Incostituzionali norme totalmente estranee ad un decreto-legge introdotte in sede di conversione: la Corte conferma il suo orientamento e annulla disposizioni modificative di un decreto “mille-proroghe” (1/2023)

Sent. n. 245/2022 – giudizio di costituzionalità in via incidentale

Deposito del 09/12/2022 – Pubblicazione in G. U. 14/12/2022, n. 50

 

Motivo della segnalazione

Questa sentenza della Corte costituzionale si confronta con il tema del rapporto tra decreto-legge e legge di conversione, su sollecitazione di una questione, sollevata dalla quinta sezione civile della Corte di cassazione, avente ad oggetto una disposizione del d.l. n. 225 del 2010, inserita in sede di conversione, nella parte in cui introduce, in particolare, i periodi secondo e terzo del comma 5-quinquies dell’art. 5 della legge n. 225 del 1992 (la legge istitutiva del servizio nazionale della protezione civile). Il parametro è costituito dall’art. 77, comma 2, Cost..


La disposizione impugnata aveva introdotto, in sede di conversione, in un decreto-legge “milleproroghe” (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie), una disposizione secondo il giudice a quo palesemente estranea al contenuto del decreto-legge e, perciò, illegittima. Si tratta, in particolare, di una disposizione, modificativa della legge sulla protezione civile, la quale stabiliva, a proposito delle spese relative all’esercizio di funzioni di protezione civile, che, in caso di utilizzo del fondo di riserva per le spese impreviste del bilancio dello Stato, il fondo fosse, corrispondentemente e obbligatoriamente, reintegrato, con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane, in pari misura con le maggiori entrate derivanti dall’incremento dell’aliquota relativa ad accise sulla benzina e sul gasolio.
Il giudice a quo, a supporto della tesi della non manifesta infondatezza della questione, richiama la sent. n. 22/2012, che aveva dichiarato incostituzionale per violazione dell’art. 77, comma 2, Cost., in ragione della palese estraneità della materia del decreto-legge, una disposizione introduttiva, in sede di conversione del medesimo decreto-legge “milleproroghe” del 2010, di una disposizione incidente sui rapporti Stato-Regioni, anche in quel caso, in tema di protezione civile. La portata generale delle motivazioni di quella sentenza fonderebbe, considerata l’analogia tra i due casi oggetto di attenzione della Corte a distanza di circa un decennio, un dubbio di costituzionalità da reputarsi non manifestamente infondato. Anche in questo caso infatti – afferma il giudice rimettente – si sarebbe di fronte ad una modifica approvata in sede di conversione di un decreto-legge introduttiva di una norma regolativa di un profilo attinente al funzionamento “a regime” del sistema di protezione civile (con riguardo ai profili finanziari) e perciò estranea alla materia del decreto-legge, il che renderebbe per il giudice a quo evidente l’utilizzo abusivo del procedimento di conversione di un decreto d’urgenza.
La Corte costituzionale, nel dichiarare fondata la questione sollevata, fa sostanzialmente proprie le argomentazioni del giudice rimettente, muovendo dal richiamo alla sua giurisprudenza ormai consolidata, secondo cui «la legge di conversione deve avere un contenuto omogeneo a quello del decreto-legge e, più precisamente, non deve introdurre norme totalmente estranee al contenuto del decreto-legge e tali perciò da alterare l’omogeneità della normativa introdotta con il decreto. L’art. 77, secondo comma, Cost. stabilisce infatti – ricorda la Corte – un nesso di interrelazione funzionale tra il decreto-legge, che è adottato dal Governo in casi straordinari di necessità e urgenza, e la legge di conversione, che è caratterizzata da un procedimento di approvazione peculiare rispetto a quello ordinario (sentenza n. 22 del 2012)», legge di conversione che ha i caratteri di una fonte «funzionalizzata e specializzata» e può perciò emendare il decreto-legge con disposizioni ricollegabili al decreto «dal punto di vista materiale o finalistico». Le norme intruse dovrebbero perciò, eventualmente, trovare spazio in una distinta legge del Parlamento, a garanzia della «ordinaria funzionalità del procedimento legislativo di cui all’art. 72, primo comma, Cost. – che permette una partecipazione parlamentare ben più efficace di quella consentita dall’iter, peculiare e contratto, della legge di conversione».
Se nel caso dei c.d. “decreti-milleproroghe”, come quello oggetto di modifiche ad opera delle norme impugnate, la ratio unitaria di disposizioni, pur afferenti ad ambiti materiali diversi, è costituita dall’esigenza di intervenire con urgenza in ordine alla scadenza di termini, l’introduzione, in sede di conversione, di previsioni prive di tale finalità, si pone in contrasto con l’art. 77, comma 2, Cost.. Nel caso di specie, non vale, secondo il giudice delle leggi, a far emergere un nesso con l’originario contenuto del decreto l’asserita (dalla difesa statale) natura tributaria delle norme introdotte in sede di conversione, letta in correlazione con quanto emerge dall’epigrafe del decreto-legge, che richiama anche la materia tributaria. Infatti – rileva la Corte – innanzitutto le norme impugnate disciplinavano «un meccanismo di carattere ordinamentale che attiene all’operatività, a regime, del servizio della protezione civile, cioè a un oggetto nemmeno latamente considerato, ab origine, dal decreto-legge, essenzialmente relativo alla proroga di termini, come dimostrato dalle rubriche dei singoli articoli che lo componevano», in relazione ai quali il decreto prevedeva peraltro già le necessarie e specifiche coperture finanziarie (senza che emergesse alcuna esigenza di integrazione delle stesse); in secondo luogo, non può considerarsi rilevante come punto di correlazione un eventuale raccordo tra il generico riferimento dell’epigrafe (e del preambolo) del decreto-legge alla materia fiscale e il profilo fiscale della disciplina introdotta in sede di conversione, profilo «meramente e strettamente ancillare alla disciplina sostanziale cui si riferisce, del tutto estranea […] al contenuto e alle finalità del decreto-legge originario».
A quest’ultimo proposito, è significativo che la Corte nota, attraverso quello che può considerarsi un interessante obiter dictum, che, ragionando diversamente, si giungerebbe a considerare la mera evocazione della materia tributaria nell’epigrafe o nel preambolo di un decreto-legge in grado di «vanificare i limiti costituzionali all’emendabilità del decreto-legge in sede di conversione; ciò a detrimento delle ordinarie dinamiche del confronto parlamentare, così prefigurando un procedimento legislativo alternativo a quello ordinario, anche mediante il ricorso al maxiemendamento e alla questione di fiducia» e ciò, peraltro «proprio in un ambito anche storicamente caratterizzato dal rilievo dei parlamenti (evocato dal principio “no taxation without representation”)».
Se poi – aggiunge il giudice delle leggi – si accorda la dovuta alla considerazione alla natura «concettualmente “anodina”» della materia finanziaria (dato che pressoché ogni intervento normativo può generare profili attinenti anche ad aspetti di natura finanziaria), si trova conferma del fatto che non vale ad istituire un nesso legittimante tra emendamenti approvati in sede di conversione e decreto-legge la mera rilevanza finanziaria dei primi e delle disposizioni del secondo, fermo restando che, se norme tributarie, estranee alla ratio unitaria del decreto, si connettessero per il Governo ad autonomi presupposti di necessità ed urgenza, ben potrebbe il Governo adottare distinti e separati decreti-legge.
Nel dichiarare dunque l’incostituzionalità delle norme impugnate, la Corte, riprendendo sul punto osservazioni dell’Avvocatura generale dello Stato, afferma che la decisione produce i suoi effetti con riguardo alle norme impugnate, limitatamente al loro periodo di vigenza, cioè dal 27 febbraio 2011 al 16 maggio 2012, dal momento che la disciplina censurata, dopo la sentenza n. 22/2012, era stata prima sostituita da un’altra normativa, poi nuovamente modificata ed infine abrogata dal d.lgs. n. 1 del 2018.

 

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