- Delibera C.d.M. del 21 dicembre 2019 di impugnazione dell’art. 4 della legge provinciale 17 ottobre 2019, n. 10 “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi della Provincia autonoma di Bolzano derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (Legge europea provinciale 2019)”
- Ricorso per legittimità costituzionale n. 115 del 24 dicembre 2019, pubblicato in G.U. 22 gennaio 2020, n. 4
La legge europea provinciale 2019 ha dettato, ai sensi della legge prov. 12 ottobre 2015, n. 14, disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento provinciale agli obblighi derivanti dall’Unione europea.
In particolare, l’art. 4 (Ordini e collegi professionali - specificità territoriali nell'applicazione dell'articolo 53 della direttiva 2005/36/CE) ha previsto:
"1. Tenuto conto delle specificità territoriali della Provincia autonoma di Bolzano, con particolare riferimento alla tutela delle minoranze linguistiche, l'ordine o collegio professionale competente per l'iscrizione ai sensi della direttiva 2005/36/CE, e successive modifiche, e, del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, e successive modifiche, nel caso della sola conoscenza della lingua tedesca, limita gli effetti dell'iscrizione all'esercizio della professione nel territorio della Provincia autonoma di Bolzano. Resta ferma la vigente normativa in materia di conoscenza della lingua italiana e tedesca nel pubblico impiego".
In sostanza, la Provincia ha stabilito che gli ordini o i collegi professionali possano iscrivere anche professionisti che conoscono solamente la lingua tedesca, limitando tuttavia gli effetti dell’iscrizione all’esercizio della professione al territorio provinciale, facendo salva la normativa in materia di conoscenza della lingua italiana e tedesca nel pubblico impiego.
Per il Governo tale disposizione si pone in contrasto con la direttiva 2005/36/CE, che, per quanto attiene la conoscenza delle lingue, prevede espressamente all’art. 53 che:
“1. I professionisti che beneficiano del riconoscimento delle qualifiche professionali debbano possedere la conoscenza delle lingue necessaria all'esercizio della professione nello Stato membro ospitante.
2. Uno Stato membro assicura che controlli effettuati da un'autorità competente o sotto la sua supervisione per controllare il rispetto dell'obbligo di cui al paragrafo 1 siano limitati alla conoscenza di una lingua ufficiale dello Stato membro ospitante o di una lingua amministrativa dello Stato membro ospitante, a condizione che quest'ultima sia anche una delle lingue ufficiali dell'Unione.
3. I controlli svolti a norma del paragrafo 2 possono essere imposti se la professione da praticarsi ha ripercussioni sulla sicurezza dei pazienti. I controlli possono essere imposti nei confronti di altre professioni nei casi in cui sussista un serio e concreto dubbio in merito alla sussistenza di una conoscenza sufficiente della lingua di lavoro con riguardo alle attività professionali che il professionista intende svolgere.
4. Il controllo linguistico è proporzionato all'attività da eseguire. Il professionista interessato può presentare ricorso ai sensi del diritto nazionale contro tali controlli."
La ratio di tale articolo è evidente: la libertà di stabilimento non è illimitata, ma richiede il soddisfacimento di specifici requisiti, anche linguistici, indispensabili ai fini dell’esercizio delle professioni regolamentate nello Stato membro di destinazione. La prospettiva europea, in merito ai requisiti linguistici, non contempla misure specifiche relativamente alle minoranze linguistiche. Ciò che conta, piuttosto, è che il professionista proveniente da altro Stato membro conosca la lingua necessaria all'esercizio della professione nello Stato membro ospitante. In questo modo quando un professionista intende trasferirsi in Italia, sarà richiesta la conoscenza della lingua italiana.
Inoltre, il decreto legislativo n. 206/2007 recante “Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell’adesione di Bulgaria e Romania” recepisce fedelmente le richiamate disposizioni europee. All’articolo 7 (Conoscenze linguistiche) prevede che:
“1. Fermi restando i requisiti di cui al titolo II ed al titolo III, per l'esercizio della professione i beneficiari del riconoscimento delle qualifiche professionali devono possedere le conoscenze linguistiche necessarie.
1bis. Nel caso in cui la professione ha ripercussioni sulla sicurezza dei pazienti, le Autorità competenti di cui all'articolo 5 devono verificare la conoscenza della lingua italiana. I controlli devono essere effettuati anche relativamente ad altre professioni, nei casi in cui sussista un serio e concreto dubbio in merito alla sussistenza di una conoscenza sufficiente della lingua italiana con riguardo all'attività che il professionista intende svolgere”.
Inoltre, viene previsto che le autorità competenti di cui all'articolo 5 possano stabilire con successivi atti regolamentari o amministrativi, per le professioni di propria competenza, il livello linguistico necessario per il corretto svolgimento della professione e le modalità di verifica.
Pertanto, per il Governo, la disposizione impugnata eccede dalle competenze legislative attribuite alla Provincia dagli articoli 8 e 9 dello statuto speciale e si pone in contrasto con il citato articolo 53 della direttiva europea n. 2005/36/CE, nonché con l'articolo 7 del d.lgs. 206/2007 recante l'attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, in violazione dell’art. 117, co. 1, Cost. della Costituzione, in quanto non rispetta i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e con l'art. 117, co. 2, lett. l) Cost. in materia di ordinamento civile riservata alla competenza statale.
Il Governo evidenzia, inoltre, che la disposizione impugnata risulta lesiva dell'art. 99 dello Statuto speciale per il Trentino Alto Adige, fonte di rango costituzionale, che prevede: “Nella Regione la lingua tedesca è parificata a quella italiana che è la lingua ufficiale dello Stato”.
Al riguardo, la Corte costituzionale con le sentenze n. 159/2009, n. 42/2017, n. 218/2018 e con la sentenza n. 210/2018 ha ribadito che la lingua italiana è l’unica lingua ufficiale del sistema costituzionale.
“La parificazione della lingua italiana e tedesca comporta, per la provincia di Bolzano, l'obbligo del bilinguismo per tutti i pubblici funzionari e gli esercenti di servizi di pubblico interesse dovendosi, in quella provincia, porre sullo stesso piano l'obbligo del cittadino di lingua tedesca di conoscere la lingua italiana e del cittadino di lingua italiana di conoscere la lingua tedesca naturalmente nell'esercizio e per l'esercizio di quelle funzioni pubbliche e di quei servizi di pubblico interesse.
La parificazione delle lingue non rappresenta soltanto un modo di tutela di una minoranza linguistica tale nell'ambito nazionale, ed invece maggioritaria nella provincia di Bolzano ma esprime il riconoscimento (anche in adempimento di obblighi internazionali dello Stato) di una tale situazione di fatto e del dovere di ogni cittadino, quale che sia la sua madre lingua, di essere in grado di comunicare con tutti gli altri cittadini, quando è investito di funzioni pubbliche o è tenuto a prestare un servizio di pubblico interesse. Il precetto, perciò, ha come destinatari non soltanto i cittadini (rientranti in quelle categorie e operanti nella provincia di Bolzano) di lingua madre italiana, ma anche quelli di lingua madre tedesca e, lungi dal violare, realizza il principio di eguaglianza, rispetto al quale, come ebbe già a rilevare questa Corte (sent. n. 86 del 1975) "rappresenta qualcosa di diverso e di più", in puntuale applicazione dell'art. 6 Cost.” (sent. n. 312/1983).
Pertanto, tale disposizione, secondo il Governo, eccede dalle competenze legislative attribuite alla Provincia dall'art. 99 St. speciale”.
Per il Governo l'art. 4 si pone, altresì, in contrasto con l’art. 2229 c.c. che prevede che la legge determini le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi e che l’accertamento per l’iscrizione negli albi o negli elenchi, la tenuta dei medesimi e il potere disciplinare sugli iscritti sono demandati alle associazioni professionali sotto la vigilanza dello Stato, salvo che la legge disponga diversamente. Gli ordini professionali in Italia sono enti pubblici non economici.
La stessa Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge della Regione Toscana n. 50/2004 in quanto prevedeva la costituzione, da parte di Collegi e Ordini professionali, di proprie strutture interne, denominate “coordinamenti regionali”, dotate di autonomia finanziaria e organizzativa, affermando che “La vigente normazione riguardante gli Ordini e i Collegi risponde all' esigenza di tutelare un rilevante interesse pubblico la cui unitaria salvaguardia richiede che sia lo Stato a prevedere specifici requisiti di accesso e ad istituire appositi enti pubblici ad appartenenza necessaria, cui affidare il compito di curare la tenuta degli albi nonché di controllare il possesso e la permanenza dei requisiti in capo a coloro che sono già iscritti o che aspirino ad iscriversi. Ciò è, infatti, finalizzato a garantire il corretto esercizio della professione a tutela dell'affidamento della collettività. Dalla dimensione nazionale – e non locale – dell'interesse sotteso e dalla sua infrazionabilità deriva che ad essere implicata sia la materia “ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali”, che l'art. 117, co. 2, lett. g), Cost. riserva alla competenza esclusiva dello Stato".
Inoltre, la Corte si è occupata in plurime occasioni di disposizioni regionali relative ad albi professionali, rappresentando l’esigenza di contenere la materia “professioni”, la quale pur esulando dalle competenze statutarie, deve ritenersi attribuita a tale Provincia ad autonomia differenziata dall'art. 117, terzo comma, Cost., ai sensi della clausola di equiparazione di cui all'art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001.
Nella sentenza n. 328/2009 la il giudice costituzionale ha ribadito che “la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle professioni deve rispettare il principio secondo cui l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle Regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale. Tale principio, al di là della particolare attuazione ad opera dei singoli precetti normativi, si configura infatti quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale” (sentenza n. 138 del 2009, nonché, fra le altre, sentenze n. 57 del 2007, n. 424 del 2006 e n. 153 del 2006).
Ha, altresì, precisato che la “istituzione di un registro professionale e la previsione delle condizioni per la iscrizione in esso hanno già, di per sé, una funzione individuatrice della professione, preclusa alla competenza regionale” (sentenze n. 138 del 2009, n. 93 del 2008, n. 300 del 2007 e n. 355 del 2005)….– Non diversamente da quanto sopra indicato si atteggia la questione relativa alla dedotta illegittimità costituzionale dell’art. 22 della legge regionale n. 5 del 2008, nella parte in cui esso, al comma 2, prevede che possano svolgere, per conto della “struttura amministrativa”, le funzioni di revisore cooperativo anche i revisori contabili, iscritti nel relativo registro tenuto presso il Ministero della giustizia, in quanto dotati di “una specifica competenza in materia di enti cooperativi”. In tal modo, infatti, la legge regionale finisce per enucleare, nell’ambito di una categoria professionale prevista da normativa statale, a partire dal d.lgs. n. 88 del 1992, un segmento di essa dotato di una particolare legittimazione professionale, diversificando, quindi, in maniera inammissibile per il legislatore regionale, nel più ampio genere dei revisori contabili, la specie di quelli abilitati anche allo svolgimento delle funzioni di revisori cooperativi.”.
In particolare, considerando i rilievi critici sopra formulati, per quanto specificamente attiene ai medici e agli altri professionisti sanitari, si evidenzia che per l'esercizio di una professione sanitaria è obbligatoria ai sensi dell'articolo 5 del d.lgs. C.P.S. del 13 settembre 1946 n.233 e s.m.i. l'iscrizione al relativo albo professionale.
Laddove la qualifica professionale sia stata conseguita all’estero, per esercitare in Italia la relativa professione sanitaria, occorre ottenere il riconoscimento della qualifica medesima e, solo a seguito di tale riconoscimento, è possibile l’iscrizione all’Ordine professionale di riferimento, previo accertamento della conoscenza della lingua italiana.
Ciò viene avvalorato dal citato art. 53 della direttiva 2005/36/CE, il cui intero contenuto viene qui richiamato integralmente, che prevede che "I professionisti che beneficiano del riconoscimento delle qualifiche professionali possiedono la conoscenza delle lingue necessaria all'esercizio della professione nello Stato membro ospitante".
Il fatto che la conoscenza della lingua italiana sia indispensabile per l’esercizio di ogni professione sanitaria trova ulteriore conferma nella previsione di cui all’art. 7, paragrafo 2, lettera f) della Direttiva 2005/36/CE, in cui è previsto che nel caso in cui il prestatore si sposti, per la prima volta, da uno Stato membro all’altro per fornire servizi, il medesimo debba produrre “per le professioni che hanno implicazioni per la sicurezza dei pazienti, una dichiarazione della conoscenza, da parte del richiedente, della lingua necessaria all'esercizio della professione nello Stato membro ospitante”.
Depone in tal senso anche l’art. 50, comma 4, del D.P.R. n. 394 del 1999, “Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell'articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286”, laddove precisa che “l'iscrizione negli albi professionali e quella negli elenchi speciali di cui al comma 1 sono disposte previo accertamento della conoscenza della lingua Italiana e delle speciali disposizioni che regolano l'esercizio professionale in Italia, con modalità stabilite dal Ministero della sanità. All'accertamento provvedono, prima dell'iscrizione, gli ordini e collegi professionali e il Ministero della sanità, con oneri a carico degli interessati”.
Dal quadro normativo appena tratteggiato si desume chiaramente che, per poter esercitare in Italia una professione sanitaria, è necessario essere in possesso della conoscenza della lingua italiana. Infatti, l’art. 99 dello Statuto speciale stabilisce che: “Nella regione la lingua tedesca è parificata a quella italiana che è la lingua ufficiale dello Stato. La lingua italiana fa testo negli atti aventi carattere legislativo e nei casi nei quali dal presente statuto è prevista la redazione bilingue”. Nell’ottica di garantire la tutela della salute pubblica, la suddetta parificazione, in ambito linguistico, deve essere intesa nel senso che la conoscenza della lingua tedesca può eventualmente affiancarsi alla conoscenza della lingua italiana, da cui, comunque, non si può prescindere.
Ciò posto la riportata disposizione provinciale per quanto concerne l’esercizio delle professioni sanitarie non solo si pone in contrasto con la specifica norma statale (articolo 5, comma 2, D.Lgs. CPS n. 233/1946; articoli 10 e 13 DPR n. 221/1950; articolo 7, comma 1, lettera f), D.Lgs. n. 206/2007) ed europea (articolo 7, paragrafo 2, direttiva 2005/36/CE), ma eccede anche la competenza legislativa della Provincia autonoma di Bolzano, invadendo quella riservata al legislatore statale.
Infatti il DPR 474/1975 – che detta norme di attuazione dello statuto per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanità – stabilisce espressamente all’articolo 3 che “restano ferme le competenze degli organi statali in ordine: (…) 9. alle professioni sanitarie, agli ordini e collegi professionali ed agli esami di idoneità per l’esercizio della professione medica negli ospedali (…)”.
È indubbio, pertanto, che la materia regolata dalla menzionata norma provinciale, quantomeno per ciò che riguarda le professioni sanitarie, esuli dalla competenza della Provincia Autonoma.
Infatti, se è vero che la Provincia autonoma può adottare norme di legge per l’attuazione della normativa dell’Unione europea, è tuttavia altrettanto vero che ciò riguarda esclusivamente le materie di sua competenza, come è espressamente stabilito dall’articolo 7 DPR n. 526/1987 e dall’articolo 40, comma 1, L. n. 234/2012, nonché esplicitamente ribadito dall’articolo 1, comma 1, della L.P. n. 14/2015 (Disposizioni sulla partecipazione della Provincia autonoma di Bolzano alla formazione e all’attuazione della normativa dell’Unione europea.
Tanto premesso, il Governo conclude nel senso di ritenere che i professionisti sanitari, per poter esercitare la propria attività, devono necessariamente conoscere la lingua italiana ai fini dell’iscrizione presso il proprio albo di riferimento, onde evitare un pregiudizio per la tutela della salute degli assistiti.
Al riguardo, richiama la giurisprudenza costituzionale che ha chiarito come la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle “professioni” debba rispettare il principio per cui non solo l’individuazione delle figure professionali, ma anche la definizione dei relativi titoli abilitanti, per il suo carattere necessariamente unitario, è riservata allo Stato (sentenze n. 153 del 2006 e n. 300 del 2007), e si ricorda come tale principio, al di là della particolare attuazione ad opera dei singoli precetti normativi, si configura quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale (cfr. anche sentenze n. 98 del 2013, n. 138 del 2009, n. 93 del 2008, n. 300 del 2007, n. 40 del 2006).
Pertanto, a fronte di quanto sopra esposto, ritiene che l’articolo 4 disciplinando, asseritamente in virtù dell’articolo 53 della citata direttiva, una forma di iscrizione “speciale”, avente efficacia limitata (sotto il profilo territoriale), nelle ipotesi in cui il richiedente dimostri la sola conoscenza della lingua tedesca, introduca una sotto-sezione di professionisti “mono-lingua” (nella specie corrispondente alla lingua tedesca) che possano esercitare nel territorio della Provincia di Bolzano, eccede dalle competenze legislative attribuite alla Provincia dagli articoli 8 e 9 dello statuto speciale per il Trentino Alto Adige, d.P.R. n. 670 del 1972, ponendosi in contrasto con il citato articolo 53 della direttiva europea n. 2005/36/CE, che fa riferimento alla lingua dello Stato membro ospitante, per ritagliare un ambito territoriale di efficacia del meccanismo di riconoscimento sconosciuto alla disciplina europea, nonché con l'articolo 7 del d.lgs. N. 206/2007 recante l'attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, in violazione dell’articolo 117, primo comma, della Costituzione, in quanto non rispetta i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e con l'articolo 117, secondo comma lettera l) Cost. in materia di ordinamento civile riservata alla competenza statale. Inoltre, disciplinando in materia di Collegi e Ordini professionali contrasta con la vigente normativa nazionale in violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera g) della Costituzione che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia dell'ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali nonché incidendo altresì nella materia delle "professioni" viola l'articolo 117, terzo comma, Cost.