Sentenza n. 246/2010- Giudizio di costituzionalità in via principale
Deposito dell’08/072010- Pubblicazione in G.U.: 14/07/2010
Motivi della segnalazione
La presente decisione riguarda una questione di legittimità costituzionale, sollevata dalla Regione Marche e avente ad oggetto l’intera legge 3 agosto 2009, n. 117 concernente il distacco di alcuni Comuni dalle Marche e la loro aggregazione alla Regione Emilia-Romagna, nell’ambito della Provincia di Rimini. Della suddetta legge è denunciato il contrasto con l’articolo 132, secondo comma, della Costituzione, nonché col principio di leale collaborazione che deve informare i rapporti interistituzionali. Si denuncia in particolare la violazione dell’art. 132 Cost., derivante, secondo la ricorrente, dal fatto che nel corso del procedimento parlamentare di approvazione della legge medesima, il parere, reso in senso contrario al distacco, emesso dalla Assemblea legislativa della Regione Marche ai sensi della citata disposizione costituzionale non sarebbe stato oggetto di sostanziale considerazione risultante da atti ufficiali e conoscibili, come, invece, avrebbe richiesto l’art. 132 della Costituzione. Si rileva inoltre che, nel corso dello stesso procedimento legislativo, sarebbe stato, altresì, violato il principio di leale collaborazione, essendo stato il parere negativo solamente acquisito agli atti, senza che la Regione che lo ha reso fosse stata posta in condizione di conoscere i motivi che avevano spinto le Camere a discostarsi da esso.
Sotto il primo profilo, la Corte dichiara la questione infondata, affermando di non ritenere e di averlo chiarito già nella sentenza n. 334/2004 che «che la «sicura incidenza» che i pareri espressi dalle Regioni vengono ad avere nell’ambito della procedura prevista dal secondo comma dell’art. 132 Cost. possa concretizzarsi nell’esistenza a carico del Parlamento di ulteriori oneri procedimentali susseguenti alla espressione del parere ed alla sua acquisizione in sede parlamentare». Ciò, in ragione del fatto che la norma costituzionale, l’unica a poter porre dei vincoli procedimentali all’operato degli organi legislativi, «non prescrive che, esauritasi la prima delle due fasi in cui si articola lo speciale procedimento di cui all’art. 132, secondo comma, della Costituzione (cioè quella avente ad oggetto la consultazione referendaria e la espressione del parere dei Consigli regionali interessati), la seconda fase (quella cioè che ha inizio con la presentazione del disegno di legge) si svolga secondo forme sostanzialmente diverse rispetto a quelle legislative ordinarie». Da tale considerazione deriverebbe che «richiedere […] che gli organi parlamentari «rendano conoscibili le specifiche ragioni in forza delle quali ess(i) si siano eventualmente determinat(i) in senso difforme rispetto ai punti di vista espressi dalle Regioni interessate», o che abbiano oneri motivazionali, equivarrebbe ad inserire un ulteriore aggravamento della procedura non richiesto dalla disposizione che si assume violata». In relazione poi alla presunta lesione dell’interesse alla integrale conoscenza dei presupposti della decisione parlamentare, comportata dal mancato inserimento nel c.d. “fascicolo d’Assemblea” dei pareri dei Consigli regionali interessati, la Corte rileva che «le modalità di predisposizione della documentazione relativa ai lavori delle Commissioni e dell’Aula rientrano pienamente negli interna corporis delle Assemblee parlamentari e che, quindi, si tratta di un’indagine relativa ad adempimenti materiali propedeutici all’espressione del voto che deve ritenersi “assorbita dalla valutazione circa il corretto svolgimento dei lavori parlamentari, che solo la Camera è competente a compiere” (sentenza n. 379 del 1996)».
Per quanto riguarda la censura sollevata in riferimento alla violazione del principio di leale collaborazione, la sua infondatezza deriverebbe, anche ammettendone in astratto la pertinenza, cosa più che dubbia alla luce della pregressa giurisprudenza costituzionale, in relazione allo svolgimento della funzione legislativa, dal fatto che «la previsione di un onere di informazione […] gravante sulle Camere, in favore del Consiglio regionale che abbia reso il parere ai sensi dell’art. 132, secondo comma, della Costituzione, si risolverebbe in un appesantimento della procedura di approvazione della legge che dispone la variazione territoriale, non giustificato da alcuna norma di rango costituzionale».