Il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, in data 27 dicembre 2011, ha impugnato il disegno di legge n. 828-563-824 dal titolo "Misure in materia di personale della Regione siciliana e di contenimento della spesa".
In particolare, oggetto della censura sono innanzitutto le disposizioni contenute negli articoli 1, commi 1 e 2; 2; 3; 4; 5 e 7, comma 2, reputate in contrasto con l'articolo 81, 4° comma della Costituzione, perché prive di idonea copertura finanziaria per i nuovi maggiori oneri dalle stesse derivanti a carico del bilancio regionale.
Di particolare interesse le motivazioni dell'impugnativa commissariale, che dimostrano un crescente rigore nel controllo della produzione normativa regionale primaria rispetto al parametro di cui all'art. 81 della Costituzione. A tal fine il Commissario dello Stato richiama alcune pronunce della Corte costituzionale (sentenza n. 213 del 2008) in materia di necessaria copertura di bilancio. Tale principio è stato concretizzato «dal legislatore ordinario che ne ha indicato gli strumenti e le modalità di attuazione nell'articolo 17 della L. 31 dicembre 2009, n. 196 dal titolo "Legge di contabilità e finanza pubblica", le cui disposizioni costituiscono principio fondamentale del coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione e che si applicano alle regioni a statuto speciale in quanto finalizzate alla tutela dell'unità economica della Repubblica».
Secondo il Commissario «(...) il legislatore siciliano, nell'individuare mezzi di copertura negli articoli 4, 5 e 7, 2° comma difformi da quelli previsti dall'articolo 17 L. n. 196/2009, si è sottratto alle fondamentali esigenze di chiarezza e solidità del bilancio cui l'articolo 81 si ispira, non garantendo per le nuove maggiori spese previste una copertura sufficientemente sicura ed in equilibrato rapporto con gli oneri che si intendono sostenere negli esercizi futuri».
Il Commissario dello Stato impugna altresì «(...) il comma 9 dell'articolo 1 con cui si stabilisce, in difformità dall'articolo 24 del D. leg.vo n. 165/2001, che a decorrere dal 1° gennaio 2012 le indennità, i compensi, i gettoni o le altre utilità comunque denominate spettanti al personale dirigenziale di ruolo per incarichi aggiuntivi siano corrisposte nella misura del 50% direttamente a tale personale. In base al 3° comma del cennato articolo 24 del D. leg.vo n. 165 per qualsiasi incarico conferito ai dirigenti in ragione del loro ufficio, o comunque conferito dall'amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa, i compensi dovuti dai terzi sono corrisposti direttamente alla medesima amministrazione e confluiscono nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza».
Secondo il ricorrente tale disciplina regionale invade la sfera di competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile di cui all'articolo 117, comma 2 lett. l).
L'articolo 8 del disegno di legge impugnato, infine, è censurato sotto il profilo della violazione degli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione. Tale disposizione consente, infatti, l'instaurazione o la prosecuzione di rapporti di lavoro con determinati soggetti che in passato hanno prestato servizio per un periodo di tempo compreso nel triennio 2007-2009, indipendentemente dalla durata dello stesso. Si tratta, in altre parole, di un intervento normativo di "stabilizzazione" di lavoratori precari.
Il Commissario contesta la legittimità costituzionale di tal intervento poiché «(...) non tiene in alcun conto né le reali esigenze operative degli enti in questione, non essendo sufficiente la generica indicazione dello svolgimento di compiti istituzionali, né, tantomeno, le necessarie ordinarie procedure di selezione pubblica del personale anche per rapporti di breve durata.
Per tali ragioni, si conclude «La disposizione (...) configura un ingiustificato privilegio in favore di determinati soggetti, di cui si consolida la condizione di precariato, ed alimentando negli stessi l'aspettativa di una futura stabilizzazione, si pone in evidente contrasto con i precetti posti dagli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione in tema di buon andamento ed imparzialità della P.A. e di selezione pubblica, in condizione di eguaglianza, per l'accesso ai pubblici uffici».