CONS. STATO, sez. III, 24 ottobre 2019, n.7214
Il Consiglio di Stato ritiene infondato il secondo motivo di appello col quale si lamenta la grave limitazione imposta dalla disciplina regolamentare del Comune di Rodengo Saiano (BS), ai fini dell'installazione di stazioni radio base, in quanto, come rilevato dallo stesso Consiglio (ordinanza n. 2033 del 27 marzo 2019), “La disciplina in oggetto è stata intesa dalla prevalente giurisprudenza, anche recente (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. VI 13 marzo 2018 n. 1592) nel senso che alle Regioni ed ai Comuni è consentito nell'ambito delle proprie e rispettive competenze individuare criteri localizzativi degli impianti di telefonia mobile (anche espressi sotto forma di divieto) quali ad esempio il divieto di collocare antenne su specifici edifici (ospedali, case di cura ecc.) mentre non è loro consentito introdurre limitazioni alla localizzazione, consistenti in criteri distanziali generici ed eterogenei (prescrizione di distanze minime, da rispettare nell'installazione degli impianti, dal perimetro esterno di edifici destinati ad abitazioni, a luoghi di lavoro o ad attività diverse da quelle specificamente connesse all'esercizio degli impianti stessi, di ospedali, case di cura e di riposo, edifici adibiti al culto, scuole ed asili nido nonché di immobili vincolati ai sensi della legislazione sui beni storico-artistici o individuati come edifici di pregio storico-architettonico, di parchi pubblici, parchi gioco, aree verdi attrezzate ed impianti sportivi)".
Per il Consiglio di Stato “non sono legittimi gli atti che limitino la localizzazione degli impianti relativi ad infrastrutture di reti pubbliche di comunicazioni di carattere generale e riguardanti intere ed estese porzioni del territorio comunale, in assenza di una plausibile ragione giustificativa. Il Comune non può infatti prevedere limiti di carattere generale, volti a tutelare la popolazione dalle immissioni elettromagnetiche, dal momento che a tale funzione provvede lo Stato attraverso la fissazione di determinati parametri inderogabili, il rispetto dei quali è verificato dai competenti organi tecnici. Il regolamento comunale nel disciplinare il corretto insediamento nel territorio degli impianti può contenere regole a tutela di particolari zone e beni di pregio paesaggistico o ambientale o storico- artistico, o anche per la protezione dall'esposizione ai campi elettromagnetici di zone sensibili (scuole, ospedali etc.), ma non può imporre limiti generalizzati all'installazione degli impianti se tali limiti sono incompatibili con l'interesse pubblico alla copertura di rete nel territorio nazionale" (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 3 agosto 2017, n. 3891).
Ebbene, è documentato in atti che il Comune ha individuato per l'istallazione degli impianti aventi una potenza non superiore a 300 Watt tre siti, evidenziati in azzurro.
Tuttavia, le relative disposizioni comunali non hanno previsto limitazioni territoriali di carattere preclusivo.
L'art. 6, comma 3, prevede che "L'installazione di nuovi impianti al di fuori dei siti di cui al comma 1 può essere consentita solo a fronte di specifica richiesta presentata dal gestore, accompagnata da una relazione comprovante la sussistenza di valide motivazioni tecniche che non consentono di utilizzare i suddetti siti".
Tale clausola di salvaguardia prevede, quindi, che comunque il gestore possa documentare la necessità di derogare a quanto previsto ai fini della individuazione dei siti di installazione.
In tal modo, la previsione comunale ha ammesso la realizzazione degli impianti in aree diverse dalle tre considerate preferibili, subordinando la relativa scelta in concreto alla effettiva 'sussistenza di valide motivazioni tecniche'.
La società appellante non si è avvalsa di tale possibilità.
Essa lamenta sul punto che tale disposizione deve ritenersi in sé troppo gravosa e comunque implicante una sfera di discrezionalità in capo all'Amministrazione che osta alla ormai pacifica qualificazione di tali impianti quali opere di urbanizzazione primaria.
Tali considerazioni critiche però non si attagliano alla vicenda, in quanto lo stesso art. 6 prevede una razionale soluzione che ha tenuto conto degli interessi in conflitto e in concreto ha richiesto la proposizione di una apposita istanza "in deroga" da parte del gestore, che non è stata presentata.