T.A.R. SICILIA, Catania, 11 febbraio 2022, n. 400
Com’è noto, l’istituto della disapplicazione ha trovato ormai stabile applicazione (anche) nell’ambito del giudizio amministrativo quale “strumento per la risoluzione delle antinomie tra fonti del diritto che trova fondamento nel principio della graduazione della forza delle diverse fonti normative tutte astrattamente applicabili e, pertanto, presuppone, come già chiarito da questo Consiglio (ex ceteris, C.d.S., sez. VI, 5 gennaio 2015, n.1), che il precetto contenuto nella norma regolamentare si ponga in contrasto diretto con quello contenuto in altra fonte di grado superiore”[ex plurimis, Consiglio di Stato, sez. II, 9 gennaio 2020, n. 219]. Il problema, però, è che il rapporto fra leggi statali – ove anche adottate a norma della lettera p) del secondo comma dell’art. 117 Cost., che riconosce allo Stato competenza esclusiva in materia di “legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane” – e Statuti Comunali non è più di sovraordinazione delle prime ai secondi: le quali ultime costituiscono piuttosto “fonti paraprimarie o subprimarie”(Cass. civ. Sez. V, Ord., 29 ottobre 2021, n. 30655).
Fra tali due diversi tipi di fonti del diritto, dopo la riforma del Titolo V della Costituzione operata dalla L. C. n. 3/2001, non esiste più un rapporto di gerarchia fra quella primaria (la legge nazionale) e quella secondaria (lo Statuto comunale), bensì un riparto di competenze. In quest’ottica, l’art. 33 dello Statuto del Comune di Castel di Iudica occupa uno spazio che proprio la più recente fra le Leggi Statali concernenti “organi di governo e funzioni fondamentali d(e)i Comuni”, ovvero il D. Lgs. n. 267/2000, delimita al secondo comma del suo art. 6, ivi prevedendo che “lo statuto, nell'ambito dei princìpi fissati dal presente testo unico, stabilisce le norme fondamentali dell'organizzazione dell'ente e, in particolare, specifica le attribuzioni degli organi”. Né ad un tale riconoscimento di legittimità dell’art. 33 dello Statuto del Comune di Castel di Iudica nuoce la peculiarità dell’ordinamento regionale siciliano. Se infatti è vero che la materia “regime degli enti locali e circoscrizioni relative” rientra nel novero di quelle rispetto alle quali, in qualità di ente regionale ad autonomia statutariamente riconosciuta, la Regione Siciliana esercita un potere di normazione autonoma a norma della lettera o) dell’art. 14 del suo Statuto, altrettanto vero è che l’esercizio di tale potere, sempre in base alla predetta norma, deve comunque avvenire “senza pregiudizio delle riforme agrarie e industriali deliberate dalla Costituente del popolo italiano”. Posto allora la innegabile natura di riforma ad impatto costituzionale di quella operata dalle leggi che hanno definitivamente separato fra loro le aree della gestione burocratica e dell’indirizzo politico-amministrativo all’interno delle PP.AA. – inizialmente proprio muovendo da una nuova disciplina delle funzioni degli enti locali ad opera della L. n. 142/1990; e poi estendendo quel distinguo (tendenzialmente) alla generalità delle PP.AA. con il D. Lgs. n. 29/1993 (con ulteriori perfezionamenti, tanto nel primo che nel secondo ambito: nel primo caso ad opera del D. Lgs. n. 267/2000, e nel secondo ad opera del D. Lgs. n. 165/2001) -, il Collegio ritiene di dover confermare la validità dell’art. 33 dello Statuto del Comune di Castel di Iudica.