INTRODUZIONE
Nella parte relativa alle “Fonti Internazionali” la Rubrica si propone di monitorare gli atti normativi che, direttamente o indirettamente, presentano ricadute in materia internazionale, evidenziando le più significative novità nei rapporti tra fonti nazionali e tematiche internazionali. Essa intende, in particolare, portare l’attenzione sugli atti emanati dal legislatore nazionale al fine di adempiere agli obblighi internazionali dello Stato italiano, nonché sugli atti normativi che, pur adottati per rispondere ad esigenze interne, acquisiscono portata tale da incidere su problematiche di rilievo internazionale.
Sommario Rubrica “Fonti Internazionali”:
Notizia n. 1: La Presidenza del Consiglio dei ministri detta orientamenti e criteri per il ricorso all'articolo 346 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri, 21 gennaio 2014, Orientamenti e criteri per il ricorso all'art. 346 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea. (14A02907) (GU Serie Generale n.87 del 14-4-2014).
http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2014/04/14/14A02907/sg.
Notizia 2: Intervento italiano di protezione civile europeo in Bosnia. Deliberazione del Consiglio dei Ministri del 22 maggio 2014: dichiarato lo stato di emergenza per le piogge di eccezionale intensità che hanno colpito Bosnia Erzegovina e Serbia dal 13 maggio 2014
http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_prov.wp?contentId=LEG45686
Notizia n. 3: L’adeguamento dell’ordinamento interno alle prescrizioni della sentenza “Torreggiani” della CEDU. LEGGE 11 agosto 2014, n. 117.Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 26 giugno 2014, n. 92, recante disposizioni urgenti in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell'articolo 3 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nonché di modifiche al codice di procedura penale e alle disposizioni di attuazione, all'ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria e all'ordinamento penitenziario, anche minorile. (14G00122)
Notizia n. 4: La riforma della cooperazione internazionale allo sviluppo. LEGGE 11 agosto 2014, n. 125. Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo. (14G00130) (GU n.199 del 28-8-2014 )
(di Federico Gianassi)
Notizia n. 1: La Presidenza del Consiglio dei ministri detta orientamenti e criteri per il ricorso all'articolo 346 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri, 21 gennaio 2014, Orientamenti e criteri per il ricorso all'art. 346 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea. (14A02907) (GU Serie Generale n.87 del 14-4-2014).
Il paragrafo 1 dell'art. 346 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) consente agli Stati membri di derogare alle regole del mercato interno. In particolare, tale norma autorizza gli Stati membri a non fornire informazioni la cui divulgazione è considerata contraria ai propri interessi essenziali e ad adottare specifiche misure ritenute necessarie per la tutela degli interessi essenziali della propria sicurezza che si riferiscano alla produzione e al commercio di armi, munizioni o materiale bellico.
Tale norma è stata oggetto di attenzione da parte della Commissione europea e delle Corte di Giustizia della Comunità europea. La Commissione con comunicazione del luglio del 2013 ha infatti affermato che intende potenziare ulteriormente il mercato interno della difesa e della sicurezza, assicurando che tutte le condizioni necessarie siano soddisfatte laddove venga invocato l'articolo 346 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea per giustificare l'adozione di provvedimenti relativi agli aiuti di Stato.
La Corte di giustizia ha invece stabilito nella sentenza dell'8 aprile 2008, resa nella causa C-337/05, che la deroga prevista ha carattere eccezionale e deve quindi essere interpretata restrittivamente.
E’ pertanto intervenuta la Presidenza del Consiglio dei Ministri che ha dettato modalità per il coordinamento delle attività dei diversi dicasteri in materia.
In particolare, la direttiva, che non trova applicazione per l'affidamento dei contratti secretati o che esigono particolari misure di sicurezza ai sensi dell'art. 17 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, interessa le seguenti amministrazioni dello Stato: Presidenza del Consiglio dei Ministri (PCM): Ufficio del Consigliere Militare (UCM), in coordinamento con l'Ufficio del Consigliere Diplomatico (UCD) ed il Dipartimento per gli Affari Giuridici e Legislativi (DAGL), posto sotto la Presidenza del Consiglio dei ministri: Dipartimento per le politiche europee (DPE); Ministero degli affari esteri (MAE); Ministero della difesa (MD); Ministero dell'economia e delle finanze (MEF); Ministero dell'interno (MI); Ministero dello sviluppo economico (MSE); Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (MPAAF); Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT).
La direttiva prevede che il mancato ricorso ad una procedura di evidenza pubblica per l'affidamento di forniture, lavori o servizi nei settori della difesa e della sicurezza è consentito unicamente nel caso in cui il ricorso a detta procedura possa compromettere interessi essenziali di sicurezza dello Stato, nel rispetto dei presupposti stabiliti dall'art. 346 TFUE.
Le amministrazioni aggiudicatrici devono verificare, in relazione allo specifico affidamento: a) quale interesse essenziale della sicurezza dello Stato si intenda tutelare; b) quale sia il legame tra detto interesse e la specifica decisione relativa all'affidamento da effettuare; c) perché la mancata applicazione della normativa europea sugli appalti pubblici al caso specifico sia necessaria alla tutela di un interesse essenziale della sicurezza dello Stato; d) che l'obiettivo di impedire la divulgazione di informazioni sensibili per la tutela di interessi essenziali della sicurezza dello Stato non sia conseguibile nel contesto di una procedura di evidenza pubblica; e) quando l'oggetto dell'affidamento rientri nel settore della difesa, che lo stesso sia destinato a fini specificatamente militari.
Ciascuna delle Amministrazione interessate nomina in proposito un dirigente responsabile, unitamente ad un sostituto, per lo scambio di documenti ed informazioni con la PCM e per rappresentare l'amministrazione di appartenenza nelle riunioni interministeriali in materia. Tali riunioni possono essere convocate dall'Ufficio del Consigliere militare, d'intesa con il Dipartimento per le politiche europee o su proposta di una delle Amministrazione interessate, per l'esame dei singoli casi di ricorso all'art. 346 TFUE, nonché per il monitoraggio sull'applicazione della presente direttiva.
Il coordinamento delle attività interministeriali, nonché la raccolta, la custodia e la diffusione delle informazioni sono devoluti alla PCM, che li attua attraverso l'Ufficio del Consigliere Militare, il quale agisce in coordinamento con le altre strutture interessate della PCM, quali l'Ufficio del Consigliere Diplomatico (UCD), il Dipartimento per gli Affari Giuridici e Legislativi (DAGL), e il Dipartimento per le politiche europee (DPE) anche ai fini dell'informazione, sulla base delle procedure previste, dei competenti servizi della Commissione Europea.
Per l'affidamento di forniture, lavori o servizi di equipaggiamenti militari, l'amministrazione responsabile informa tempestivamente, attraverso il dirigente responsabile nominato ai sensi dell'art. 3, l'Ufficio del Consigliere militare della propria intenzione di ricorrere all'art. 346, paragrafo 1, lettera b), anche ai fini della comunicazione alle altre strutture interessate della PCM.
Invece, per i finanziamenti a programmi di Ricerca e Sviluppo di equipaggiamenti militari da parte del Ministero dello sviluppo economico o a programmi di razionalizzazione e ristrutturazione di imprese che operano nel settore della difesa, la responsabilità decisionale è del Ministero dello sviluppo economico che, ai sensi delle leggi n. 808/85 e n. 237/93 e dei relativi Regolamenti di attuazione, già si coordina, a tal fine, con il Ministero della Difesa.
Notizia 2: Intervento italiano di protezione civile europeo in Bosnia.
Deliberazione del Consiglio dei Ministri del 22 maggio 2014: dichiarato lo stato di emergenza per le piogge di eccezionale intensità che hanno colpito Bosnia Erzegovina e Serbia dal 13 maggio 2014
La Commissione Europea, in data 16 maggio 2014, ha attivato il Meccanismo di protezione civile ai sensi della Decisione del Consiglio 1313/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio che riforma il meccanismo unionale di protezione civile.
Lo Stato italiano concorre nell'adozione di tutte le iniziative di protezione civile anche attraverso la realizzazione di interventi di soccorso ed assistenza alle popolazioni colpite dall'evento calamitoso, ove necessario, in deroga all'ordinamento giuridico nazionale vigente.
In particolare, dal giorno 13 maggio 2014 gran parte del territorio della Repubblica di Bosnia ed Erzegovina e della Repubblica di Serbia è stato interessato da piogge di eccezionale intensità che hanno provocato numerose inondazioni ed eventi franosi. In conseguenza del predetto evento calamitoso si è creata una grave situazione di emergenza che ha causato vittime, dispersi e un numero ingente di sfollati, nonché il danneggiamento di numerosi centri abitati e l'isolamento di molte parti dei territori interessati.
In data 15 maggio 2014 il Ministro dell'interno della Repubblica di Serbia e in data 16 maggio 2014 il Vice Ministro per la Sicurezza della Repubblica di Bosnia ed Erzegovina hanno chiesto l'attivazione del Meccanismo di protezione civile Europeo.
La Presidenza del Consiglio, accertata la disponibilità di risorse umane e strumentali manifestata dal Servizio Nazionale della protezione civile per concorrere agli interventi urgenti, ha con deliberazione del 22/5/2014 attivato il nuovo meccanismo previsto dalla Commissione europea dichiarando lo stato di emergenza ai sensi dell'art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, fino al trentesimo giorno dalla data approvazione del provvedimento.
Per l'attuazione degli interventi urgenti di soccorso e assistenza alla popolazione da effettuare nella vigenza dello stato di emergenza si è poi provveduto con ordinanze emanate dal Capo del Dipartimento della protezione civile, anche in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico.
Notizia n. 3: L’adeguamento dell’ordinamento interno alle prescrizioni della sentenza “Torreggiani” della CEDU.
LEGGE 11 agosto 2014, n. 117. Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 26 giugno 2014, n. 92, recante disposizioni urgenti in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell'articolo 3 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nonché di modifiche al codice di procedura penale e alle disposizioni di attuazione, all'ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria e all'ordinamento penitenziario, anche minorile. (14G00122)
Il Legislatore è intervenuto per assicurare il rispetto della sentenza ''Torreggiani'' emessa dalla Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU). Con tale sentenza la CEDU ha condannato l'Italia per la situazione delle carceri. In particolare, la Seconda Camera della Corte europea dei diritti umani ha condannato lo Stato italiano per la violazione dell’art. 3 della Convenzione europea sui diritti umani. Il caso riguardava trattamenti inumani e degradanti lamentati dai ricorrenti, sette persone detenute per molti mesi nelle carceri di Busto Arsizio e di Piacenza, in celle di dimensioni molto ridotte (ciascun detenuto disponeva di uno spazio inferiore a quattro metri quadrati). Ciò che appare particolarmente significativo è che la Corte ha qualificato tale decisione come “sentenza pilota”.
La CEDU, in sostanza, applicando la propria consolidata giurisprudenza in materia di trattamento inumano o degradante a danno di detenuti, utilizzando gli standards elaborati dal Comitato per le prevenzione della tortura (CPT) del Consiglio d’Europa, ha concluso che i ricorrenti avevano subito la violazione dei diritti previsti dall’art. 3 CEDU. In particolare, la prassi del CPT individua in quattro metri quadri la misura minima accettabile di spazio libero a disposizione di un singolo detenuto. Al mancato rispetto di tale standard deve essere aggiunta la situazione di sovraffollamento, nonché la presenza di significativi disagi in relazione all’accesso all’acqua calda per l’igiene personale e ad un’illuminazione sufficiente.
Il Legislatore nazionale è intervenuto in settori diversi. In particolare, è stata modificata la normativa in materia di risarcimenti per la carcerazione preventiva ad una sentenza di condanna definitiva, la normativa relativa all’estensione dell’età per beneficiare del procedimento penale per i minorenni, sull’aumento del numero dei magistrati di sorveglianza e sull’aumento del numero di agenti penitenziari.
In materia di risarcibilità in denaro e in sconti di pena per i carcerati detenuti in condizioni inumane è previsto che coloro che hanno già scontato la pena potranno richiedere - entro 6 mesi dalla fine della carcerazione - un risarcimento pari a 8 euro per ogni giornata trascorsa in condizioni degradanti; mentre coloro che stanno ancora scontando la pena avranno diritto a un "abbuono" sul totale della pena pari a 1 giorno ogni 10 trascorsi nelle predette condizioni.
Sulla carcerazione preventiva viene previsto il divieto di custodia cautelare in carcere in caso di pena non superiore ai 3 anni. La norma non vale però per i delitti ad elevata pericolosità sociale (tra cui mafia e terrorismo, rapina ed estorsione, furto in abitazione, stalking e maltrattamenti in famiglia) e in mancanza di un luogo idoneo per i domiciliari. Naturalmente la violazione degli arresti domiciliari comporta l’esecuzione della pena in carcere ferma restando la normativa da applicare per l’allontanamento dal domicilio. Permane il divieto assoluto del carcere preventivo e dei domiciliari nei processi destinati a chiudersi con la sospensione condizionale della pena.
Per quanto concerne l’estensione delle norme previste per i minorenni ai soggetti che hanno meno di venticinquenni viene stabilito che i soggetti di età inferiore ai 25 anni (e non più dunque di età inferiore a 21 anni) processati per reati commessi durante la minore età vedranno applicarsi le norme del processo minorile e saranno detenuti negli appositi istituti. Sono esclusi i casi in cui il giudice, pur tenendo conto delle finalità rieducative, ritenga il giovane socialmente pericoloso.
Infine, vengono previste misure per l’ampliamento del numero dei magistrati di sorveglianza e degli agenti penitenziari. Quanto ai primi, qualora l'organico sia scoperto di oltre il 20% dei posti, il Csm in via eccezionale destinerà alla magistratura di sorveglianza anche i giudici di prima nomina. Viene disposto, inoltre, un aumento delle unità di polizia penitenziaria (204 unità in più) ed il personale appartenente ai ruoli del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria non potrà essere comandato o distaccato presso altre pubbliche amministrazioni.
Notizia 4: La riforma della cooperazione internazionale allo sviluppo.
LEGGE 11 agosto 2014, n. 125. Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo. (14G00130) (GU n.199 del 28-8-2014 )
La legge n. 125/2014 si pone l’obiettivo di aggiornare il sistema della cooperazione che risultava ancora definito dalla Legge n. 49/1987. In particolare, vengono attualizzati soggetti, strumenti, modalità di intervento e principi di riferimento maturati nella comunità internazionale. La legge adegua inoltre il sistema italiano di cooperazione allo sviluppo ai modelli prevalenti nei Paesi dell’Unione europea.
La legge definisce una nuova architettura di “governance” del sistema della cooperazione. Coerenza e coordinamento delle politiche saranno assicurati dal Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo, regia costituita dai Ministeri che hanno competenze in materie.
La nuova legge indica gli obiettivi della cooperazione. Essi consistono nella lotta alla povertà e alle disuguaglianze, nell’affermazione dei diritti umani e della dignità degli individui - compresa l’uguaglianza di genere e le pari opportunità -, nella prevenzione dei conflitti e nel sostegno ai processi di pacificazione.
La legge stabilisce che I diritti umani e la pace sono "parte integrante e qualificante della politica estera dell'Italia". In questa ottica anche la denominazione del Ministero degli Affari esteri viene modificata e assume la denominazione di "Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale".
È prevista l'adozione di un Documento triennale di programmazione e di indirizzo della politica di cooperazione allo sviluppo, approvato dal Consiglio dei ministri, previa acquisizione del parere delle Commissioni parlamentari competenti, entro il 31 marzo di ogni anno. I poteri di indirizzo e controllo del Parlamento, espletati tramite i pareri delle Commissioni competenti, si estendono anche agli schemi di regolamento per lo Statuto dell’istituenda Agenzia italiana per la cooperazione internazionale e per il riordino della struttura del Ministero.
Sul fronte interno la politica di cooperazione contribuisce, anche per il tramite delle comunità di immigrati presenti sul territorio nazionale, alla delineazione di politiche migratorie condivise. Sul versante esterno, invece, l’appropriazione dei processi di sviluppo da parte dei Paesi beneficiari è indicata nella nuova legge come uno dei presupposti per l’efficacia degli aiuti, che non possono, neppur in forma indiretta, essere utilizzati per finalità militari.
Il provvedimento dispone inoltre, quanto al canale multilaterale, il principio di armonizzazione delle politiche nazionali di cooperazione con quelle dell’Unione europea mentre, per il partenariato territoriale, riconosce alle Regioni ed agli altri Enti territoriali la possibilità di attuare iniziative di cooperazione allo sviluppo con organismi di analoga rappresentatività territoriale. In particolare, l’art. 23 della Legge afferma che le Regioni, le province autonome di Trento e Bolzano, e gli enti locali sono soggetti del “sistema della cooperazione italiana allo sviluppo”, mentre l’art. 25 prevede che il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale promuove con le Regioni e gli enti locali “forme di partenariato e collaborazione” e può concedere finanziamenti. La Legge non precisa la sorte dei vari accordi di cooperazione già stipulati dalle Regioni. L’efficacia di tali accordi, tuttavia, non è da ritenere pregiudicata, anche in considerazione del riconoscimento alle Regioni dello status di soggetti costituenti il sistema della cooperazione allo sviluppo
Essendo la cooperazione definita come ”parte integrante e qualificante della politica estera”, toccherà al Ministero degli Esteri, nella figura del Vice Ministro delegato, il compito di tirare le fila di questo esercizio unitario e coerente. Anche le risorse, oggi distribuite sui capitoli di diversi ministeri, saranno leggibili attraverso un apposito Allegato al bilancio.
La Legge n. 125/2014 prevede la nascita dell’Agenzia italiana per la Cooperazione allo sviluppo. L’Agenzia, un modello che esiste in tutti i principali paesi europei, corrisponde ad un’esigenza fortemente richiesta dagli attori della cooperazione e avanzata nelle proposte di riforma di iniziativa parlamentare; essa consentirà di valorizzare le professionalità già esistenti e di attrarne di ulteriori; permetterà infine sperimentare modalità più innovative di cooperazione oggi esistenti, non normativamente compatibili con l’assetto precedente.
Per gli interventi maggiormente onerosi (oltre 2 milioni di euro) l’Agenzia lavorerà con il Ministero degli Esteri in un apposito Comitato Congiunto. La riforma disegna infine un rapporto di partecipazione del Parlamento, che esercita le funzioni di indirizzo e controllo sul documento triennale di programmazione, e della Conferenza nazionale, un organo di discussione e di consultazione, che darà stabilità all’esperienza di dialogo fra soggetti pubblici e privati.
Vi è poi cambio di denominazione da APS (Aiuto Pubblico allo Sviluppo) a quella di Cooperazione Pubblica allo Sviluppo, nell’ottica di promuovere “relazioni solidali e paritarie tra i popoli fondate sui principi di interdipendenza e partenariato” (art.1), nonché il riconoscimento della “centralità della persona umana,” nella sua dimensione individuale e comunitaria”; che anche fonda la cooperazione innanzitutto sulla relazione tra persone.
Emerge in conclusione la visione “sistemica” che si evince dall’intenzione di agire in conformità con i programmi e con le strategie dell’Unione Europea, delle Nazioni Unite e delle altre organizzazioni internazionali; dall’attenzione a valorizzare e ridefinire il partenariato territoriale nel rispetto della competenza esclusiva dello Stato in materia di politica estera; dall’ampliamento dei soggetti della cooperazione che sono, con la nuova legge, le amministrazioni dello Stato, le università e gli enti pubblici; gli enti locali le organizzazioni della società civile e gli altri soggetti senza finalità di lucro, e anche i soggetti con finalità di lucro.
Occorre, infine, aggiungere che il decreto ministeriale che è stato adottato il 28 novembre 2014 ha istituto il “Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo” in attuazione dell’art. 16 della legge. Esso è presieduto dal Ministro per gli affari esteri e la cooperazione internazionale ed è composto, oltre che dal Vice Ministro e dal Direttore generale, dai rappresentanti designati dagli altri Ministeri e dagli Enti pubblici e dai soggetti del terzo settore impegnati nell’ambito della cooperazione. Esso si riunisce almeno una volta l’anno e poi ogni volta che si renda necessario al fine di per esprimere pareri sulle materie attinenti la cooperazione allo sviluppo ed in particolare sulla coerenza delle scelte politiche, sulle strategie, sulle linee di indirizzo, sulla programmazione, sulle forme di intervento, sulla loro efficacia, sulla valutazione.