- Alessandra Favi
- Fonti dell'Unione europea
Il requisito di dieci anni di residenza continuativa previsto dalla normativa nazionale perché cittadini di Paesi terzi lungo soggiornanti possano accedere ad una misura sociale costituisce una discriminazione indiretta (3/2024)
Titolo completo
Il requisito di dieci anni di residenza continuativa previsto dalla normativa nazionale perché cittadini di Paesi terzi lungo soggiornanti possano accedere ad una misura riguardante le prestazioni sociali, l'assistenza sociale e la protezione sociale costituisce una discriminazione indiretta
Sentenza della Corte di giustizia (Grande Sezione) del 29 luglio 2024, CU (Assistance sociale - Discrimination indirecte), cause riunite C‑112/22 e C‑223/22, ECLI:EU:C:2024:636
Nella sentenza CU (Assistance sociale - Discrimination indirecte), la Corte di giustizia, nella formazione della Grande sezione, si è pronunciata in via pregiudiziale ritenendo che il requisito di dieci anni di residenza richiesto dalla normativa italiana perché cittadini di Paesi terzi lungo soggiornanti possano accedere al beneficio del "reddito di cittadinanza" costituisca una discriminazione indiretta. In particolare, secondo la Corte, tale misura non è obiettivamente giustificata in quanto il legislatore dell’Unione ha già considerato che il periodo di soggiorno legale e ininterrotto di cinque anni testimoni il "radicamento" del richiedente nel Paese in questione, e debba quindi essere considerato sufficiente affinché quest’ultimo abbia diritto, dopo l’acquisizione dello status di soggiornante di lungo periodo, alla parità di trattamento con i cittadini di detto Stato membro, in particolare per quanto riguarda le prestazioni sociali, l’assistenza sociale e la protezione sociale, conformemente all’articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109. Pertanto, un sistema sanzionatorio nazionale, che punisce con sanzioni di natura penale qualsiasi falsa dichiarazione relativa a tale requisito di residenza, non è compatibile con il diritto dell’Unione.