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Editoriale 1/2011

foto roselli

In questo numero sono pubblicati saggi ed articoli che trattano di materie e problematiche diversissime: l’urbanistica, l’Università, il governo europeo dei conti pubblici, la semplificazione normativa, le ipotesi di revisione della disciplina di nomina del Segretario generale della Camera dei deputati, l’esercizio del potere di ordinanza di protezione civile.

Sembrerebbe, pertanto, impossibile dedurre da tali lavori delle considerazioni di carattere generale e, di conseguenza, il compito di questo breve editoriale doversi ridurre ad una loro sintetica rassegna.

Ma la lettura in sequenza dei contributi obbliga a riflettere su di un dato che caratterizza e pervade il sistema delle fonti del diritto e pressoché ogni suo ambito: una irriducibile complessità, che caratterizza anche i tentativi di semplificazione normativa (come evidenzia nel suo contributo Piccirilli e come sottolinea lo stesso Consiglio di Stato in alcuni interessanti pareri).

Il sistema delle fonti incontra, nelle società contemporanee, una oggettiva difficoltà a relazionarsi con una complessità e metamorfosi sociale rapidissima, tanto che spesso si ha la sensazione che alcuni interventi normativi producano più incertezza e problemi di quanto riescano a risolvere. Complessità di cui spesso si ha una malintesa percezione, quasi fosse non una condizione ordinaria con cui fare i conti ma  eccezionale  e dunque sempre più da affrontare secondo logiche emergenziali (il tema ritorna con particolare evidenza nei contributi sull’utilizzo del potere di ordinanza, ma attiene a molteplici profili del sistema).

Occorre imparare a distinguere quanto della criticità delle fonti del diritto (e dei vari settori  dell’ordinamento) dipende da complessità indotta dalla sottostante realtà (complessità in quanto tale insopprimibile) e quanto dalla incapacità del circuito politico-istituzionale, del sistema amministrativo e della cultura giuridica di adeguare i processi decisionali ed ordinamentali ai sommovimenti che attraversano la società.

Il metodo fatto proprio da questa Rivista e dalle pubblicazioni dell’Osservatorio è stato quello di analizzare la produzione normativa in controluce, per ricercare i caratteri delle fonti non solo per come dovrebbero presentarsi secondo le previsioni costituzionali ma per come effettivamente si configurano. Questo consente di evidenziare i diversi profili della crisi del sistema delle fonti. Tra questi quelli che derivano dalla correlata crisi del sistema politico-istituzionale che induce, da lungo tempo e sempre più di frequente, ad una  forzata utilizzazione degli strumenti di produzione normativa. Esemplare è l’improprio dilatarsi del potere di ordinanza;  ma è tutta la catena normativa e le stesse procedure parlamentari (anche come dimostrano recenti vicende) ad essere in sofferenza.

Significativo come, da contributi così eterogenei, emergano diffusamente  profili di una crisi ordinamentale che sembra avvitarsi in un circuito perverso, in cui si saldano inconcludenti tradizionalismi scientifici della cultura giuridica (a dire il vero non solo italiana); incertezze redazionali; oggettiva complessità di molte materie; l’irrompere di una crisi economico-finanziaria che trova gli ordinamenti nazionali e dell’Unione europea impreparati; ipotesi di riforma che sembrano muoversi senza una complessiva visione istituzionale e sommarsi a scelte infelici.

Sotto questo ultimo profilo sembra andare  la proposta di modifica al regolamento della disciplina di nomina del Segretario generale della Camera dei deputati. In estrema sintesi, l’ipotesi del progetto (come ricostruisce Zuddas)  è quella di un Segretario “di legislatura” legato “ad un rapporto di fiducia col singolo Presidente più che con l’istituto della Presidenza in generale.”  L’ipotesi avanzata potrebbe finire per coinvolgere nella polemica politico-istituzionale gli stessi apparati serventi nel caso di sovraesposizione del Presidente della Camera. Risulterebbe poi particolarmente opinabile  se si saldasse con la scelta  infelice delle ultime legislature d’intendere le Presidenze dei due rami del Parlamento appannaggio della sola maggioranza parlamentare, sotto la spinta di un  malinteso principio maggioritario nella pretesa costruzione di un sistema bipolare. Scelta che si è spinta a fare delle elezioni dei  Presidenti di Camera e Senato strumento di alchimie tutte interne alla maggioranza del momento, abbandonando così  una prassi di condivisione nelle nomine che aveva dato buona prova di sé (valorizzando personalità politicamente significative ma dotate di autonomia intellettuale rispetto alla propria parte politica)  e che in questa infinita conflittuale transizione sarebbe potuta risultare preziosissima nel decantare, anziché produrre, tensioni istituzionali.

Alla crisi del sistema politico si somma una crisi economico-finanziaria che è destinata ad incidere in modo profondo e non transitorio nella configurazione degli stessi circuiti decisionali: nella previsione, ad esempio, di sempre più incisivi poteri alle autorità monetarie e di sempre più stingenti vincoli di bilancio destinati a ridisegnare le relazioni ‘costituzionali’ tra Unione europea ed ordinamenti nazionali.

Sotto la spinta di una crisi economica che non è il prodotto di un semplice ciclo sfavorevole, ma tende a modificare l’assetto economico delle varie aree geografiche del mondo, si determinano scelte di carattere strutturale anche attraverso, come ricorda Rivosecchi, “il progressivo ampliamento dell’ambito riservato alle fonti e alle procedure europee di sorveglianza economica” che impongono, tra l’altro,  di “ridisciplinare i contenuti e la tempistica di esame dei principali documenti contabili nazionali”, anche per salvaguardare l’altrimenti sempre più ridotto potere decisionale dei Parlamenti nazionali.

Molte scelte, anche a livello nazionale,  vengono fatte sotto la spinta emergenziale di questa particolare crisi economica e finanziaria. Si pensi, ad esempio, a quelle legate all’ineludibile necessità di risanamento dei conti pubblici, che vanno, di frequente, ad incidere nel sistema delle fonti con provvedimenti destinati a dispiegare i propri effetti anche oltre l’eventuale superamento dell’emergenza.

Anche  la legge n. 240 del 2010 è fortemente segnata dalla necessità di un risanamento della finanza universitaria. Si tratta di un testo normativo, come evidenziano due contributi, che rappresenta solo l’anello iniziale di una complessa catena normativa, fatta di rinvio a decreti legislativi, regolamenti governativi, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, decreti ministeriali regolamentari e non regolamentari, che riducono l’autonomia universitaria costituzionalmente riconosciuta in una ‘riserva indiana’ dai ristretti confini. Senza entrare nel merito dei contenuti della legge, e pur ricordando che le comunità universitarie portano una responsabilità non piccola per il non sempre esemplare esercizio dell’autonomia universitaria, ciò che andrà attentamente valutato quando la riforma dispiegherà i propri effetti è quanto il virtuale ‘commissariamento’  di profili significativi dell’autonomia universitaria sia legato al superamento di una fase emergenziale e quanto pretenda di segnare in modo permanente la vita delle Università. Risposta  che si giocherà su vari livelli: il recupero di un  corretto utilizzo delle fonti alla luce del riconoscimento costituzionale dell’autonomia; una effettiva capacità e credibilità delle comunità universitarie di autogovernarsi; il porsi seriamente il problema di una finanzia universitaria che riconosca spazi di (responsabile) autonomia agli Atenei.

Occuparsi del sistema delle fonti diventa inevitabilmente, in questa fase storica, tornare a riflettere sulla specificità e natura della dimensione giuridica, come non a caso finisce per fare il contributo di Laura Buffoni nell’affrontare un tema anche tecnicamente complesso quale quello della perequazione urbanistica (che porta ad interrogarsi sul complessivo governo del territorio, sul sempre mutevole statuto del diritto di proprietà, sui processi di “de-materializzazione”, o ‘scorporazione’, di profili di diritti reali e ad emersione  problematiche che attengono alla dimensione costituzionale).

Un’ultimissima considerazione. Si parla continuamente, ed abbiamo visto a ragion veduta, di crisi del sistema delle fonti, della profonda difficoltà ad ordinare le complesse società contemporanee con il tradizionale strumentario giuridico. Ma questo non significa crisi della funzione  del diritto, ma solo delle sue categorie e dei suoi processi di strutturazione tradizionali. È anzi proprio in contesti storici  come questo che cresce  responsabilità e ruolo dei giuristi.

 

Osservatorio sulle fonti

Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

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