Leggendo il saggio di Riccardo Guastini, Interpretare, costruire, argomentare, pubblicato in questo numero, mi sono venute in mente alcune considerazioni svolte da Tullio Ascarelli negli anni '30 del Novecento sul quesito (non risolvibile una volta per tutte) di che cosa sia il diritto ed un ordinamento giuridico.
Scriveva Ascarelli, all'epoca in modo eversivo, che caratteristica di un ordinamento giuridico è la sua incompletezza; che il diritto è dato dalla disposizione più la sua interpretazione; che l'interpretazione è l'esito di "continue valutazioni onde fissare la regola e l'eccezione, determinare nell'unità del sistema la portata di un principio giuridico, valutazioni che hanno luogo in base a tutti i dati logici, storici, politici, economici, risultanti dal sistema, in base alla generale concezione dell'interprete del sistema giuridico e del fenomeno sociale, del suo sviluppo storico, del senso della sua evoluzione", non è, in altre parole, l'esito di un mero procedimento logico; che nelle fasi di consolidamento di un ordinamento giuridico la funzione dell'interprete si riduce per dilatarsi nelle epoche di transizione.
Con il suo saggio Guastini, ponendoci di fronte alle difficoltà dell'interpretare, costruire, argomentare in ambito giuridico, ci invita a riflettere su che cosa sia quel particolare sottosistema sociale che denominiamo "diritto".
Tra tutte le scienze quella giuridica si caratterizza per una particolare difficoltà a definire una volta per tutte il proprio oggetto: direi che vi è una ontologica impossibilità a dare una definizione di "diritto" valida per ogni epoca ed ogni latitudine. Non a caso, notava Hart come la domanda di che cosa sia il diritto si ripropone continuamente proprio perché storicamente non mutano solo i testi normativi ma anche i caratteri della giuridicità.
In genere, le grandi teorie generali del diritto, con la loro pretesa di determinare una definizione astorica di diritto, finiscono per avere una struttura di tipo ideologico: predefiniscono la nozione di diritto e, in una logica dicotomica, relegano tutto ciò che non vi coincide alla mera dimensione fattuale.
La forza di tali costruzioni teoriche (si pensi a quella kelseniana) consiste, in genere, nella loro coerenza 'interna', ma rilevano i propri limiti di fronte al mutare della realtà sociale.
Significativo come le parole chiave del saggio di Guastini siano quelle di "ambiguità" (sin dalla stessa nozione di interpretazione), "indeterminatezza", "vaghezza", "selezione", "ponderazione", "bilanciamento", "lacuna", "principi", "gerarchie assiologiche", "inespresso".
Tutti termini che segnalano come la funzione interpretativa, che è componente della 'produzione' del diritto, richieda, di regola, la risposta a problemi dalle molteplici soluzioni la cui scelta, in quanto astrattamente ammissibili, necessita anche di valutazioni metaguridiche molto più di quanto siamo generalmente disposti a riconoscere.
In particolare in un'epoca di transizione (come è l'attuale) la formazione del diritto tende a determinarsi più sul versante della interpretazione/applicazione che non su quello della mera statuizione della disposizione; cresce il ruolo del giurista e dell'operatore del diritto, anche come interprete di istanze sociali, rispetto alle manifestazioni di volontà dei circuiti politico-istituzionali.
In società in sempre più rapida trasformazione il diritto si trova a dover fare i conti con sempre maggiori impreviste variabili fattuali e tende dunque a mutare (ed a moltiplicarsi) il relazionarsi tra disposizione e fatti.
Guastini ricorda anche i variegati tentativi, presenti in ordinamenti giuridici di diversa tradizione, di regolamentare l'interpretazione, ed ancora una volta si ripropone, anche a tale livello, la insopprimibile difficoltà di incasellare compiutamente la dinamica-pulsante-vitale dimensione giuridica. Anche come intendere la funzione interpretativa deve essere interpretata.
Tutti i numeri dell'Osservatorio sulle fonti hanno questa caratteristica: di trattare i temi più vari ed in tal modo evidenziare la vastità degli orizzonti degli ordinamenti giuridici contemporanei.
Anche questo numero della Rivista non fa eccezione ed accanto al saggio di Riccardo Guastini vengono pubblicati quello di Maria Cristina Grisolia, L'autonomia degli organi costituzionali e i limiti alle loro prerogative. Un tema ricorrente in lenta trasformazione, e quello di Nicola Pettinari, La qualità della legislazione nelle Regioni: il caso umbro.
Si tratta di due saggi che partendo da temi specifici colgono l'opportunità per spunti di carattere più complessivo sulle dinamiche che coinvolgono il sistema delle fonti.
Non a caso, nel titolo del saggio di Grisolia compare il termine "trasformazione", parola chiave in un'epoca di transizione che non risparmia certo la sfera costituzionale. L'istituto della autodichia delle Camere viene così analizzato alla luce dell'evolversi storico della sua funzione ed alla luce dei profili problematici che emergono dalla giurisprudenza (ordinaria, costituzionale, della Corte EDU). Il saggio è in tal modo significativo, non solo con riferimento all'evolversi, sia pur "lento", della percezione sia giuridica che politico-sociale dell'istituto analizzato, ma perché segnala il ruolo sempre più significativo delle plurali giurisprudenze.
Anche il saggio di Pettinari offre spunti che vanno oltre l'ambito d'indagine: il tema della qualità della legislazione, della semplificazione sia normativa che amministrativa, dell'analisi degli esiti della regolazione, perché l'Autore li inserisce correttamente nel più ampio contesto dell'operare giuridico in una dimensione caratterizzata dalla complessità.
Ecco dunque emergere un altro tema, partendo dall'analisi puntuale e rigorosa di un'esperienza circoscritta, che attraversa l'intero ordinamento giuridico: quello della necessità di mettere ordine, per quanto possibile, in una produzione normativa sempre più complessa e talora di non immediata conoscibilità.
Pettinari ricorda come l' "Unione europea (...) prescrive, tra i principi, i parametri e i criteri ai quali debbono attenersi i legislatori (nazionali e regionali), quelli di semplicità, chiarezza, concisione, comprensibilità e proporzionalità", che è un modo per ricordare che la legislazione è spesso non semplice, non chiara, non concisa, non comprensibile, non proporzionale.
Leggere di seguito il saggio di Guastini sulle difficoltà del processo interpretativo, quello di Pettinari sulle difficoltà (anche politiche, non solo tecniche) nella statuizione delle norme e quello di Grisolia sulla controversa trasformazione di un antico istituto, ci offre l'immediata sensazione della complessità di un ordinamento giuridico contemporaneo.