La legge regionale Emilia Romagna n. 7 del 2023: la partecipazione della Regione al diritto europeo (3/2023)

1. Il 12 luglio 2023 il Consiglio regionale dell’Emilia Romagna ha emanato la legge n. 7 recante “Abrogazioni e modifiche di leggi e disposizioni regionali in collegamento con la sessione europea 2023. Altri interventi di adeguamento normativo”. Il complessivo obiettivo della legge, enunciato nel primo articolo, è quello di semplificare il sistema normativo regionale non solo in ossequio al principio di miglioramento della qualità della legislazione (di cui alla l.r. n. 18/2011) ma anche in attuazione del principio di revisione periodica della normativa previsto dalle politiche di better regulation europee espresse, in particolare, dal Regulatory Fitness and Performance Programme-REFIT (Programma di controllo dell’adeguatezza e dell’efficacia della regolamentazione)[1]. Per rispondere a tale obiettivo, l’intervento normativo agisce attraverso l’abrogazione espressa di leggi e di singole disposizioni normative regionali in parte già implicitamente abrogate o, ad ogni modo, non più operanti e nemmeno applicate. Accanto a queste esigenze di semplificazione, la legge si propone inoltre di introdurre disposizioni di modifica connesse a specifiche esigenze di adeguamento normativo di leggi regionali quali la legge regionale 28 luglio 2008, n. 16 con cui si disciplina la partecipazione della Regione Emilia-Romagna alla formazione e attuazione delle politiche e del diritto dell’Unione europea[2].

 

2. Come è noto, infatti, la fonte prevalentemente utilizzata dalle Regioni per definire i rapporti con l’Unione europea e il Parlamento, nella trama di rapporti intessuta ai fini del processo decisionale europeo, è – al di là delle più scarne previsioni racchiuse negli Statuti – la legge ordinaria, con la quale i Consigli regionali elaborano interventi ad hoc che confluiscono nelle cd. leggi di procedura di cui sono oramai dotate quasi tutte le Regioni[3]. Con ricchezza e margini di precisione diversificati, le leggi di procedura racchiudono uno strumentario – in alcuni casi arricchito anche da previsioni contenute nei regolamenti interni dei Consigli regionali – a tratti omogeneo nella sostanza e similmente improntato ad una apertura verso la collaborazione nella creazione di un sistema legislativo euro-unitario.

Numerosi sono gli strumenti in cui ci si imbatte scorrendo le leggi di procedura: un obbligo informativo che la Giunta assolve inviando al Consiglio regionale una relazione programmatica nella quale si dà conto degli orientamenti che l’organo esecutivo vuole seguire nell’anno in corso nei rapporti con l’Unione europea; la costituzione di una sessione europea ritagliata nell’ambito dei lavori del Consiglio e votata all’esame del programma legislativo della Commissione europea; la disciplina del potere del Consiglio di esprimere indirizzi alla Giunta per sollecitare quest’ultima a svolgere una attività di pressione perché sia sollevata da parte della Conferenza permanente una riserva di riesame; la produzione di osservazioni da parte del Consiglio, poi poste all’attenzione della Commissione consiliare competente; l’approvazione di risoluzioni del Consiglio rispetto alla verifica del principio di sussidiarietà che vengono successivamente trasmesse alla Giunta ai fini di un raccordo tra i due organi; la disciplina del flusso informativo che – specularmente allo scambio di informazioni che intercorre tra Governo e Parlamento – vede coinvolta la Giunta e il Consiglio; la creazione di una Commissione consiliare competente in materia di politiche europee che viene investita di un compito essenziale nella fase ascendente e, in particolar modo, in costanza delle verifiche sul rispetto del principio di sussidiarietà.

3. Per quel che concerne l’Emilia-Romagna, questi strumenti di partecipazione della Regione al processo decisionale e all’attuazione del diritto europeo trovano disciplina nella legge regionale n. 16 del 2008 che è stata, come anticipato, oggetto di modifiche già nel 2018 con la l.r. n. 6 ma, più di recente, con la l.r. 7 del 2023. Si tratta di modifiche che, sebbene non messe in risalto dalla scelta di introdurle con una legge dal contenuto plurimo, articolato e disomogeneo, rinnovano il sentore di una profonda attenzione da parte della Regione Emilia-Romagna per la sua partecipazione alla formazione e attuazione del diritto europeo e anche per una sensibilità del Consiglio regionale nell’affermare il suo ruolo nell’ambito di un delicato processo politico. Si ricordi, a questo proposito, come l’Emilia-Romagna sia stata la prima ad aver previsto, proprio con la l.r. 16/2008, l’istituzione della sessione europea che “rappresenta un momento di congiunzione della partecipazione regionale alla fase ascendente e a quella discendente”[4]. La sessione europea rappresenta infatti un momento di dialogo e di riflessione politica nella quale si mette a tema il ruolo della Regione sia in fase discendente (facendo il punto della situazione su quanto la Regione ha fatto nel corso dell’anno per adeguare il proprio ordinamento regionale agli obblighi europei) sia in fase ascendente (presentando proposte su ciò che la Regione intende fare rispetto alle iniziative contenute nel Programma di lavoro annuale della Commissione europea, laddove tali iniziative intersechino materie di competenza regionale).

Ed è proprio la sessione europea ad essere oggetto delle recenti novità introdotte con la l.r. 7/2023 e che agiscono essenzialmente se tre fronti. Se una prima disposizione toccata è stata, seppur in maniera minimale, l’art. 4 bis della l.r. 16/2008, le più sostanziali revisioni sono invece quelle che prevedono la sostituzione del precedente art. 5 della l.r. 16 del 2008 e l’introduzione di un nuovo articolo numerato 5 bis che definisce dettagliatamente lo svolgimento della sessione europea. Ma si proceda con ordine.

3.1. Con riferimento all’art. 4 bis, sia nella rubrica che nel testo si è introdotto il riferimento al Rapporto conoscitivo sulla partecipazione della Regione alla formazione e attuazione delle politiche e degli atti dell’Unione europee, così da coordinare e allineare la l.r. 16/2008 con l’art. 38 del “Regolamento interno dell’Assemblea legislativa”. Il Rapporto conoscitivo, approvato con deliberazione di Giunta e trasmesso all’Assemblea legislativa è, insieme al Programma di lavoro annuale della Commissione europea[5] e alla Relazione sullo stato di conformità dell’ordinamento regionale all’ordinamento dell’Unione europea, strumento indispensabile per la Sessione europea.

Leggendo in combinato disposto gli art. 38 del Regolamento di Assemblea e l’originaria versione dell’art. 5 della l.r. 16/2008 si evince, infatti, che la documentazione assegnata alle Commissioni assembleari in vista della Sessione europea ricomprende il Programma di lavoro annuale della Commissione europea e la Relazione sullo stato di conformità. Quest’ultima, in particolare, viene inviata annualmente entro il 15 gennaio dalla Giunta regionale alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (ex art. 29, co. 3, l. n. 234/2012[6]).

Entro il mese di febbraio, invece, sempre la Giunta è tenuta a presentare il Rapporto conoscitivo per la sessione europea dell’Assemblea legislativa sulla partecipazione della Regione alla formazione e attuazione delle politiche e degli atti dell’Unione europea.

Come si evince anche dalla relazione alla l.r. 7/2023, seguendo un comportamento consolidatosi in via di prassi, fino ad oggi l’assegnazione alle Commissioni della documentazione funzionale alla sessione europea (Programma di lavoro annuale della Commissione europea e la Relazione sullo stato di conformità) è avvenuta all’arrivo in Assemblea del Rapporto conoscitivo della Giunta regionale, il quale viene però redatto dalle varie Direzioni regionali secondo differenti e non aprioristicamente determinabili tempistiche che possono incidere negativamente sul lavoro del Consiglio regionale.

3.2. Proprio su questa criticità agisce la modifica di recente apportata all’art. 5 della l.r. 16/2008 con il precipuo intento di anticipare l’assegnazione alle Commissioni della relazione sullo stato di conformità in modo, a sua volta, da anticipare al mese di gennaio l’avvio della sessione europea. Anticipazione che si presenterebbe funzionale ad una più analitica e approfondita analisi della documentazione ai fini della sessione europea, avvantaggiando “un più efficiente coordinamento tra le strutture tecniche e politiche di Giunta e Assemblea” capace di favorire la costruzione di una condivisa strategia regionale di partecipazione alla formazione del diritto e delle politiche europee. La sessione rimarrebbe infatti comunque fissata, come fino ad ora avvenuto, nel mese di aprile ma la previsione dell’avvio della sessione dal mese di gennaio consentirebbe una più adeguata calendarizzazione e organizzazione dei lavori delle Commissioni e dell’Assemblea che potrebbero anche richiedere l’interlocuzione con eventuali rappresentanti istituzionali dei Ministeri o dell’Unione europea così come, ai sensi del comma 3 dell’art. 5, la partecipazione dei cittadini, degli enti locali e dei portatori di interesse.

Alla medesima logica di fondo risponde altresì l’inserimento dell’art. 5 bis, ai sensi del quale entro il mese di febbraio si deve dare avvio ai lavori della sessione europea nelle Commissioni assembleari competenti per materia. Queste ultime strutturano i propri lavori in due sedute: la prima è dedicata all’analisi e al confronto sulle iniziative europee di interesse regionale, anche sollecitando il confronto con gli Assessori o attraverso l’audizione, come si accennava poc’anzi, di esperti. La seconda fase è invece specificamente orientata all’approvazione del parere, poi trasmesso alla commissione referente che (ai sensi del comma 2 dell’art. 38 Regolamento) provvede ad allegarli alla propria relazione, sulla base della quale il Consiglio regionale approverà la Risoluzione contenente gli indirizzi sulle iniziative di interesse della Regione Emilia-Romagna da inviare al Parlamento nazionale, alla Presidenza del Consiglio dei ministri, alla Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative, al Parlamento europeo, al Comitato delle Regioni e alla Conferenza dei Presidenti delle Assemblee regionali europee (CALRE).

Ma la nuova disposizione introduce un ulteriore elemento che merita di essere sottolineato ossia la facoltà per la Commissione competente in materia di rapporti con l’Unione europea di nominare due consiglieri di riferimento istituzionale per l’esercizio delle funzioni analoghe a quelle dei relatori di maggioranza e minoranza, sulla falsariga di quanto avviene ai sensi dell’art. 30 del Regolamento per l’istruttoria legislativa. Queste due figure potrebbero rappresentare uno strumento volto ad incentivare un miglior coordinamento delle fasi di cui si compone un delicato e complesso processo politico come quello che contraddistingue la sessione europea.

Ed è proprio l’elemento politico che nelle intenzioni del Consiglio regionale, con l’approvazione di queste riforme, si mira ad incentivare. Una maggiore accortezza e razionalizzazione nell’organizzazione dei lavori potrebbe essere infatti capace di ripercuotersi sulle attività condotte dalla Assemblea legislativa regionale esitando in plurimi effetti positivi: non solo si potrebbe ampliare la partecipazione al processo di soggetti idonei ad introdurre elementi di riflessione e di ulteriore ponderazione (esperti, stakeholders, rappresentanti della società civile)[7] ma si incentiverebbe anche un miglior coordinamento dei diversi soggetti politici implicati nella sessione europea.

Il che potrebbe avere come effetto complessivo quello di assicurare un contributo più proattivo dell’organo legislativo regionale, riequilibrando e rivitalizzando la funzione di indirizzo politico propria di tale organo (soprattutto nei confronti della Giunta regionale), nell’ottica di un più compiuto consolidamento del ruolo nel tempo man mano riconosciuto anche alle Assemblee legislative regionali nell’architettura costituzionale dell’Unione[8].

 

[1] Introdotto con Comunicazione EU Regulatory Fitness del dicembre 2012 e divenuto operativo nel 2013, il programma era identificato come strumento della Commissione volto ad «individuare oneri, incoerenze, lacune e misure inefficaci», compresi gli oneri connessi alla modalità di attuazione della legislazione europea a livello nazionale e subnazionale. Cfr. B. Vimercati, Natura e strumenti della better regulation. Un contributo allo studio dell’integrazione tra i diversi livelli di governo, Giappichelli, Torino, 2018.

[2] Ma anche adeguamenti normativi in materia di trasporti e sanità.

[3] G. Di Cosimo, L’attuazione regionale del diritto europeo, in Osservatorio sulle fonti, 1/2012. Si ricordi che Non tutte le Regioni hanno approvato leggi di procedura ad hoc, optando piuttosto per una diversa soluzione che fa confluire tale genere di disposizioni nella legge comunitaria regionale la quale assume così la duplice veste di legge di attuazione del diritto europeo e di legge di procedura.

[4] C. Fasone, Il Trattato di Lisbona quale fattore di innovazione dell’organizzazione e del funzionamento degli organi di governo regionali, in Rivista AIC, 2012.

[5] Ossia il documento contenente il programma di lavoro stilato annualmente, tra ottobre e novembre, dalla Commissione europea con cui quest’ultima rappresenta le iniziative che intende proporre nell’anno successivo, anticipandone anche seppur in maniera indicativa le tempistiche, così che – una volta trasmesso agli Stati membri – questo possa facilitare la partecipazione degli Stati (e delle loro articolazioni territoriali) alla formazione del diritto europeo.

[6] Che recita: “Nelle materie di loro competenza le regioni e le province autonome verificano lo stato di conformità dei propri ordinamenti in relazione ai suddetti atti e trasmettono, entro il 15 gennaio di ogni anno, le risultanze della verifica alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le politiche europee con riguardo alle misure da intraprendere”. Sulla legge n. 234/2012 si veda E. Catelani, Poteri e organizzazione del governo nel contesto degli ordinamenti pluralistici contemporanei, Editrice pisana, Pisa, 2017.

[7] Già introdotto nel 2012 soprattutto nell’ambito dei lavori della Commissione competente in materia di rapporto con l’Unione europea che convoca i portatori di interesse in udienza conoscitiva sul Programma di lavoro.

[8] Cfr. G. Rivosecchi, Gli effetti del processo di integrazione europea sulle autonomie territoriali, in Rivista AIC, 3/2017.

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