Sentenza n. 10/2015 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale
Deposito del 11/02/2015 – Pubblicazione in G. U. 11/02/2015 n. 6
Motivo della segnalazione
La sentenza 10/2015 è relativa alla legittimità costituzionale dell'art. 81, commi 16, 17 e 18, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133. La questione era stata promossa dalla Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia nel procedimento vertente tra la Scat Punti Vendita Spa e l'Agenzia delle entrate – Direzione provinciale di Reggio Emilia, con ordinanza del 26 marzo 2011, iscritta al n. 215 del registro ordinanze 2011 e pubblicata in G. U. n. 44, I serie speciale, dell'anno 2011. La Corte ha valutato come infondate le questioni sollevate in relazione agli artt. 77, II comma, e 23 Cost., incentrate, rispettivamente, sull'illegittimo utilizzo del decreto-legge in assenza dei motivi di necessità e urgenza e sulla riserva di legge in materia di prestazioni patrimoniali imposte, ma è comunque pervenuta al giudizio d'incostituzionalità della normativa impugnata per contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost.
Gli elementi di maggiore rilevanza della sentenza in parola, tali da spingere la dottrina costituzionalistica a commentarla profusamente, sono dati dai suoi particolari profili processuali e dalla modulazione temporale dei suoi effetti. Il giudice delle leggi ha preso le mosse dal presupposto che il ruolo affidatogli "come custode della Costituzione nella sua integralità impon[ga] di evitare che la dichiarazione di illegittimità costituzionale di una disposizione di legge determini, paradossalmente, «effetti ancor più incompatibili con la Costituzione» (sentenza n. 13 del 2004) di quelli che hanno indotto a censurare la disciplina legislativa. Per evitare che ciò accada, è compito della Corte modulare le proprie decisioni, anche sotto il profilo temporale, in modo da scongiurare che l'affermazione di un principio costituzionale determini il sacrificio di un altro." (punto 7 del considerato in diritto).
Al successivo punto 8, s'osserva inoltre che, nel caso di specie, "l'applicazione retroattiva della presente declaratoria di illegittimità costituzionale determinerebbe anzitutto una grave violazione dell'equilibro di bilancio ai sensi dell'art. 81 Cost." e che "l'impatto macroeconomico delle restituzioni dei versamenti tributari connesse alla dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 81, commi 16, 17 e 18, del d.l. n. 112 del 2008, e successive modificazioni, determinerebbe, infatti, uno squilibrio del bilancio dello Stato di entità tale da implicare la necessità di una manovra finanziaria aggiuntiva, anche per non venire meno al rispetto dei parametri cui l'Italia si è obbligata in sede di Unione europea e internazionale (artt. 11 e 117, I comma, Cost.) e, in particolare, delle previsioni annuali e pluriennali indicate nelle leggi di stabilità in cui tale entrata è stata considerata a regime". Inoltre, la rimozione retroattiva della normativa impugnata ingenererebbe una "irragionevole redistribuzione della ricchezza a vantaggio di quegli operatori economici che possono avere invece beneficiato di una congiuntura favorevole" con un conseguente "irrimediabile pregiudizio delle esigenze di solidarietà sociale con grave violazione degli artt. 2 e 3 Cost." e un "indebito vantaggio che alcuni operatori economici del settore", pregiudizievole degli artt. 3 e 53 della Costituzione. La Corte, dopo aver fatto cenno alla comparazione con alcune Corti costituzionali europee e aver richiamato il contenimento degli effetti retroattivi delle sentenze di accoglimento quale "prassi diffusa", ha quindi considerato pressoché necessitata la decisione di far decorrere gli effetti della sentenza in parola dal giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.