Con la sentenza Kücükdeveci, resa il 19 gennaio 2010, la Corte di giustizia è tornata a pronunciarsi sulla esistenza (e sull’ambito applicativo) di un principio generale di non discriminazione in base all’età all’interno dell’ordinamento dell’Unione europea. Tale pronuncia presenta vari profili di interesse, relativi, in particolare, alla efficacia orizzontale dei principi generali e alla applicazione ratione temporis della Carta dei diritti fondamentali.
I fatti della causa. La signora Kücükdeveci, impiegata dal 1996 – ossia, da quando aveva l’età di 18 anni – presso la società tedesca Swedex, riceveva in data 19 dicembre 2006 una lettera di licenziamento, con effetto alla fine del mese. Il datore di lavoro aveva infatti calcolato il termine di preavviso come se la dipendente avesse avuto un’anzianità di tre anni, nonostante essa fosse alle sue dipendenze da dieci anni. Ciò in quanto l’art. 622(2) del codice civile tedesco, che individua i termini di preavviso in caso di licenziamento, stabilisce che nel calcolo della durata dell’impiego non si devono considerare i periodi di lavoro svolti prima del compimento del venticinquesimo anno di età del lavoratore. Secondo quanto spiegato dal giudice nazionale, tale previsione nasce dallo sforzo del legislatore tedesco di mediare tra l’esigenza di garantire al datore di lavoro un certo grado di flessibilità nella gestione dell’impresa e quella di tutelare adeguatamente i lavoratori: tra questi ultimi, quelli più giovani avrebbero minori difficoltà nel reinserirsi nel mercato del lavoro in caso di licenziamento. La signora Kücükdeveci contestava quindi il licenziamento davanti al Tribunale del lavoro, lamentando che la regola di cui all’art. 622(2) cod. civ. costituiva una misura di discriminazione in base all’età e chiedendone, pertanto, la disapplicazione. Respinto in primo grado, il ricorso veniva riproposto davanti al giudice dell’appello il quale, dubitando della conformità della norma in questione al diritto dell’Unione, proponeva rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia. In particolare, il giudice nazionale formulava due questioni: con la prima chiedeva se una regola come quella di cui all’art. 622(2) cod. civ. fosse contraria al divieto di discriminazione in base all’età sancito dal diritto dell’Unione, in particolare dal diritto primario o dalla direttiva 2000/78; in caso di risposta affermativa, si richiedeva alla Corte se la ratio della regola, così come individuata dal giudice nazionale, potesse costituire una valida ragione giustificatrice. Con la seconda domanda, invece, il giudice tedesco domandava se, allorché un giudice nazionale è investito di una controversia tra privati, per poter disapplicare una normativa nazionale che ritenga contraria al diritto dell’Unione, egli debba previamente adire in via pregiudiziale la Corte di giustizia, affinché quest’ultima confermi la rilevata incompatibilità. Come spiegato dalla Corte, nel caso di specie tale questione era giustificata dal fatto che nell’ordinamento tedesco il giudice del rinvio non può disapplicare una disposizione vigente della legislazione nazionale ove questa non sia stata previamente dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale federale.
La decisione. L’argomentazione della Corte può essere riassunta nei seguenti passaggi:
- esiste, all’interno del diritto dell’Unione, un principio generale di non discriminazione in base all’età. Tale principio preesiste alla direttiva 2000/78, che ad esso «dà espressione concreta» senza tuttavia sancirlo (parr. 21 e 50);
- tale principio generale di non discriminazione in base all’età opera all’interno dell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione europea. La fattispecie all’origine del rinvio pregiudiziale rientra nell’ambito di applicazione dell’Unione, in quanto la scadenza del termine per l’attuazione della direttiva 2000/78 ha avuto l’effetto di attrarre in tale ambito la normativa nazionale contestata, dal momento che quest’ultima affronta una materia (le condizioni di licenziamento) disciplinata dalla direttiva stessa;
- ove la fattispecie ricada nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, il principio si applica anche qualora si tratti di una controversia tra privati (efficacia orizzontale) (par. 51); pertanto, in virtù del principio del primato del diritto dell’Unione, di cui gode anche il principio generale di non discriminazione in base all’età (par. 54), il giudice nazionale è tenuto a disapplicare la normativa nazionale in contrasto con quest’ultimo;
- la disapplicazione non presuppone una previa pronuncia in via pregiudiziale della Corte di giustizia: il giudice nazionale deve garantire il rispetto del principio di non discriminazione in base all’età, se necessario disapplicando ogni contraria disposizione nazionale, indipendentemente dall’esercizio della facoltà di cui dispone in base all’art. 267 TFEU (che ha – con modifiche di modesto rilievo –sostituito l’art. 234 TCE) e anche laddove sia investito di una controversia tra privati (par. 56). Infatti, il carattere facoltativo del rinvio pregiudiziale è indipendente dalle modalità imposte dal diritto interno al giudice nazionale per potere disapplicare una disposizione nazionale che sia ritenuta in contrasto con la Costituzione.