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La Corte sulla legge elettorale della Lombardia: le soglie di sbarramento differenziate costituiscono un bilanciamento ammissibile tra esigenze della rappresentanza e della governabilità (3/2015)

Sentenza n. 193/2015 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 24/09/2015 – Pubblicazione in G. U. 30/09/2015 n. 39

Motivo della segnalazione

In questa decisione la Corte si pronuncia su alcuni profili di possibile incostituzionalità della legge elettorale della Regione Lombardia n. 17/2012, oggetto di questioni di costituzionalità sollevate dal TAR della Lombardia, nell'ambito di un giudizio volto all'annullamento, in parte qua, del verbale delle operazioni elettorali dell'Ufficio centrale elettorale e dei presupposti verbali degli Uffici centrali circoscrizionali.

Viene in rilievo, in primo luogo, la norma che assegna il premio di maggioranza, rispettivamente, del 55 per cento o del 60 per cento dei seggi, alle liste collegate al candidato Presidente della Regione maggiormente votato il quale abbia ottenuto, rispettivamente, meno del 40 per cento dei voti oppure più del 40% dei voti. Il TAR della Lombardia dubita della conformità con il principio dell'uguaglianza del voto di tale previsione nella parte in cui collega il premio di maggioranza ai voti ottenuti dal candidato Presidente, anziché a quelli ottenuti dalle liste a lui collegate. Tale disposizione sarebbe irragionevole e in contrasto con il principio dell'uguaglianza del voto, nella parte in cui collega il premio di maggioranza ai voti ottenuti dal candidato Presidente, anziché a quelli ottenuti dalle liste a lui collegate

Si rileva, inoltre, come la suddetta disposizione vulneri anche l'art. 121, secondo comma, della Costituzione, che definisce la posizione costituzionale e le funzioni del Consiglio regionale, in quanto la formazione del Consiglio verrebbe fatta dipendere dai risultati elettorali del Presidente e, non prevedendosi una soglia minima di consensi da conseguire da parte delle liste, potrebbe prodursi il risultato della trasformazione di una minoranza elettorale in maggioranza consiliare.

Peraltro – rileva il giudice a quo – per il caso di Presidente che abbia ottenuto meno del 40% dei voti, non è prevista alcuna soglia minima di consensi da conseguire da parte del candidato eletto Presidente. Un altro profilo di irragionevolezza del sistema elettorale sarebbe evidenziato dalla prevista possibilità del voto disgiunto, da cui si evincerebbe la contradditorietà delle regole sull'attribuzione del premio con la logica sottesa alle modalità di voto, dal momento che «sarebbe palesemente disattesa la scelta elettorale di coloro che hanno votato per un candidato Presidente e contemporaneamente per una lista che sostiene un Presidente diverso».

Ed, infine, la disciplina relativa all'attribuzione del premio di maggioranza sarebbe in conflitto anche con il principio fondamentale di cui all'art. 4, comma 1, lettera a), della legge n. 165/2004, che richiede che le leggi elettorali regionali siano orientate, tra l'altro, a garantire la formazione di stabili maggioranze, dal momento che – rileva il giudice remittente- le esigenze legate alla governabilità non dovrebbero poter ribaltare o alterare in maniera consistente l'esito elettorale.

Il TAR della Lombardia censura inoltre l'art. 1, comma 30, lettera d), della medesima legge regionale, il quale, ai fini della ripartizione dei seggi, esclude le liste provinciali il cui gruppo abbia ottenuto nell'intera Regione meno del 3 per cento dei voti, se non è collegato a un candidato Presidente che abbia conseguito almeno il 5 per cento. Anche in relazione a tale previsione – si aggiunge – «la possibilità del voto disgiunto è fonte di irrazionalità e di incoerenza e stravolge in maniera non consentita il principio di uguaglianza del voto».

Il giudice delle leggi, nell'affrontare le questioni poste alla sua attenzione, ribadisce in via preliminare il proprio orientamento in base al quale «i profili di legittimità costituzionale di una normativa elettorale "ben possono pervenire al vaglio di questa Corte attraverso l'ordinaria applicazione del meccanismo incidentale, nell'ambito di un giudizio principale promosso a tutela del diritto di voto, passivo o attivo, avente ad oggetto la vicenda elettorale e, in particolare, i suoi risultati (sentenza n. 110 del 2015)"».

Ciò premesso, in riferimento alla questione, come si è visto articolata in una pluralità di profili, concernente il premio di maggioranza la Corte non entra nel merito, dichiarandola inammissibile, per carenza di rilevanza, in ragione della sua mera ipoteticità. Il giudice delle leggi rileva infatti che in occasione delle elezioni regionali in esame le liste collegate al candidato eletto Presidente hanno ottenuto più voti dello stesso candidato Presidente, con la conseguenza che «nella sua applicazione al caso concreto, la disposizione censurata non ha prodotto alcuno degli effetti incostituzionali paventati dal rimettente».

Con riferimento, invece, alla questione concernente la soglia di sbarramento, la Corte supera l'eccezione di inammissibilità per contraddittorietà dell'ordinanza di rimessione che era stata sollevata dalla Regione, rilevando come il giudice a quo, avendo ritenuto il nesso tra voti ottenuti dalle liste e voti del Presidente determinate ai foni dell'operatività dell'intero meccanismo della soglia di sbarramento, correttamente ha esteso il dubbio di costituzionalità all'intera disposizione. E viene dichiara non fondata, altresì, l'eccezione, data l'evidente interconnessione tra le censure, di inammissibilità concernente l'asserita politicità della scelta demandata alla Corte circa l'estensione della censura all'intera disposizione impugnata o soltanto alla parte relativa al collegamento con il Presidente.

Con riguardo all'eccepito difetto di rilevanza delle censure mosse alle disposizioni oggetto di impugnazione, la Corte respinge l'eccezione, dal momento che, in concreto, si era verificato, in occasione delle precedenti elezioni regionali lombarde, il caso dell'accesso al riparto dei seggi di una lista che aveva ottenuto lo 0,94 per cento dei voti, in quanto collegata al Presidente eletto, e dell'esclusione, invece, dal riparto di una lista che aveva ottenuto l'1,18 per cento dei voti, ma non collegata al candidato risultato eletto.

Nel merito, la Corte rigetta la questione in riferimento a tutti i parametri evocati, affermando che «la previsione di soglie di sbarramento e quella delle modalità per la loro applicazione, infatti, sono tipiche manifestazioni della discrezionalità del legislatore che intenda evitare la frammentazione della rappresentanza politica, e contribuire alla governabilità». La non arbitrarietà del fine è attestata – rileva il giudice delle leggi – dal fatto che, tra l'altro, lo stesso legislatore statale aveva previsto un'analoga disciplina della soglia di sbarramento nella legge n. 43/1995. Coerente con la forma di governo regionale prevista dalla Costituzione in caso di opzione per l'elezione diretta del Presidente, che valorizza il vincolo tra Consiglio e Presidente attraverso l'affermazione del principio del simul stabunt, simul cadent, sarebbe poi il collegamento tra l'operatività della soglia e il risultato elettorale del candidato Presidente. In quest'ottica la Corte richiama, a supporto della sua decisione, le argomentazioni adoperate nella sentenza n. 4/2010, laddove aveva affermato che «la legge elettorale deve armonizzarsi con la forma di governo, allo scopo di fornire a quest'ultima strumenti adeguati di equilibrato funzionamento sin dal momento della costituzione degli organi della Regione, mediante la preposizione dei titolari alle singole cariche».

Osservatorio sulle fonti

Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

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