T.A.R. CAMPANIA, Napoli, 28 ottobre 2021, n. 6777
Nel nuovo quadro delle autonomie locali, ai fini della rappresentanza in giudizio del Comune, l'autorizzazione alla lite da parte della giunta comunale non costituisce più, in linea generale, atto necessario ai fini della proposizione o della resistenza all'azione: salva restando la possibilità per lo statuto comunale competente a stabilire i modi di esercizio della rappresentanza legale dell'ente, anche in giudizio (L. n. 142 del 1990, "ex" art. 36 e 35; D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 6, comma 2, testo unico delle leggi sull'ordinamento delle autonomie locali) - di prevedere l'autorizzazione della giunta, ovvero di richiedere una preventiva determinazione del competente dirigente (ovvero, ancora, di postulare l'uno o l'altro intervento in relazione alla natura o all'oggetto della controversia: Cass. sez. un. 12868/2005; 186/2001) (Cassazione Civile, sez. I, 20 marzo 2014, n. 6555).
Nel caso di specie, in mancanza di una disposizione statutaria che la richieda espressamente, l’autorizzazione alla lite da parte della giunta municipale non costituisce atto necessario ai fini del promuovimento di azioni o della resistenza in giudizio da parte del sindaco. Quest’ultimo, infatti, trae la propria investitura direttamente dal corpo elettorale e costituisce, esso stesso, fonte di legittimazione dei componenti della giunta municipale, nel quadro di un sistema costituzionale e normativo di riferimento profondamente influenzato dalle modifiche apportate al Titolo V della Parte 2″ della Costituzione dalla Legge Costituzionale 3/2001 nonché di quelle introdotte dalla L. n. 131 del 2003 con ripercussioni anche sull’impianto del D.Lgs. n. 267 del 2000, il cui art. 50 indica il sindaco quale organo responsabile dell’amministrazione comunale e gli attribuisce la rappresentanza dell’ente (ex multis Corte di Cassazione sentenza n. 21330/06) (Corte di Cassazione, Sezione V Civile, 11 dicembre 2015, n. 24996).