L’ammissibilità della "Russian roulette clause" secondo i principi dell’ordinamento interno (3/2023)

Con la sentenza n. 22375/2023 pubblicata il 25 luglio 3023, la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione si è pronunciata, per la prima volta, sulla validità della clausola nota come clausola di roulette russa.

È quest’ultima, una previsione contrattuale originaria della prassi anglo-americana. Tale clausola di cd. antistallo viene inserita di frequente negli statuti societari o all’interno dei patti parasociali, come apposito meccanismo di uscita forzata dalle situazioni di impasse.

 

In specie, la Russian roulette prevede che, al verificarsi di determinate situazione di stallo, venga attribuita la facoltà ad uno o entrambi i soci di rivolgere all’altro un’offerta irrevocabile di acquisto della propria partecipazione al capitale sociale, ad un prezzo prestabilito dallo stesso offerente. L’oblato, a sua volta, risulta titolare di un’alternativa: può accettare l’offerta pervenuta da chi ha attivato il meccanismo della clausola, ovvero acquistare egli stesso la partecipazione del proponente al medesimo prezzo.

La clausola crea, dunque, un sistema di check and balances ossia di vicendevole posizione di potestà e soggezione tra le parti, in quanto il potere unilaterale di determinazione del prezzo viene controbilanciato dal potere di opzione tra vendita e acquisto.

La Russian roulette trova frequente applicazione nella prassi contrattuale internazionale.  Essa è, infatti, espressione della forza espansiva nell’ordinamento di modelli giuridici sperimentati nella prassi degli affari internazionali e utilizzati sempre più di frequente dalle multinazionali. Tutto ciò induce paesi di diversa civiltà giuridica ad assorbirne il contenuto nel proprio ordinamento.

Sennonché, se da una parte l’utilizzo di tali clausole provenienti dalla tradizione del common law consente di evitare l’isolamento giuridico, dall’altro il loro inserimento nei sistemi civilian solleva evidenti problemi di coordinamento con la diversa struttura giuridica dell’ordinamento di destinazione.

In particolare, in virtù della diffusione di tale clausola nel panorama contrattuale transnazionale, la questione attinente alla validità della roulette russa secondo i principi dell’ordinamento italiano ha acquisito una notevole portata.

La decisione assunta dalla Corte di Cassazione si inserisce, dunque, entro questa cornice tematica.  

La pronuncia prende le mosse dalla domanda proposta dai ricorrenti per la declaratoria di nullità e di inefficacia della clausola di roulette russa contenuta in un patto parasociale stipulato inter partes. In specie, numerose sono state le censure mosse dai ricorrenti circa l’asserita invalidità della clausola: in primo luogo, per indeterminatezza dell’oggetto, ai sensi dell’art. 1349 c.c., nonché per mera potestatività della clausola, tale per cui vietata ai sensi dell’art. 1355 c.c.; in secondo luogo, per l’asserita contrarietà con il divieto di patto leonino ai sensi dell’art. 2265 c.c., infine, per l’assenza di un floor minimo determinato ai sensi dell’art. 2437 c.c., inteso a garantire una congrua valorizzazione della partecipazione.

I Giudici di legittimità non hanno accolto il ricorso, iscrivendosi così nel solco dell’orientamento inaugurato dal Tribunale di Roma sez. imprese dapprima[1], e dalla Corte d’Appello di Roma poi[2], secondo cui la Russian roulette clause risponde ad interessi meritevoli di tutela per l’ordinamento interno. In specie, essi hanno ritenuto infondati i diversi tutti profili di nullità indicati dai ricorrenti ed hanno quindi escluso l’invalidità di tale clausola[3]. Hanno ritenuto, al contrario, che l’inserimento di siffatti meccanismi volti alla risoluzione di situazioni di stallo decisionale si ponga in chiara linea di favor societatis, tale per cui meritevole di protezione.

Entrando nel merito della valutazione complessiva compiuta dalla Corte di cassazione, essa ha inteso valorizzare non solo il significato giuridico della clausola in ottica comparatistica, ma soprattutto i suoi aspetti funzionali.

In specie, la Corte ha ricondotto dette clausole al fenomeno del c.d. ‘contratto alieno’[4]; un termine che indica quel contratto elaborato nella prassi anglo-americana senza tenere in considerazione il diritto italiano, ma al quale si applica il diritto italiano, per espressa volontà delle parti.

Il termine “alieno” rimanda evidentemente all’idea di alius, e quindi altro, straniero, ma anche ad alien ovvero all’extra-terrestre. Si tratta di un fenomeno che, per ampiezza di contenuti, supera quello dell’atipicità contrattuale e presuppone l’instaurazione di un dialogo con schemi di pensiero altri, o meglio alieni, rispetto ai paradigmi tradizionali.

I contratti alieni mirano tendenzialmente all’autosufficienza, vale a dire alla non necessaria integrazione con l’ordinamento interno. Questi contratti utilizzano “schemi propri” e sono progettati in modo tale da stare in piedi da soli, cioè al mantenimento della maggiore extra-territorialità possibile. La loro circolazione avviene tendenzialmente tra imprese attive a livello internazionale in un mercato che intende contraddistinguersi come locus artificialis.

All’interno di questa logica si inserisce appunto, a parere dei Giudici, il meccanismo di funzionamento della clausola di Russian roulette.

 La fisionomia di questa previsione, infatti, si connota proprio per l’intento di auto-stabilità interna, in quanto sussiste un equilibrio strutturale tra le posizioni delle parti. In specie, ogni socio coinvolto nella roulette è da considerarsi né in balia dell’altro socio, né in una posizione di predominio su costui, giacché là dove egli abbia esercitato in via unilaterale il potere determinativo, solo per questo verrà a trovarsi in una posizione di soggezione rispetto al corrispettivo potere attribuito all’oblato.

Sussiste, pertanto, a parere dei Giudici, una situazione di equità decisionale tra le parti all’interno della clausola, secondo l’impostazione propria anche della giurisprudenza americana, che considera la clausola di roulette russa  come presumptively fair, ossia valida in linea di principio, salvo i casi di possibile abuso[5]. In particolare, l’equilibrio troverebbe fondamento nella c.d. cake-cutting rule, in base alla quale one person cuts the cake into two pieces and the other person picks first. In definitiva, se la torta viene tagliata da colui che attiva la clausola, a scegliere la fetta è il soggetto oblato, spettando allo stesso decidere se vendere le proprie partecipazioni al prezzo unilateralmente stabilito dall’altro oppure acquistarle al medesimo prezzo.

In sintesi, con la pronuncia in oggetto la Cassazione italiana pone bene in luce come la caratteristica intrinseca di equilibrio fisiologico rappresenti un efficace antidoto contro eventuali situazioni patologiche di abusività e conflitto di interessi. Tale assetto si costituisce non tanto in forza di criteri normativi dettati dall’ordinamento interno, quanto, piuttosto, grazie alla struttura autosufficiente dell’alienitas che prevede un sistema di pesi e contrappesi tra determinazione unilaterale del prezzo rimesso ad una parte e facoltà di esercizio dell’opzione garantita all’altra.

 

[1] Si fa riferimento alla sentenza del Trib. Roma, Sez. impr., 19 ottobre 2017, n. 19708. Per la verità, il tema della validità della clausola di roulette russa era già emerso incidentalmente in una precedente ordinanza del Tribunale di Milano, ord. 15 gennaio 2014, che si può consultare in giurisprudenzadelleimprese.it. Il giudice, in quella circostanza, non ha ravvisato comunque l’illiceità della clausola, ritenendo il meccanismo indicato in statuto come uno dei possibili sistemi per superare lo stato di crisi.

[2] Così, App. Roma, Sez. Impr., 3 febbraio 2020, n. 782.

[3] I Giudici si sono avvalsi, ai fini della decisione, dell’inquadramento normativo compiuto dall’Ufficio del Massimario del Ruolo richiesto con ordinanza interlocutoria n. 13545 del 29 aprile 2022 – in virtù della novità e complessità delle questioni sollevate. Si fa riferimento, in particolare, all’ordinanza interlocutoria n.13545 del 29 aprile 2022 con cui la Corte di Cassazione ha disposto che «alla luce dei motivi del ricorso e dell’illustrazione dei temi d’indagine approfonditi negli scritti difensivi delle parti, la Corte, anche in relazione all’assoluta novità e complessità delle questioni sollevate, ritiene necessario un approfondimento, da affidare all’ufficio del Massimario e del Ruolo, del quadro normativo, giurisprudenziale e dottrinale, anche statunitense e canadese per quanto possibile, relativo alla disciplina della particolare clausola antistallo denominata Russian roulette clause, con particolare riguardo alla sua validità ed efficacia tra le parti stipulanti».

[4] In particolare, tale definizione viene proposta da G. De Nova, Il contratto alieno, Torino, 2010.

[5] Si tratta di un orientamento che viene ricondotto, in via principale, all’argomentazione che il noto gius-economista Frank H. Easterbrook diede nella propria relazione al caso John F. Valinote v. Stephen R. Ballis, 295 F.3d 666, (7th Cir. 2002), laddove precisò che «the possibility that the person naming the price can be forced either buy or sell keeps the first mover honest».

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