Il lungo e quanto mai incerto percorso di adesione formale dell’Unione alla Cedu ha raggiunto recentemente una tappa significativa davvero non scontata. Il 17 marzo scorso è stato concluso un nuovo progetto di accordo grazie al quale l’ipotesi di un’adesione torna ad essere una prospettiva realistica[1].
L’art. 6, par. 2, TUE[2] stabilisce un vero e proprio obbligo a carico dell’Unione di procedere in questa direzione e, in infetti, un primo tentativo si era registrato già all’indomani dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Come si ricorderà, il negoziato protrattosi per circa tre anni aveva portato nel luglio del 2013 all’adozione del primo progetto di accordo di adesione. Quest’ultimo, sottoposto dalla Commissione al vaglio della Corte di giustizia, attraverso lo strumento previsto dall’art. 218, par. 11, TFUE, era stato dichiarato incompatibile con il diritto dell’Unione. Per il suo contenuto, il parere 2/13[3] ha costituito una battuta di arresto di portata tale da determinare l’abbandono del negoziato per circa sei anni, facendo addirittura dubitare della possibilità di realizzare l’adesione formale alla Cedu. La finalizzazione del nuovo progetto di accordo è dunque un risultato provvisorio ma di assoluta rilevanza nel quadro dei rapporti dell’Unione con la Convenzione.
Di seguito si intende offrire una panoramica del contenuto di detto strumento, letto unitamente al rapporto esplicativo allegato ad esso, senza addentrarsi nell’analisi delle potenzialità e dei limiti dello stesso. In primo luogo, occorre precisare che il nuovo progetto di accordo è stato realizzato dal cosiddetto gruppo ad hoc di negoziatori “46+1”, composto, per l’appunto, da un rappresentante per ogni Stato membro del Consiglio d’Europa, inclusi i membri dell’Unione europea, e uno della Commissione europea. Il negoziato si è articolato in una serie di incontri tra l’ottobre del 2020 e il marzo del 2023, durante i quali i negoziatori hanno tentato di revisionare e integrare la prima bozza di accordo di adesione alla luce dei numerosi profili di criticità individuati nel già richiamato parere 2/13. Il risultato a cui si è giunti, invero, non è ancora completo poiché, su espressa richiesta della Commissione europea, la delicata questione dell’estensione del sindacato giurisdizionale della Corte Edu sul settore della PESC sarà prima definita in autonomia dall’Unione e poi condivisa con il gruppo ad hoc.
Venendo al contenuto del nuovo progetto di accordo, si osserva che l’articolo di apertura, rimasto analogo a quello contenuto nella versione precedente, stabilisce che l’Unione aderisce alla Cedu e ai Protocolli addizionali 1 e 6. La scelta di aderire unicamente a questi due Protocolli risiede nella convinzione che per non alterare gli obblighi già assunti dagli Stati membri dell’Unione fosse necessario limitare l’adesione di quest’ultima ai Protocolli già ratificati da tutti gli Stati membri. La possibilità di assoggettarsi ad altri Protocolli non è preclusa ma potrà avvenire in futuro concludendo appositi strumenti separati. Un ulteriore aspetto definito dal progetto di accordo concernente la posizione degli Stati membri dell’Unione nei confronti della Cedu attiene alle riserve apposte da questi ultimi. Il progetto di accordo chiarisce in proposito che le riserve ex art. 57 della Cedu poste da una Parte contraente manterranno il loro effetto anche quando questa sarà co-convenuta in un procedimento dinanzi alla Corte Edu. Nel rapporto esplicativo si legge che questa circostanza potrebbe determinare l’impossibilità per la Corte Edu di dichiarare congiuntamente responsabili il convenuto principale e il convenuto secondario.
Il secondo nodo che è stato affrontato nel corso dell’ultimo negoziato riguarda gli ulteriori aggiustamenti da apportare al sistema di ricorsi individuali dinanzi alla Corte Edu per fronteggiare il peculiare rapporto tra l’Unione e gli Stati membri. È noto, infatti, che per l’organizzazione dei rapporti tra questi, spesso, la prima è responsabile del contenuto di un atto, mentre, gli Stati membri lo sono rispetto all’esecuzione. A tal fine, e anche per semplificare la posizione del ricorrente individuale, si era già deciso nel corso del primo negoziato di introdurre una clausola generale di attribuzione della condotta, il cui contenuto è rimasto invariato. Così, un atto, una misura o un’omissione di un organo di uno Stato membro dell’Unione, o di una persona agente per suo conto, dovrà essere attribuito a tale Stato, anche nel caso in cui il suddetto atto, misura od omissione risultino dall’attuazione di una norma di diritto dell’Unione, incluse le decisioni adottate in base al TUE e al TFUE. In questo modo, il ricorrente dovrebbe riuscire a individuare con facilità il soggetto contro cui muovere il ricorso. Inoltre, proprio per via dell’organizzazione dei ruoli tra l’Unione e gli Stati membri, gran parte dei ricorsi relativi a supposte violazioni della Cedu derivanti dall’attuazione del diritto dell’Unione continueranno ad essere a carico degli Stati membri anche dopo l’adesione della stessa.
Ciò posto, al fine di assicurare che la responsabilità per un’eventuale violazione della Cedu sia comunque attribuita al corretto destinatario, è stato deciso di creare una forma di partecipazione ad hoc per l’Unione e gli Stati membri di questa, denominata secondo convenuto o co-convenuto. In base a quest’ultima, allorché uno Stato membro sarà convenuto davanti alla Corte Edu, l’Unione potrà essere invitata dalla Corte Edu o chiedere essa stessa di unirsi al procedimento insieme allo Stato e, in caso di accertata violazione della Cedu, esserne dichiarata congiuntamente responsabile. Viceversa, allorché l’Unione sarà convenuta dinanzi alla Corte Edu, uno o più Stati membri potranno decidere di unirsi al procedimento, alle stesse condizioni sopra descritte. Nella versione precedente, l’adattamento brevemente riassunto subordinava l’ingresso del co-convenuto potenziale a una decisione della Corte Edu. Sebbene la nota esplicativa chiarisse che la Corte Edu si sarebbe limitata a una valutazione prima facie della bontà della richiesta, la Corte di giustizia ha chiarito nel parere 2/13 che questo accertamento avrebbe comunque determinato un’intromissione indiretta nel riparto delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri non conforme all’autonomia del diritto dell’Unione. Così, al fine di sanare tale profilo di criticità, nel nuovo progetto di accordo si legge che la Corte Edu dovrà assicurare l’accesso all’Unione (o allo Stato membro) nel procedimento pendente in base alla presentazione di una valutazione relativa al soddisfacimento delle condizioni per la partecipazione. Si legge nella nota esplicativa che la Corte Edu dovrà considerare la valutazione dell’Unione come “determinative and authoritative”. In altre parole, dalla nuova bozza di accordo risulta con ancor maggiore evidenza come la partecipazione dell’Unione (ma, invero, anche degli Stati membri) nei procedimenti di cui non sarà convenuta principale rimarrà pienamente nella sua disponibilità. Va infatti precisato che anche l’invito della Corte Edu ad unirsi al procedimento pendente può essere declinato dal co-convenuto potenziale in piena autonomia.
Ovviamente, la decisione di unirsi al procedimento (in autonomia o su invito) non è svincolata dall’accordo d’adesione, al contrario, è lo stesso strumento che indica le condizioni che devono essere soddisfatte per attivare la partecipazione del co-convenuto. Ciò posto, va osservato che l’interpretazione di queste sarà svolta dalla Corte di giustizia atteso che, una volta entrato in vigore, l’accordo di adesione sarà parte del diritto dell’Unione. La formula impiegata nel progetto di accordo per assicurare la partecipazione dell’Unione è la seguente: quando un ricorso è diretto contro uno o più Stati membri, l’Unione potrà unirsi al procedimento “if it appears that such allegation calls into question the compatibility with the rights at issue defined in the Convention or in the Protocols to which the European Union has acceded of a provision of European Union law, including decisions taken under the Treaty on European Union and under the Treaty on the Functioning of the European Union, notably where that violation could have been avoided only by disregarding an obligation under European Union law”. La formula, che non è stata modificata rispetto alla prima versione, fa riferimento ai casi in cui uno Stato membro si trova a dare attuazione a una norma di diritto dell’Unione (sia essa di diritto primario o derivato) e, nell’agire, compia un atto o un’omissione che sembra integrare una violazione della Cedu. Poiché, in un caso del genere, la violazione della Convenzione potrebbe essere contenuta nella norma di diritto dell’Unione a cui lo Stato membro convenuto ha dato attuazione, si è ritenuto opportuno consentire la partecipazione anche dell’Organizzazione.
Viceversa, nell’eventualità sporadica in cui l’Unione sarà convenuta principale in un ricorso dinanzi alla Corte Edu, uno o più Stati membri potranno unirsi al procedimento “if it appears that such allegation calls into question the compatibility with the rights at issue defined in the Convention or in the Protocols to which the European Union has acceded of a provision of the Treaty on European Union, the Treaty on the Functioning of the European Union or any other provision having the same legal value pursuant to those instruments, notably where that violation could have been avoided only by disregarding an obligation under those instruments”. Chiaramente, poiché l’Unione non è “padrona” dei Trattati e non può autonomamente modificare gli stessi al fine di renderli conformi alla Cedu, laddove una violazione di quest’ultima risultasse dal contenuto di una disposizione di diritto primario, sarebbe più che opportuna la partecipazione degli Stati membri.
Un ulteriore e importante profilo riguardante il mantenimento dell’autonomia del diritto dell’Unione attraverso la garanzia dell’interpretazione di questo da parte della Corte di giustizia concerne la previsione di un rinvio preliminare a quest’ultima al verificarsi di determinate circostanze. Detto strumento, già previsto nel primo progetto di accordo e non soggetto a critiche da parte della Corte di giustizia nel parere 2/13, è stato comunque oggetto di alcuni opportuni aggiustamenti. Secondo l’ultima versione del progetto di accordo, nei procedimenti in cui l’Unione sarà co-convenuta, se la Corte di giustizia non avesse ancora avuto la possibilità di pronunciarsi sulla compatibilità della norma di diritto dell’Unione da cui sarebbe scaturita la violazione della Cedu con quest’ultima (o con i protocolli a cui l’Unione aderirà), le dovrà essere garantito il tempo necessario per pronunciarsi in proposito e, in seguito, per tutte la parti del procedimento di presentare le proprie osservazioni. Dalla nota esplicativa si legge che la Corte di giustizia potrà pronunciarsi sia sulla validità sia sull’interpretazione della norma di diritto dell’Unione che ha costituito la base giuridica dell’atto, della misura o dell’omissione nazionale oggetto del ricorso dinanzi alla Corte Edu. Questi ultimi, così come la decisione nel merito del ricorso, rimarranno fuori dal sindacato giurisdizionale della Corte di giustizia. Per converso, la Corte Edu rimarrà libera di decidere il ricorso pendente in autonomia, anche discostandosi dal contenuto della sentenza della Corte di giustizia.
Ciò detto, va osservato che l’attivazione del rinvio alla Corte di giustizia sarà subordinata esclusivamente alla volontà dell’Unione e, in particolare, sarà compito della Commissione (rappresentante dell’Unione dinanzi alla Corte Edu) a richiederlo. La nota esplicativa chiarisce, infatti, che la valutazione circa la necessità di una pronuncia da parte della Corte di giustizia sarà svolta in autonomia dall’Unione e dovrà essere considerata “determinative and authoritative”, esattamente come previsto per la partecipazione della stessa a titolo di co-convenuto. In effetti, ove possibile, le due valutazioni saranno svolte contestualmente. Sebbene questa situazione dovrebbe accadere raramente (ossia, solo nel caso in cui le giurisdizioni nazionali dello Stato membro convenuto non abbiamo attivato un rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE pur essendo invece necessario), è bene osservare che la stessa costituisce una previsione ad hoc per assicurare l’autonomia del diritto dell’Unione e, con esso, il ruolo della Corte di giustizia, che non trova paragoni se si guarda alla posizione delle altre Parti contraenti della Cedu.
Con riguardo all’attribuzione della responsabilità per un’eventuale violazione della Cedu accertata in esito a un ricorso dinanzi alla Corte Edu va infine precisato che quest’ultima dovrà sempre dichiarare congiuntamente responsabili della violazione sia il convenuto principale sia il convenuto secondario atteso che l’attribuzione della responsabilità a uno solo di questi equivarrebbe a fornire un’interpretazione del diritto dell’Unione non compatibile con l’autonomia di quest’ultimo.
Il parere 2/13 ha richiesto, poi, una modifica decisamente penetrante della prima versione del progetto di accordo con riferimento ai ricorsi inter-parte, vale a dire, quelli tra l’Unione e gli Stati membri e tra questi ultimi. La prima versione del progetto di accordo, infatti, si limitava a stabilire che la ricevibilità di un ricorso dinanzi alla Corte Edu tra Stati membri avente ad oggetto il diritto dell’Unione sarebbe stata subordinata al previo esaurimento delle vie di ricorso interne, ossia, di un ricorso per infrazione ex art. 359 TFUE. Diversamente, la Corte di giustizia ha stabilito che la compatibilità dell’accordo di adesione con l’art. 344 TFUE (la norma che dispone una clausola compromissoria completa a favore della stessa Corte di giustizia) può essere rispettata solo escludendo in maniera assoluta la facoltà degli Stati membri di sottoporre alla Corte Edu qualunque controversia relativa all'interpretazione o all'applicazione dei Trattati. Il nuovo progetto di accordo d’adesione soddisfa pienamente la “richiesta” della Corte di giustizia e il dettato dell’art. 3 del Protocollo n. 8 allegato ai Trattati istitutivi, prevedendo che l’Unione e gli Stati membri non si avvarranno dello strumento del ricorso inter-parte ex art. 33 Cedu per risolvere tale tipologia di controversie[4]. Non solo, a corollario di questa previsione è stata altresì introdotta una clausola di salvaguardia in virtù della quale, se richiesto, la Corte Edu dovrà assicurare all’Unione il tempo necessario per stabilire se un ricorso inter-parte dinanzi ad essa concerne l’interpretazione o l’applicazione del diritto dell’Unione.
La bozza di accordo, così come la Nota esplicativa, non chiarisce chi, in seno all’Unione, dovrà farsi carico di tale valutazione, né le conseguenze che tale accertamento produrrà sul ricorso pendente dinanzi alla Corte Edu. Ciò posto, anche questa previsione sembra assicurare all’Unione di preservare le proprie esigenze di autonomia esterna. Va infatti precisato che, in base al dettato del progetto di accordo, rimarrebbero ammessi i ricorsi tra Stati membri e tra questi e l’Unione inerenti a controversie estranee al diritto dell’Unione. Allo stesso modo, l’Unione potrà essere chiamata a rispondere di violazioni della Cedu attraverso ricorsi presentati dalle altre Parti contraenti del Consiglio d’Europa.
Il nuovo progetto di accordo prevede inoltre l’introduzione di una clausola per assicurare la salvaguardia del principio della fiducia reciproca tra gli Stati membri dell’Unione. Nel parere 2/13, la Corte di giustizia aveva sancito che “il principio della fiducia reciproca tra gli Stati membri riveste, nel diritto dell’Unione, un’importanza fondamentale, dato che consente la creazione e il mantenimento di uno spazio senza frontiere interne”[5]. Il rispetto di tale principio impone a ciascuno Stato membro, di ritenere, tranne in circostanze eccezionali, che tutti gli altri Stati membri rispettano il diritto dell’Unione e, in specie, i diritti fondamentali riconosciuti da quest’ultimo. Poiché la Cedu esige, come regola generale, che uno Stato verifichi il rispetto dei diritti fondamentali da parte di un altro Stato, anche quando il diritto dell’Unione impone la fiducia reciproca tra tali Stati membri, la Corte di giustizia aveva concluso che l’adesione prevista nel primo progetto di accordo sarebbe stata idonea a compromettere l’equilibrio su cui l’Unione si fonda e l’autonomia del diritto della stessa. Al fine di risolvere il profilo di incompatibilità sopra riassunto, il nuovo progetto di accordo prevede in termini espliciti che l’adesione dell’Unione alla Cedu non inciderà sull’applicazione del principio di mutua fiducia tra gli Stati membri. L’articolo è completato da un’ulteriore disposizione che puntualizza come, in tale contesto, la protezione dei diritti umani garantiti dalla Cedu dovrà essere comunque assicurata.
Nel parere 2/13, la Corte di giustizia aveva altresì accertato che la mancanza di coordinamento tra l’art. 53 della Cedu e l’art. 53 della Carta (le clausole sul livello di protezione contenute nei due Cataloghi) era suscettibile di pregiudicare le caratteristiche specifiche e l’autonomia del diritto dell’Unione. Secondo la Corte di giustizia, poiché l’art. 53 della Cedu riserva alle Parti contraenti la facoltà di prevedere uno standard di tutela dei diritti fondamentali più elevato di quello garantito da detta Convenzione, si rendeva necessario assicurare il coordinamento tra tale norma e l’art. 53 della Carta, come interpretato dalla Corte, “affinché la facoltà concessa dall’art. 53 della Cedu agli Stati membri resti limitata, per quanto riguarda i diritti riconosciuti dalla Carta corrispondenti a diritti garantiti dalla Cedu, a quanto è necessario per evitare di compromettere il livello di tutela previsto dalla Carta medesima, nonché il primato, l’unità e l’effettività del diritto dell’Unione”[6]. I negoziatori hanno provveduto così ad integrare il nuovo progetto di accordo d’adesione con una disposizione volta a specificare che l’art. 53 della Cedu non dovrà essere interpretato dagli stessi Stati membri dell’Unione come preclusivo della loro facoltà di applicare congiuntamente un livello comune di protezione dei diritti e delle libertà fondamentali, fermo restando che questo non dovrà essere inferiore al livello prescritto dalla Cedu e dai Protocolli vincolanti, come interpretati dalla Corte Edu.
Infine, il nuovo progetto di accordo risponde positivamente anche al rilievo mosso nel parere 2/13 in relazione alla necessità di salvaguardare lo strumento del rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE dal rischio di elusione che, sempre secondo la Corte di giustizia, potrebbe portare l’uso inappropriato del meccanismo previsto dal Protocollo n. 16 addizionale alla Cedu. Detto Protocollo autorizza le più alte giurisdizioni degli Stati aderenti a rivolgere alla Corte Edu domande di pareri consultivi in merito a questioni di principio relative all’interpretazione o all’applicazione dei diritti e delle libertà garantiti dalla Cedu o dai suoi Protocolli. Nonostante questo meccanismo abbia una funzione ed effetti ben diversi dal rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, detta Corte ha ritenuto che la mancanza di una disposizione dedicata all’articolazione dei due meccanismi di rinvio avrebbe potuto pregiudicare l’autonomia e l’efficacia di tale procedura. Così, nel nuovo progetto di accordo, una disposizione preclude di fatto la possibilità di usare il meccanismo previsto dal Protocollo n. 16 tutte le vote in cui una giurisdizione nazionale incontra una questione relativa all’interpretazione o all’applicazione dei diritti e delle libertà garantiti nella Cedu o nei Protocolli ratificati dall’Unione se questa ricade nel campo di applicazione del diritto dell’Unione. Si osservi che la formula impiegata dai negoziatori appare meno limpida, quasi a voler “dissimulare” il senso della clausola stessa. Secondo quest’ultima, infatti, se la questione suddetta ricade nel campo di applicazione del diritto dell’Unione, “[a court or a tribunal of a Member State of the European Union that has ratified Protocol No. 16] shall not be considered as a highest court or tribunal of a High Contracting Party for the purposes of Article 1, paragraph 1, of Protocol No. 16 to the Convention […]”. Così disponendo, ad adesione avvenuta, l’unico strumento che rimarrà a disposizione della giurisdizione nazionale in una circostanza del genere sarà quindi il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia. Quest’ultima potrà così fornire l’interpretazione della Cedu (e dei Protocolli ratificati) in quanto parti del diritto dell’Unione, vincolando sia la giurisdizione rimettente sia tutte le giurisdizioni degli Stati membri.
Le restanti parti del progetto di accordo riguardano la partecipazione dell’Unione ai lavori degli organi del Consiglio d’Europa quando adottano decisioni concernenti il sistema di tutela previsto dalla Cedu (come noto, infatti, l’Unione dovrebbe aderire solo a quest’ultima senza diventare parte dell’Organizzazione); l’elezione di un giudice della Corte Edu per l’Unione europea e la partecipazione di quest’ultima al finanziamento delle spese relative alla Convenzione. Questi ultimi profili non sono stati oggetto di critica da parte della Corte di giustizia nel parere 2/13 e non hanno quindi subito particolari modifiche nella nuova bozza di accordo di adesione.
Da questa breve disanima appare evidente lo sforzo del gruppo ad hoc dei “46+1” di rispondere adeguatamente alle non semplici obiezioni mosse dalla Corte di giustizia nel parere 2/13. Sebbene questo costituisca “solo” un nuovo primo passo che lascia da definire ancora molteplici questioni, prima fra tutte la PESC, sembra potersi affermare che il cammino verso l’adesione formale dell’Unione alla Cedu sia ricominciato con il piede “giusto” rispetto al profilo del rispetto dell’autonomia del diritto dell’Unione. Sul versante della tutela dei diritti fondamentali, invece, occorrerà un’analisi ben più approfondita per stabilire se e come un’adesione così modellata potrà effettivamente rafforzarne il contenuto e la portata.
[1] Consiglio d’Europa, 18th meeting of the CDDH ad hoc negotiation group (“46+1”) on the accession of the EU to the European Convention on Human Rights. Final consolidated version of the draft accession instruments, 17 marzo 2023, 46+1(2023)36.
[2] Da leggere insieme al Protocollo n. 8 allegato ai Trattati istitutivi.
[3] CGUE (Seduta Plenaria), parere 2/13, Adesione dell’Unione europea alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sentenza del 18 dicembre 2014, ECLI:EU:C:2014:2454.
[4] Analogo limite si estende anche nei confronti di Stati terzi che hanno concluso con l’Unione accordi internazionali in virtù dei quali parti del diritto di questa si estendono anche nei loro confronti.
[5] Corte di giustizia, parere 2/13, cit., par. 191.
[6] Corte di giustizia, parere 2/13, cit., par. 189.