1. Premesse
Il 17 maggio 2024, il Tribunale di Stoccarda ha aggiunto un ulteriore capitolo alla complessa vicenda sorta davanti al Tribunale di Venezia, riguardante il diritto di utilizzo dell’immagine dell’Uomo Vitruviano da parte della società tedesca Ravensburger. La sentenza si è basata sul principio di sovranità territoriale sancito dal diritto internazionale, secondo cui ogni Stato ha il potere di regolare l’uso dei beni culturali all’interno dei propri confini, ma non può estendere tali norme ad altri Stati senza una base giuridica condivisa.
La disputa era cominciata nel 2022, quando il Tribunale di Venezia aveva stabilito che, per l’uso a scopo di lucro dell’immagine di un bene culturale italiano, fosse necessaria una concessione e il pagamento di un canone. In contrasto con tale impostazione, Ravensburger ha insistito sulla libertà di utilizzare l’immagine del celebre disegno leonardesco sui propri puzzle senza essere vincolata dai requisiti imposti dal Codice dei beni culturali italiano, sostenendo che tali norme non dovrebbero trovare applicazione ad una società tedesca.
Questa decisione del Tribunale di Stoccarda non solo riaccende il “braccio di ferro” tra le Gallerie dell’Accademia di Venezia e Ravensburger, ma evidenzia anche una questione di giurisdizione ben più ampia riguardante la tutela del patrimonio culturale italiano nel contesto europeo e internazionale.
2. Il caso Ravensburger dinanzi al Tribunale di Venezia
Nel 2022 la Ravensburger è stata convenuta in giudizio dal Ministero della Cultura (di seguito MiC) per aver impiegato l’immagine dell’Uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci, simbolo delle proporzioni ideali nel corpo umano, nei propri puzzles senza la dovuta autorizzazione delle Gallerie dell’Accademia presso cui l’opera è conservata[1].
In specie, i giudici sono stati chiamati a pronunciarsi a seguito della presentazione di un reclamo da parte del ministero della Cultura e delle gallerie dell’Accademia di Venezia contro la società tedesca che aveva riprodotto e commercializzato, dal 2014 al 2021, un puzzle denominato “Leonardo da Vinci: L’uomo Vitruviano”, in assenza della concessione da parte dell’Istituto museale, violando così le previsioni relative all’uso dell’immagine per prodotti di merchandasing. Più in particolare, le società resistenti avrebbero dovuto chiedere all’autorità custode del bene una concessione di uso e pagare un canone annuale e di royalties previsto dal Codice dei beni culturali (D.lgs. 42/2004) come corrispettivo della riproduzione del bene a scopo di lucro[2].
In sede di giudizio cautelare, il MiC ha richiesto l’inibitoria in Italia e all’estero all’uso dell’immagine dell’Uomo Vitruviano da parte della società, il ritiro dal commercio dei puzzles e la distruzione del materiale con cui è stata riprodotta l’immagine leonardesca, oltre alla pubblicazione sulle principali testate giornalistiche del giudizio.
Ravensburger, oltre a contestare la giurisdizione del giudice italiano, ha negato l’applicabilità della disciplina contenuta nel Codice dei beni culturali (e i relativi obblighi) alla propria società, dal momento che i puzzle venivano prodotti in Germania e non in Italia.
I giudici veneziani, investiti della questione, hanno inizialmente affrontato le delicate questioni di giurisdizione, competenza territoriale e applicabilità delle norme del Codice dei beni culturali a soggetti stranieri.
Riguardo alla giurisdizione, il Tribunale ha confermato la giurisdizione italiana facendo riferimento all’art. 7 del Reg. n. 1215/2012, che stabilisce che una persona domiciliata in uno Stato membro possa essere citata in giudizio in un altro Stato membro, di fronte all’autorità giurisdizionale del luogo in cui si è verificato l’evento dannoso. Nella fattispecie, vi era una separazione geografica tra il luogo del fatto generatore del danno (la produzione dei puzzle in Germania) e il luogo di concretizzazione del danno (il mancato pagamento dei canoni), consentendo di scegliere tra i due diversi fori.
In merito alla competenza territoriale, il Tribunale ha dichiarato la propria competenza ai sensi dell’art. 20 c.p.c., poiché a Venezia si trovavano sia il bene culturale oggetto della controversia sia la sede dell’ente che lo custodiva e a cui non era stato consentito controllare l’uso dell’immagine da parte di Ravensburger.
Infine, l’ordinanza ha stabilito l’efficacia della disciplina italiana (il Codice dei beni culturali) a regolare il rapporto sostanziale con il soggetto straniero convenuto. Ciò in forza dei principi del diritto internazionale privato, ben potendo il giudice italiano applicare la disciplina interna del Codice dei beni culturali quale “norma di applicazione necessaria”, ai sensi dell’artt. 17 della L. 218/1995 e 16 del Reg. 2007/864/CE (Roma II) sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali in ragione del suo scopo e del suo oggetto: invero, il Codice italiano rappresenta un unicum a livello europeo proprio in considerazione del fatto che, con la sua adozione, il Legislatore ha inteso tutelare al meglio un interesse ritenuto essenziale per lo Stato italiano, divenendo dunque il rispetto di siffatte disposizioni codicistiche assolutamente cruciale[3]. Ad ogni modo, anche le norme di conflitto (art. 4, par. 1 Reg. Roma II) confermano l’applicabilità della disciplina italiana, in quanto legge del luogo in cui il danno si è realizzato e, comunque, quello del luogo a cui la fattispecie presenta il collegamento più stretto.
Passando poi alla questione cautelare, il Tribunale ha ravvisato la presenza dei presupposti necessari per la concessione della misura inibitoria richiesta dal Mic[4].
Segnatamente, i Giudici hanno concesso il rimedio a tutela dei diritti della personalità ai sensi degli artt. 6, 7 e 10 cod. civ., giustificato tanto dall’indebito uso e riproduzione dell’immagine e nome dell’opera da parte di Ravensburger, quanto dalla sussistenza di un pregiudizio irreparabile e imminente derivante da tale condotta in capo alla parte convenuta.
Ad essere protetto in questa pronuncia è dunque la dimensione immateriale dell’opera cui inerisce un valore identitario collettivo destinato alla fruizione pubblica, che tuttavia, poiché priva di autonoma soggettività, secondo l’ordinamento, deve essere tutelata dallo Stato in quanto soggetto chiamato a proteggere il supporto materiale a cui l’immagine è intrinsecamente connessa. In altri termini, lo Stato a cui è affidata la tutela dei beni culturali, ha anche il diritto di proteggerne l’immagine, facendo valere i diritti della persona e i corrispondenti rimedi civilistici contro tutti quei soggetti terzi che, per scopi commerciali, utilizzino in modo abusivo la suddetta immagine o non versino i corrispettivi previsti dal Codice dei beni culturali per il suo sfruttamento (ex artt. 107 e 108)[5].
3. La decisione del Tribunale di Stoccarda
Dopo la condanna subita in Italia, Ravensburger ha scelto di rivolgersi alla giustizia tedesca, avviando un’azione di accertamento negativo presso il Tribunale di Stoccarda. Con questa azione, Ravensburger mirava a ottenere una pronuncia che confermasse la legittimità dell’uso dell’immagine dell’Uomo Vitruviano nei propri puzzle, senza essere vincolata dalle restrizioni e dagli obblighi imposti dal Codice dei beni culturali italiano. Tale iniziativa ha condotto a una sentenza significativa per il commercio internazionale delle riproduzioni di opere italiane tutelate, sollevando questioni di sovranità territoriale e conflitto di norme nel diritto internazionale.
Il Tribunale di Stoccarda ha infatti stabilito che la normativa italiana, che impone l’autorizzazione e il pagamento di tariffe per l’uso commerciale delle immagini di beni culturali, non può essere applicata oltre i confini nazionali. La Corte ha motivato la decisione richiamando il principio di sovranità territoriale, secondo cui la giurisdizione e le leggi di uno Stato hanno valore all’interno dei propri confini, senza potersi estendere a Stati terzi senza un accordo internazionale specifico. Inoltre, secondo il diritto tedesco, le opere di pubblico dominio, come l’Uomo Vitruviano, possono essere riprodotte liberamente e senza restrizioni, poiché il diritto d’autore tedesco non prevede obblighi di autorizzazione o compenso per le opere di dominio pubblico.
4. La risposta del Ministero Italiano
Il Ministero della Cultura ha reagito con determinazione alla sentenza del Tribunale di Stoccarda, che ha esonerato Ravensburger dall’obbligo di ottenere un’autorizzazione per l’uso commerciale dell’immagine dell’Uomo Vitruviano al di fuori dell’Italia.
In un comunicato stampa, il Ministero ha manifestato preoccupazione per le conseguenze della decisione, evidenziando come questa minacci gli sforzi volti a tutelare il patrimonio culturale italiano a livello internazionale.
Secondo il Ministero, il Codice dei beni culturali è stato concepito per garantire un uso rispettoso delle immagini delle opere appartenenti al patrimonio culturale dello Stato, destinando i proventi derivanti dall’uso commerciale alla loro conservazione. Di conseguenza, la protezione di queste opere non dovrebbe essere confinata entro i limiti territoriali italiani, poiché capolavori come quelli di Leonardo e altri grandi Maestri rappresentano un pilastro dell’identità culturale italiana e devono essere preservati da qualsiasi forma di sfruttamento commerciale non autorizzato.
Questa vicenda, ancora aperta, ha rilevanti implicazioni per il commercio internazionale e la riproduzione di opere d’arte del patrimonio italiano, oltre che per i rapporti fra ordinamenti giuridici perdipiù appartenenti all’Unione europea, aprendo un dibattito sulle modalità di tutela delle opere culturali nazionali e delle loro immagini anche oltre i confini del paese, specie in un’epoca sempre più digitalizzata.
[1] Nel 2022, Ravensburger ha deciso di produrre e commerciare un puzzle che raffigurava l’Uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci nell’ambito di una linea di prodotti denominata ‘Art Collection’ che includeva anche altre opere di rilievo internazionale come La Gioconda, Il Bacio di Gustav Klimt, La Notte Stellata di Vincent Van Gogh, La Creazione di Adamo di Michelangelo, etc.; tuttavia, la riproduzione dell’Uomo Vitruviano ha portato le Gallerie dell’Accademia di Venezia, che detengono il disegno originale di Leonardo, ad agire contro Ravensburger. Secondo i ricorrenti, l’attività di impresa della società tedesca si poneva in violazione del Regolamento per la riproduzione dei beni culturali in consegna alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, elaborato in conformità agli artt. 107-109 del Codice Urbani.
[2] Si fa riferimento, in particolare, agli artt. 107-108 del D.lgs. 42/2004 che i beni culturali di proprietà statale non possano essere riprodotti per scopi commerciali senza autorizzazione preventiva e il pagamento di specifici oneri dovuti all’ente che li ha in custodia. Ciò include anche le opere di pubblico dominio, come l’Uomo Vitruviano, la cui immagine può essere utilizzata solo previo consenso e pagamento di un canone.
[3] Sul punto, anche la Corte di Giustizia ha avuto modo di affermare che la «conservazione del patrimonio storico e artistico nazionale possono costituire esigenze imperative che giustificano una restrizione della libera prestazione dei servizi, cfr. C.GUE, 21 febbraio 1991, C-180/89.
[4] In relazione al fumus boni iuris, hanno affermato che la condotta tenuta appare costituire illecito determinante un danno risarcibile ex artt. 2043 c.c. e 2059 c.c. «laddove il danno è costituito, in primo luogo, dallo svilimento dell’immagine e della denominazione del bene culturale e, in secondo luogo, dalla perdita economica patita dall’Istituto museale» poiché utilizzati senza permesso e dunque senza alcun controllo. Rispetto, invece, all’attualità del periculum della condotta illecita, il Collegio ha ravvisato un irreparabile e imminente danno non patrimoniale «costituito dallo svilimento dell’immagine e del nome dell’opera Uomo Vitruviano, a causa del perpetrarsi dell’utilizzo incontrollato a fini commerciali della riproduzione dell’opera da parte del gruppo Ravensburger».
[5] Propone una riflessione simile A. Bartolini, Quale tutela per il diritto all’immagine dei beni culturali?, in Aedon, 2023, 138 ss.