Con la decisione in questione il Tribunale Amministrativo del Lazio è intervenuto per respingere l’istanza con cui una società di assicurazioni aveva contestato il rispetto della riserva di legge in materia di sanzioni amministrative ed aveva quindi richiesto l’annullamento di un provvedimento amministrativo adottato dall’IVASS a seguito di un apposito procedimento.
Più precisamente, come si evince dal ricorso, il ricorrente lamenta che l’articolo 183 del Codice delle assicurazioni «è privo di quelle caratteristiche di determinatezza che consentono di ritenere rispettato il principio di tassatività della fattispecie contenuta nella riserva assoluta di legge in materia penale» e che, in ragione della pacifica applicazione di detto principio anche alle sanzioni amministrative, l’irrogazione del provvedimento sanzionatorio sarebbe da ritenere illegittima per violazione del combinato disposto dell’articolo 1 della L. n. 689/1981 e dall’articolo 25 della Costituzione.
A fronte di queste lagnanze il giudice amministrativo osserva che, sebbene «il principio della riserva di legge sancisca il criterio secondo il quale l'illecito amministrativo può essere sanzionato esclusivamente ad opera di una legge formale cioè individuabile solo tra fonti normative primarie», non ci sono dubbi sul fatto che gli obblighi di diligenza, trasparenza e correttezza posti con chiarezza da una norma di rango primario come l’articolo 183 possano essere legittimamente integrati da disposizioni regolamentari dell’Autorità di Vigilanza. Inoltre, sempre a giudizio del collegio giudicante, anche qualora l’integrazione della disposizione in esame sia riconducibile ad un negozio giuridico intercorso tra parti private deve ritenersi che non ci sia stata violazione del principio di legalità. Più precisamente, si ritiene che l’art. 183, c. 1, lett. a), del Codice «contempli una regola di condotta sufficientemente delineata, chiara e comprensibile laddove impone alle imprese di assicurazioni di “comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza nei confronti dei contraenti e degli assicurati”», poiché le clausole generali a cui la disposizione fa riferimento «corrispondono ad altrettanti canoni positivizzati anche in altri rami dell’ordinamento giuridico (diritto civile), il cui contenuto può anche essere eterointegrato mediante rinvio a norme extragiuridiche o accordi tra le parti».
Con specifico riferimento al caso di specie, pertanto, non è in alcun modo rilevante il fatto che la sanzione abbia inteso punire la violazione di un termine per il pagamento di un premio assicurativo non disposto né direttamente dalla fonte di rango primario, né da specifiche disposizioni regolamentari. Anche se il ragionamento può essere esteso a qualsiasi altro «preciso standard di condotta» contrattualmente definito, decisivo in tal senso è il fatto che il termine in questione fosse previsto in maniera chiara ed inequivoca dall’articolo 15 della polizza assicurativa. Infatti, come viene precisato, la clausola assurge al rango di «regola eterointegrativa dei canoni indicati nell’art. 183 del Codice», ed è quindi legittimata a fungere da base per l’adozione di provvedimenti sanzionatori, pur in assenza di «integrazioni regolamentari volte a specificare ulteriormente la condotta».