranazionale. L’Italia ha infatti da tempo aderito all’impegno di ridurre le emissioni inquinanti, nei termini delineati sia dalla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (anche nota con l’acronimo “UNFCCC”) del 1992[5] che dal Protocollo di Kyoto[6].

1. Premesse

Con la sentenza n. 613 pubblicata in data 8 gennaio 2024, la Corte Suprema di Cassazione Sezione Unite Civili si è pronunciata sul tema, di particolare rilevanza nomofilattica, attinente alla portata applicativa della disciplina recata dalla Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, ovvero del Regolamento UE n. 1215 del 2015 (Reg. Bruxelles I bis) in materia di azione di garanzia. In specie, le Sezioni Unite hanno risolto la questione inerente all’applicabilità (o meno) del criterio speciale di giurisdizione di cui all’art. 6, n. 2 della Convenzione di Bruxelles del 1968 ed all’art. 8, n. 2 del Regolamento n. 2012/1215/UE nel caso di azione di garanzia proposta non in via di chiamata in causa ma con domanda autonoma proposta in un separato giudizio.

1. Premesse

La Cassazione, con la sentenza n 3924 depositata il 13 febbraio, si pronunciava nuovamente sull’interpretazione e applicazione della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980, in riferimento agli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori. La vicenda riguardava, in particolare, il rapporto esistente tra la decisione del Tribunale italiano per i minorenni di immediato rimpatrio nella residenza abituale e le determinazioni di merito in punto di responsabilità genitoriale del Tribunale danese[1]

Con tre recenti sentenze emesse contro lo Stato italiano, la Corte europea dei diritti dell’uomo è tornata a parlare del diritto di visita del padre non garantito dalle giurisdizioni interne, che la Corte ha definito “un problema sistemico” del nostro paese (A. e altri c. Italia, par. 102).

In caso di separazione dei genitori, come riconosciuto dal diritto internazionale e dallo stesso Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, l’interesse che dovrebbe prevalere è il superiore interesse del minore, il quale dovrebbe essere protetto nella sua integrità fisica e psicologica anche attraverso il mantenimento, laddove possibile, di un legame paritetico con entrambi i genitori. Con la riforma del 2006 del Codice civile italiano è stata introdotta in Italia la disciplina relativa all’affidamento condiviso che prevede il diritto del figlio, anche in caso di separazione personale dei genitori, di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti ed i parenti di ciascun ramo genitoriale.

Osservatorio sulle fonti

Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

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