In mancanza di significative novità con riferimento allo Stato, vediamo quali regole le Regioni si sono date per garantire la buona qualità delle loro leggi. La ricerca è stata facilitata dall’Annuario 219 dell’Osservatorio AIR che, nel dicembre 2020, ha pubblicato uno studio su “L’analisi di impatto e gli altri strumenti per la qualità della regolazione” curato da Gabriele Mazzantini e Laura Tafani, che ha dedicato il nono capitolo alla “Better regulation a livello regionale e locale”: autori, Giovanna Perniciari (dirigente di II fascia della Corte dei Conti e dottore di ricerca in diritto pubblico) e Simone Annaratone (collaboratore scientifico dell’Osservatorio AIR dal 2019).
Quali regole le Regioni e le Province autonome hanno previsto lo si riesce ad accertare, non senza difficoltà, utilizzando i siti dei Consigli regionali, le relazioni annuali sull’attività dei Consigli regionali, che però non tutte le Regioni fanno, e le banche dati della legislazione regionale. Questo il quadro risultante dall’Annuario 2019 con qualche nostra correzione e integrazione.
ABRUZZO, artt. 26 e 40 dello Statuto e L.R. 26/2010
BASILICATA, art. 44 dello Statuto e L.R. 19/2001
CALABRIA, art. 44 dello Statuto
CAMPANIA, ART. 29 dello Statuto e L.R. 11/2015
EMILIA R., art. 53 dello Statuto e L.R.18/2011
FRIULI V.G., zero
LAZIO, art. 21.4 dello statuto; L.R.7/2016
LIGURIA, L.R. 3/2011
LOMBARDIA, artt. 14, 44 e 45 dello Statuto e L.R. 20/2017
MARCHE, art. 34 dello Statuto e L.R. 3/2015
MOLISE, art. 37 dello Statuto
PIEMONTE, artt. 48 e 71 dello Statuto e L.R. 13/2005
PUGLIA, art. 37 dello Statuto e L.R. 29/2011
SARDEGNA, L.R. 24/2016
SICILIA, zero
TOSCANA, art. 44 e 45 dello Statuto e L.R. 55/2008
UMBRIA, art. 61 dello Statuto e artt. 15 e 40 del regolamento interno
VALLE D’AOSTA, zero
VENETO, art. 23 dello Statuto
PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO, zero
PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, L.P. 5/2013
Come prima considerazione, osservo che nelle Regioni speciali gli statuti non si occupano della qualità della normazione. Quel che sorprende non è il silenzio di fonti del 1948 (1963 per il Friuli V.G.), ma il fatto che non siano state utilizzate le norme di attuazione che, com’è noto, possono riguardare anche materie di cui gli statuti non si occupano. Sardegna e Provincia di Trento, pur nel silenzio statutario, hanno utilizzato la loro potestà legislativa per dettare qualche norma sulla qualità della normazione.
La legge sarda prevede la riduzione del numero delle leggi, chiarezza nella formulazione dei testi normativi, rispetto delle regole di tecnica legislativa, testi unici modificabili solo con abrogazioni espresse, ATN obbligatoria per la Giunta, ma redatta non dalla struttura che propone il provvedimento, ma da una struttura preposta all’assistenza tecnico giuridica e legislativa, che dovrebbe anche provvedere alla redazione dell’AIR. La legge non dice quando deve essere fatta l’AIR perché rimette tale valutazione alla Giunta. Mi pare destinata all’ inattuazione la norma che affida l’AIR ad una struttura competente a svolgere valutazioni giuridiche che non servono quando si deve valutare, in via preventiva, gli effetti della normativa in itinere sulle imprese, i cittadini e la pubblica amministrazione.
Nella Provincia di Trento, la legge n. 5 del 2013 disciplina soltanto il controllo sull’attuazione delle leggi provinciali e la valutazione degli effetti delle politiche pubbliche, prevedendo, all’inizio della legislatura, un accordo tra i due presidenti, della Provincia e del Consiglio provinciale, per la redazione di un programma dei controlli, coadiuvati da un tavolo di coordinamento composto da un membro di Giunta e quattro consiglieri di cui due della minoranza. Anche questi controlli fanno parte della buona qualità della normazione perché è il confronto tra AIR e VIR che evidenzia la necessità o meno di un nuovo intervento legislativo.
E veniamo alle Regioni ordinarie, con l’avvertenza che si trovano, con fatica, le varie e diverse normative regionali sulla qualità della normazione, ma non la loro attuazione. Aiutano, in questa direzione, l’Annuario 2019 e le relazioni annuali sull’attività dei Consigli regionali, che però non tutte le Regioni fanno.
Nei primi statuti del 1970 non si parlava di qualità della normazione. In quelli attuali sì, anche se si parla più di drafting che di AIR o di VIR. Gli statuti calabro e umbro avevano previsto un Comitato sulla qualità delle leggi, ma tale previsione è stata successivamente soppressa. Puglia e Toscana prevedono la improcedibilità dei disegni di legge che non rispettano le regole sulla qualità della normazione. Tutti gli statuti, tranne quello del Piemonte, si occupano dei testi unici per prevedere un procedimento più veloce e, soprattutto, la sola abrogazione espressa. Quindi, quasi tutte le Regioni hanno oggi la possibilità di riordinare la propria legislazione in Testi Unici, togliendo le norme non più efficaci e modificando quelle obsolete, con la garanzia che questo faticoso riordino non potrà essere spazzato via, con l’abrogazione tacita, dalla legislazione successiva, perché gli statuti prevedono che i testi unici possono essere modificati solo espressamente.
Nello stabilire regole statutarie sulla qualità della normazione, occorre un bilanciamento tra due rischi: quello di essere evanescenti e quello di irrigidire norme che sono ontologicamente dinamiche. Gli statuti hanno senz’altro evitato il secondo rischio, ma anche l’evanescenza poteva essere evitata utilizzando le tante proposte formulate in varie sedi anche comunitarie.
Drafting. L’OLI (Osservatorio legislativo interregionale), su incarico della Conferenza dei presidenti delle assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome, ha approvato nel 2007 Regole e suggerimenti per la redazione dei testi normativi, che quasi tutti gli Uffici di presidenza dei Consigli regionali hanno adottato e reso obbligatorie per gli uffici competenti a svolgere l’istruttoria sui progetti di legge all’esame dei Consigli regionali. Tali regole sono comunque seguite, anche se non adottate dagli Uffici di presidenza consiliari, e sono diverse da quelle dettate dal Governo e dalle Camere per l’esame delle proposte di legge statali, contenute in una circolare del 20 aprile 2001 dei presidenti delle due Camere e della Presidenza del Consiglio dei ministri. L’esistenza di due manuali di drafting è un’evidente anomalia, perché le regole di drafting non sono dettate da scelte politiche e non ha senso, pertanto, che vi siano due manuali, uno per il Governo e le Camere e uno per i Consigli regionali. Le regole dello Stato sono del 2001; quelle delle Regioni del 2007. Tutte e due andrebbero quindi aggiornate e l’aggiornamento potrebbe essere l’occasione per la redazione di un unico manuale. Se ne parla da più di un decennio, da quando cioè il 29 marzo 2007 Stato e Regioni firmarono un accordo con il quale le due parti si impegnavano ad unificare i manuali statali e regionali in materia di drafting di testi normativi (art. 14 dell’Accordo).
ATN (Analisi tecnica normativa). Gli uffici legislativi dei Consigli regionali segnalano alle Commissioni consiliari eventuali problemi di legittimità dei disegni di legge regionali redigendo schede trasmesse a tutti i membri della Commissione incaricata dell’esame del disegno di legge. Tali valutazioni sono a volte espressamente prescritte dagli Uffici di presidenza consiliari, ma la valutazione della legittimità del disegno di legge rientra, comunque, tra i compiti propri degli uffici legislativi che tutte le assemblee regionali hanno e pertanto le valutazioni richieste dall’ATN sono di generale applicazione da parte delle Regioni.
AIR (Analisi di impatto della regolamentazione). L’Annuario segnala che dal 2016 le Regioni sembrano aver abbandonato l’analisi di impatto della regolamentazione. Significativa, a questo proposito, l’esperienza della Regione Toscana nella quale lo strumento di valutazione preventiva degli effetti della nuova normativa su imprese, cittadini e pubblica amministrazione, utilizzato in modo sistematico dal 2001, si è progressivamente ridotto fino a cessare del tutto nel 2013. Le valutazioni richieste dall’AIR richiedono competenze diverse da quelle giuridiche, che i Consigli regionali non hanno, tempi lunghi e non poche risorse: probabilmente per questo, finita l’esperienza toscana, non si conoscono significative esperienze delle altre Regioni.
VIR (Valutazione di impatto della regolamentazione). Nello Stato solo poche esperienze, mentre nelle Regioni la verifica dell’attuazione delle nuove leggi e la valutazione dei loro esiti è diffusa perché i Consigli regionali, privati della elezione del presidente della Regione, hanno inteso affermare il loro ruolo attivando i controlli sull’esecutivo in due differenti modi: con le clausole valutative e la istituzione di nuovi organi regionali dedicati a questa funzione. E per poter esercitare di fatto la funzione del controllo sull’esecutivo i Consigli si sono attrezzati con il Progetto CAPIRE che, come dice il suo acronimo ( Controllo delle Assemblee sulle Politiche e gli Interventi regionali), si propone di promuovere l’attività consiliare di controllo sull’attuazione delle leggi regionali e la valutazione sui loro effetti: e quindi sono stati promossi seminari e convegni per i consiglieri regionali e corsi di formazione per il personale dei Consigli regionali.
Le clausole di valutazione sono specifici articoli, inseriti nel progetto di legge, che impongono al soggetto incaricato dell’attuazione, che nella stragrande maggioranza dei casi si identifica con la Giunta regionale, l’obbligo di raccogliere, elaborare e infine comunicare al Consiglio informazioni selezionate per verificare se la nuova normativa è stata attuata e quali sono stati gli effetti prodotti. Non sempre i Governi regionali danno le informazioni che le clausole valutative hanno previsto; non sempre sono esaurienti e, quando lo sono, non sempre vengono discusse in Commissione o in aula.
La Lombardia, il Lazio e l’Umbria svolgono queste due attività e cioè verificare l’attuazione delle leggi e valutarne gli effetti prodotti, mediante appositi organi regionali, paritetici, che svolgono anche altre funzioni, come proporre l’inserimento di clausole valutative nelle proposte di legge; esprimere pareri non vincolanti alle Commissioni consiliari permanenti; proporre missioni valutative su politiche promosse dalle leggi regionali. Nelle altre Regioni, la verifica dell’attuazione delle leggi ed i loro esiti sono affidati o ad una Commissione consiliare permanente (Liguria) o alla stessa Assemblea (Emilia R. e Veneto).
Concludendo, su drafting e ATN Stato e Regioni, se vogliono fare passi avanti, hanno le strutture per farlo e cioè gli uffici legislativi dei Ministeri, degli esecutivi regionali e dei Consigli regionali. Le Regioni, in più, hanno la possibilità di riordinare completamente la loro normativa con i Testi Unici che mettono al bando le abrogazioni tacite foriere di tante incertezze. Lo Stato è più avanti delle Regioni in materia di AIR, ma non ha risolto il problema dei soggetti responsabili della sua attuazione, che non possono essere gli Uffici legislativi dei Ministeri, perché non hanno al loro interno le professionalità necessarie. Resta (per me) un mistero l’abbandono dell’AIR da parte di molte Regioni, perché controllare l’attuazione delle leggi e verificarne gli effetti dovrebbe essere il compito di ogni legislatore ed invece stenta a decollare, probabilmente perché non si vuole far conoscere alle opposizioni quello che non è stato fatto. Ben vengano, infine, i maggiori controlli sugli esecutivi da parte dei Consigli regionali senza dei quali cambierebbe la forma di governo regionale: da neo parlamentare a presidenziale.