Fonti dell'Unione europea

A cura di Adelina Adinolfi e Filippo Donati, con la collaborazione di Alessandra Favi, Marcella Ferri, Nicole Lazzerini e Monica Parodi


 

Titolo completo

Il requisito di dieci anni di residenza continuativa previsto dalla normativa nazionale perché cittadini di Paesi terzi lungo soggiornanti possano accedere ad una misura riguardante le prestazioni sociali, l'assistenza sociale e la protezione sociale costituisce una discriminazione indiretta

Sentenza della Corte di giustizia (Grande Sezione) del 29 luglio 2024, CU (Assistance sociale - Discrimination indirecte), cause riunite C‑112/22 e C‑223/22, ECLI:EU:C:2024:636

Nella sentenza CU (Assistance sociale - Discrimination indirecte), la Corte di giustizia, nella formazione della Grande sezione, si è pronunciata in via pregiudiziale ritenendo che il requisito di dieci anni di residenza richiesto dalla normativa italiana perché cittadini di Paesi terzi lungo soggiornanti possano accedere al beneficio del "reddito di cittadinanza" costituisca una discriminazione indiretta. In particolare, secondo la Corte, tale misura non è obiettivamente giustificata in quanto il legislatore dell’Unione ha già considerato che il periodo di soggiorno legale e ininterrotto di cinque anni testimoni il "radicamento" del richiedente nel Paese in questione, e debba quindi essere considerato sufficiente affinché quest’ultimo abbia diritto, dopo l’acquisizione dello status di soggiornante di lungo periodo, alla parità di trattamento con i cittadini di detto Stato membro, in particolare per quanto riguarda le prestazioni sociali, l’assistenza sociale e la protezione sociale, conformemente all’articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109. Pertanto, un sistema sanzionatorio nazionale, che punisce con sanzioni di natura penale qualsiasi falsa dichiarazione relativa a tale requisito di residenza, non è compatibile con il diritto dell’Unione.

Sentenza della Corte di giustizia (Grande Sezione) del 10 settembre 2024, Neves 77 Solutions, causa C‑351/22, ECLI:EU:C:2024:723

Nella sentenza Neves 77 Solutions, la Corte di giustizia, nella formazione della Grande sezione, è tornata sulla sua giurisprudenza relativa alla portata delle limitazioni imposte dai Trattati alla propria competenza nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune (PESC), pronunciandosi per la prima volta in via pregiudiziale circa l’interpretazione di una misura restrittiva a portata generale contenuta in una decisione PESC, nell’ipotesi in cui sarebbe spettato al Consiglio attuare, in un regolamento adottato ai sensi dell’art. 215 TFUE, tale misura, che funge da base per delle misure sanzionatorie nazionali imposte a una persona fisica o giuridica. In particolare, la Corte ha ritenuto che il divieto di fornire servizi di intermediazione enunciato all’art. 2, par. 2, lett. a), della decisione 2014/512 è applicabile anche quando le attrezzature militari oggetto dell’operazione di intermediazione non siano mai state importate nel territorio di uno Stato membro. La Corte ha inoltre escluso che tale disposizione, letta alla luce del diritto di proprietà sancito dall’art. 17 della Carta nonché dei principi di certezza del diritto e di legalità delle pene, osti ad una misura nazionale di confisca dell’intero ricavato di un’operazione di intermediazione, la quale intervenga, in maniera automatica, a seguito dell’accertamento, da parte delle autorità nazionali competenti, di una violazione del divieto di effettuare tale operazione e dell’obbligo di notificare quest’ultima.

Sentenza della Corte di giustizia (Grande Sezione) del 10 settembre 2024, cause riunite C-29/22 P, KS e KD c. Consiglio e a. e C-44/22 P, Commissione c. KS e a., ECLI:EU:C:2024:725

Nella sentenza KS e KD, la Corte di giustizia, riunita in Grande sezione, è tornata a pronunciarsi sui sulla portata dei limiti imposti dai Trattati alla propria competenza nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune (PESC). Pronunciandosi sull’impugnazione dell’ordinanza di rigetto per inammissibilità pronunciata dal Tribunale, la Corte di giustizia ha chiarito che la deroga alla sua giurisdizione in ambito PESC definita dagli artt. 24, par. 1, TUE e 275 TFUE deve essere interpretata alla luce del principio fondamentale del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e dello Stato di diritto. Pertanto, si è dichiarata competente a vagliare la legittimità degli atti o delle omissioni rientranti nella PESC che non si ricolleghino direttamente a scelte politiche o strategiche, e ad interpretare tali atti.

Osservatorio sulle fonti

Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

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