Sent. CASSAZIONE CIVILE, sez. trib. 17.2.2010, n. 3731
La sezione tributaria richiama, poi, ulteriori sentenze sempre della Cassazione (Cass. n. 1915 del 2007; v. anche Cass. n. 18162 del 2009) che con riferimento al comune di Roma, hanno stabilito che: "in tema di contenzioso tributario, nel comune di Roma il potere di rappresentanza processuale attribuito ai dirigenti comunali dall'art. 34, comma 4, dello statuto comunale, …e dall'art. 3 del regolamento… (disciplina interna del contenzioso dinanzi alle commissioni tributarie), deve intendersi limitato ai giudizi davanti alle commissioni tributarie, essendo così circoscritta dalla suddetta norma regolamentare la più ampia previsione contenuta nel citato art. 34, comma 4, dello statuto. Per quanto, invece, riguarda il ricorso per cassazione, il sindaco è l'unico legittimato a rappresentare il medesimo comune di Roma ed a conferire la procura speciale al difensore, ai sensi della disposizione generale contenuta nell'art. 24, comma 1, dello statuto ed in conformità al cit. t.u., art. 50".
Art. 34, comma 4 dello statuto del comune di Roma: “I dirigenti promuovono e resistono alle liti anche in materia di tributi comunali ed hanno il potere di conciliare e transigere”.
Art. 24, comma 1 dello statuto del comune di Roma: “Il Sindaco è l'organo responsabile dell'amministrazione del Comune e rappresenta l'ente”.
Articolo 3 della “disciplina interna del contenzioso dinanzi alle commissioni tributarie”: “In base alle vigenti norme statutarie, i dirigenti hanno il potere di decisione autonoma sulla scelta di resistere, intervenire e agire nei giudizi dinanzi alle commissioni tributarie, valutando tutti gli aspetti della controversia in fatto e in diritto, e il potere di rappresentanza diretta del comune sottoscrivendo gli atti processuali”.
Sent. CASSAZIONE CIVILE, sez. trib. 31.3.2010 n.7830; sent. CASSAZIONE CIVILE, sez. trib. 31.3.2010 n.7831; sent. CASSAZIONE CIVILE, sez. trib. 31.3.2010 n.7832
In tema di contenzioso tributario (con esclusione del giudizio di Cassazione) il d.l. 31 marzo 2005, n. 44 convertito con modificazioni nella l. 31 maggio 2005, n. 88 ha attribuito la rappresentanza processuale dell’ente locale al dirigente dell’ufficio tributi ovvero in mancanza di tale figura, al titolare della posizione organizzativa comprendente detto ufficio. Il comma secondo di tale articolo dichiara espressamente che detta disposizione si applica “anche ai giudizi in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
Sarebbe, pertanto, irrilevante una eventuale disposizione comunale che limitasse al sindaco il potere di rappresentanza dell’ente ponendosi in conflitto con la citata previsione di legge.
Art. 3-bis. d.l. n. 44/2005 convertito in l. n. 88/2005:
1 All'articolo 11 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, il comma 3 e' sostituito dal seguente. “L'ente locale nei cui confronti e' proposto il ricorso può stare in giudizio anche mediante il dirigente dell'ufficio tributi, ovvero, per gli enti locali privi di figura dirigenziale, mediante il titolare della posizione organizzativa in cui e' collocato detto ufficio”.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche ai giudizi in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
Sent. CASSAZIONE CIVILE, sez. trib. 24.3.2010, n.7088
Il d.l. 31 marzo 2005, n. 44 convertito con modificazioni nella l. 31 maggio 2005, n. 88 ha attribuito la rappresentanza processuale dell’ente locale nel giudizio di merito al dirigente dell’ufficio tributi, ovvero, in mancanza di tale figura, al titolare della posizione organizzativa comprendente detto ufficio. Inoltre anche lo statuto del comune ricorrente attribuisce ai dirigenti comunali il potere di rappresentanza processuale: è pertanto infondata la censura d’inammissibilità dell’appello per carenza di legittimazione processuale del dirigente dell’ufficio ICI.
Sent. CASSAZIONE CIVILE, sez. II, 31.3.2010, n. 7873
Le norme statutarie che prevedono una delibera di giunta per promuovere o resistere alle liti sono derogate dalla disciplina speciale di cui alla l. 24 novembre 1981, n. 689, art. 23, comma quarto, la quale, prevedendo l’esclusiva legittimazione passiva dell’autorità che ha emesso il provvedimento impugnato, è incompatibile con il meccanismo dell’autorizzazione a stare in giudizio.
Art. 23, quarto comma, l. n. 689/1981: “L’opponente e l’autorità che ha emesso l’ordinanza possono stare in giudizio personalmente; l’autorità che ha emesso l’ordinanza può avvalersi anche di funzionari appositamente delegati”.
Sent. CASSAZIONE CIVILE sez. I, 26.3.2010, n. 7252; sent. CASSAZIONE CIVILE, sez. trib. 19.1.2020, n. 746; sent. CASSAZIONE CIVILE, sez. trib. 28.1.2010, n. 1854
Nel nuovo quadro delle autonomie locali, ai fini della rappresentanza in giudizio del comune, l'autorizzazione alla lite da parte della giunta comunale non costituisce più, in linea generale, atto necessario ai fini della proposizione o della resistenza all'azione, salva restando la possibilità per lo statuto comunale - competente a stabilire i modi di esercizio della rappresentanza legale dell'ente, anche in giudizio ("ex" art. 6, secondo comma, del t.u.e.l.) - di prevedere l'autorizzazione della giunta, ovvero di richiedere una preventiva determinazione del competente dirigente (ovvero, ancora, di postulare l'uno o l'altro intervento in relazione alla natura o all'oggetto della controversia). Ove l'autonomia statutaria si sia così indirizzata, l'autorizzazione giuntale o la determinazione dirigenziale devono essere considerati atti necessari, per espressa scelta statutaria, ai fini della legittimazione processuale dell'organo titolare della rappresentanza (Cass. SU 2005/12868).
Nella specie, dall'art. 26, lett. h) dello statuto del comune di Milazzo, risulta che il sindaco era legittimato a promuovere le liti o a resistervi soltanto previa autorizzazione della giunta municipale; dunque, il provvedimento permissivo era necessario per la proposizione dell'appello principale.