Sentenza n. 104/2021 – La questione origina da un ricorso in via principale relativo agli artt. 10, commi 1 e 2, e 18, commi 1 e 2, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi), convertito, con modificazioni, nella legge 28 giu-gno 2019, n. 58, promosso dalla Regione Umbria e dalla Regione Toscana.
Per effetto della rinuncia all’impugnazione dell’art.10, pur interessante sul piano delle fonti, la pronuncia si concentra sull’art.18 della norma impugnata che riguarda l’ambito di operatività del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (Fondo statale).
Rispetto al profilo, poi non esaminato, dalla Corte per l’effetto dell’anzidetta rinuncia all’impugnazione, la questione aveva riguardo alla disciplina, di grande attualità, relati-va agli incentivi per gli interventi di efficientamento energetico. La norma indubbiata, riconosce la possibilità che il titolare (privato) del diritto alla detrazione possa cederlo all’esecutore delle opere che, a sua volta, succederà nel beneficio di ottenere detrazioni per cinque annualità fiscali. Tale sistema, che realizza un evidente vantaggio per il pro-prietario dell’immobile sul quale vengono eseguiti gli interventi in quanto consente di ottenere uno sconto immediato e non diluito nel tempo, corre il rischio di favorire le imprese che dispongono di capacità economica tale da potersi permettere di anticipare nell’immediatio maggiori o addirittura la totalità dei costi necessari per realizzare l’intervento.
Sul piano delle fonti la problematica denuncia, in effetti, tanto la potenziale lesione spe-cificamente, almeno dell’art.117, quarto comma, Cost. che riconosce la competenza re-gionale in materia di “incentivi e aiuti a le imprese”, e soprattutto degli artt. 3 e 41 Cost. nella misura in cui le piccole e medie imprese potrebbero risultare escluse dalla possibi-lità di competere con quelle di maggiori dimensioni, con danno che si potrebbe altresì riversare indirettamente sulla protezione del consumatore (art.169 TFUE). La diminu-zione dei soggetti capaci di offrire le prestazioni in discorso, determinata da provvedi-menti di regolazione del mercato, invece di aumentare la possibilità di scelta del consu-matore, infatti, potrebbe finire per limitarla sensibilmente. Una questione che, dunque, rimane aperta perché non analizzata e decisa dalla Corte.
La questione “sopravvissuta” alle rinunce medio tempore intervenute riguarda invece l’art. 18, commi 1 e 2, del d.l. n. 34 del 2019: “Il comma 1 di questa disposizione – rubricata «Norme in materia di semplificazione per la gestione del Fondo di garanzia per le PMI» – elimina la previsione dell’art. 18, comma 1, lettera r), secondo perio-do, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e com-piti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59). Con essa era affidato alla Conferenza unificata il potere di individuare, «tenuto conto dell’esistenza di fondi regionali di garanzia, le regioni sul cui territorio il fondo limita il proprio intervento alla controgaranzia dei predetti fondi regionali e dei consorzi di garanzia collettiva. Il comma 2 dell’art. 18, impugnato dalla sola Regione Umbria, stabilisce il termine di efficacia della limita-zione dell’intervento del predetto Fondo di garanzia nelle Regioni sul cui territorio essa è già disposta”.
La questione ha un rilievo sul piano delle fonti soprattutto per i rapporti con gli strumenti di garanzia regionali e per l’eliminazione dell’intervento, nel processo decisiona-le, della conferenza unificata.
Contraddicendo l’impostazione della problematica proposta dalle regioni, la Corte affronta la questione dal punto di vista sistematico, individuando nella disciplina impu-gnata la volontà di risistemare la materia degli aiuti alle piccole e medie imprese cui la predisposizione dei Fondi di garanzia è indirizzata con una (ri)centralizzazione stru-mentale all’interesse perseguito. In tal modo il comma 1 dell’art.18 della legge impugna-ta, eliminando l’intervento della Conferenza unificata che aveva il potere di individuare “tenuto conto dell’esistenza di fondi regionali di garanzia, le regioni sul cui territorio il fondo limita il proprio intervento alla controgaranzia dei predetti fondi regionali e dei consorzi di garanzia collettiva fidi”, viene considerato dalla Corte come strumento per valorizzare l’intervento pubblico di garanzia -centralizzato a livello nazionale- che, per questa via, recupera la propria piena operatività, eliminando le precedenti limitazioni che lo interessavano. Nella congerie delle materie che intersecano la questione viene, dunque, riconosciuto che la normativa indubbiata intende in realtà superare le criticità denunciate dalla precedente disciplina valorizzando gli aspetti concorrenziali nell’ottica di un complessivo disegno di politica economica che rientra pienamente nelle attribu-zioni statali.
La questione viene, pertanto, risolta dalla Corte dando preminenza alla trasversalità della materia tutela della concorrenza quando sia in evidenza l’equilibrio economico generale (rientrando, invece, nella competenza regionale gli interventi sintonizzati sulla realtà produttiva regionale).
Tuttavia, la Corte tiene in ultimo a ribadire, come principio di metodo, che lo sviluppo di meccanismi collaborativi Stato-regione, anche se non costituzionalmente dovuto, è un’opzione che il legislatore può (dovrebbe) attentamente considerare.