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Corte di Giustizia, sent. 15 gennaio 2014, causa C-176/12 Association de Médiation sociale (1/2014)

La Corte di giustizia si pronuncia sugli effetti diretti orizzontali della Carta dei diritti fondamentali

Nella sentenza in epigrafe la Corte di giustizia ha fornito una risposta, seppur per molti versi ancora molto parziale, alla domanda relativa alla idoneità delle disposizioni della Carta dei diritti fondamentali ad applicarsi nelle controversie tra privati. Tale domanda era stata “schivata” – non senza qualche acrobazia interpretativa – nella precedente sentenza Dominguez.[1] In Association de médiation sociale, pur escludendo l’efficacia orizzontale del diritto al centro del procedimento principale – il diritto dei lavoratori all’informazione all’interno dell’impresa (art. 27 della Carta) –, la Corte ha sostanzialmente affermato che alcune disposizioni della Carta possono produrre effetti diretti anche orizzontali. Tra queste vi è sicuramente l’art. 21(1), almeno rispetto al principio di non discriminazione in base all’età lì enunciato.

Il giudice a quo – la Cour de Cassation francese – aveva chiesto in modo esplicito alla Corte di giustizia di pronunciarsi sull’efficacia orizzontale dell’art. 27 della Carta. All’origine della domanda vi era il sospetto (rectius, la quasi certezza) di incompatibilità con il diritto UE di una disposizione del Code du travail secondo cui alcune categorie di lavoratori atipici non devono essere considerate nel calcole degli effettivi in forza ad un’impresa allo scopo di determinare se sono raggiunte le soglie alle quali la Direttiva 2002/14/CE collega l’esercizio di alcuni diritti di rappresentanza sindacale.[2] La “quasi-certezza” dell’incompatibilità era dovuta al fatto che, in una precedente sentenza resa in via pregiudiziale su richiesta del Conseil d’Etat francese, la Corte di giustizia aveva dichiarato l’incompatibilità con la predetta direttiva di un’altra disposizione nazionale che prevedeva una simile esclusione, ed anzi solo limitata nel tempo. In quella occasione, la Corte di giustizia aveva affermato che “poiché la direttiva 2002/14 ha definito la cerchia di persone da prendere in considerazione nel calcolo suddetto, gli Stati membri non possono escludere da quest’ultimo una determinata categoria di persone che inizialmente rientravano in tale cerchia”.[3] Dal momento che il procedimento principale vedeva opposti dei ricorrenti privati, e stante la consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia sulla inidoneità delle direttive a produrre effetti diretti orizzontali, la Cour de Cassation chiedeva alla Corte di giustizia se l’art. 27 della Carta poteva trovare applicazione nella fattispecie, da solo o in combinato disposto con la direttiva 2002/14/CE, costituendo questa, nella sostanza, una specificazione del suo contenuto.

Dopo aver confermato, senza troppe sorprese, il “verdetto” circa la incompatibilità della disposizione nazionale in questione con la direttiva (cf. i paragrafi da 24 a 29), la Corte di giustizia ha ricordato la propria giurisprudenza secondo cui le direttive non possono produrre effetti diretti nelle controversie tra privati (par. 36). Dopo aver constatato che neanche la strada dell’interpretazione conforme risultava praticabile, poiché si sarebbe risolta in un’interpretazione contra legem del diritto nazionale (par. 39), la Corte di giustizia ha affrontato la questione dell’efficacia orizzontale delle disposizioni della Carta.

In primo luogo, la Corte di giustizia ha precisato che quest’ultima trovava applicazione al caso di specie, dal momento che la disposizione nazionale controversa era stata adottata per trasporre la direttiva 2002/14/CE, e pertanto costituiva una misura di attuazione del diritto UE ai sensi dell’art. 51, par. 1, della Carta (par. 42).[4] La Corte ha poi osservato che “il divieto, previsto all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2002/14, e indirizzato agli Stati membri, di escludere dal calcolo degli effettivi di un’impresa una determinata categoria di lavoratori rientranti inizialmente nella cerchia delle persone da prendere in considerazione ai fini di tale calcolo, non può essere desunto, quale norma giuridica direttamente applicabile, né dal tenore letterale dell’articolo 27 della Carta né dai chiarimenti relativi a tale articolo” (par. 46). Ha poi aggiunto che, “[a] questo proposito, occorre notare come le circostanze del procedimento principale si differenzino da quelle all’origine della (…) sentenza Kücükdeveci, nella misura in cui il principio di non discriminazione in base all’età, in esame in quella causa, sancito dall’articolo 21, paragrafo 1, della Carta, è di per sé sufficiente per conferire ai singoli un diritto soggettivo invocabile in quanto tale” (par. 47).

Proprio dal combinato di questi due paragrafi si evince che almeno alcune disposizioni della Carta sono idonee a produrre effetti diretti orizzontali, e che tale circostanza si ricollega a caratteristiche strutturali della disposizione, e non dipende, invece, dall’applicazione congiunta di una disposizione della Carta e una direttiva che ne specifica il contenuto.[5]

Da ultimo, la Corte di giustizia ha precisato che l’unico rimedio percorribile nel caso di specie risultava l’azione per il risarcimento del danno da parte dello Stato membro che non ha correttamente attuato gli obblighi derivanti dal diritto UE, secondo lo schema della giurisprudenza Francovich.[6]                                                                                                                                                                                             

 Nicole Lazzerini



[1] Sulla quale si veda “Il diritto del lavoratore alle ferie retribuite di cui all'art. 7, par. 1, della direttiva 2003/88/CE: inderogabile, ma non direttamente efficace nell'ambito di controversie tra privati: la sentenza della Corte di giustizia nella causa C-282/10, Maribel Dominguez v. Centre informatique du Centre ouest atlantique. Sul tema, si veda anche Una nuova pronuncia sull’interpretazione della Direttiva 2000/78/CE: la sentenza della Corte di giustizia nella causa C-476/11, HK Danmark c. Esperian, in Osservatorio sulle Fonti, 3/2013.

[2] Direttiva 2002/14/CE che istituisce un quadro generale relativo all’informazione e alla consultazione dei lavoratori nella Comunità (ora, Unione) europea, G.U. 2002 L 80, p. 29 ss.

[3] Cf. sent. 18 gennaio 2007, causa C‑385/05 Confédération générale du travail, Raccolta.p. I‑611, par. 34.

[4] Sull’ambito di applicazione della Carta, si veda La Corte di giustizia sancisce la continuità tra l’art. 51, par. 1, della Carta dei diritti fondamentali e la giurisprudenza pre-Lisbona sui diritti fondamentali qua principi generali: La sentenza nella causa C-617/10, Åkerberg Fransson, e, per un commento, N. Lazzerini, Il contributo della sentenza Åkerberg Fransson alla determinazione dell’ambito di applicazione e degli effetti della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in Rivista di diritto internazionale, 2013, p. 883-912.

[5] Per più ampie considerazioni su questo punto, si veda N. Lazzerini, Causa C-176/12 Association de médiation sociale: la Corte di giustizia rompe (…in parte) il silenzio sugli effetti orizzontali della Carta, post pubblicato il 3 marzo 2014 sul blog di Diritti Comparati.it

[6] Sent. 19 novembre 1991, cause riunite C‑6/90 e C‑9/90, Francovich, Raccolta, p. I‑5357.

Osservatorio sulle fonti

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