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Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (2/2024)

Periodo di riferimento: febbraio 2024 – aprile 2024

I. Introduzione

Nel periodo di riferimento considerato, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (d’ora in poi, l’Autorità) ha adottato un rilevante provvedimento di natura regolamentare, vale a dire la Delibera n. 90/24/CONS che detta «Disposizioni di attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di parità di accesso ai mezzi di informazione relative alla campagna per l’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia fissata per i giorni 8 e 9 giugno 2024», in vigore da venerdì 12 aprile 2024 (data di pubblicazione sul sito web dell’Autorità medesima).

Di seguito verranno illustrati i principali contenuti del provvedimento, evidenziando, tra l’altro: il contesto giurisprudenziale di riferimento; le principali misure applicative del Regolamento; i nuovi riferimenti normativi di livello euro-unionale.

 

 II. Par condicio e giudice amministrativo. Un dialogo vicendevole.

A) Quanto ai criteri di valutazione previsti per i programmi di informazione.

Il Regolamento in commento è fonte secondaria “porosa” rispetto agli orientamenti della più recente giurisprudenza amministrativa, richiamati testualmente nella parte relativa ai “visti” e ai “considerata”. In presenza di una legge primaria attributiva del potere amministrativo, vale a dire la legge n. 28/2000, il giudice amministrativo interpreta e completa il parametro normativo, poi recepito nel Regolamento secondario, in modo da orientare in anticipo l’esercizio della discrezionalità tecnica oggetto, a sua volta, del sindacato del giudice. Si innesta dunque un circolo virtuoso tra giudice e Autorità che completano il discorso normativo in funzione supplente del decisore politico.

Con particolare riferimento ai programmi di informazione, si rileva come le misure previste dal Regolamento esulino dal rigido criterio della mera quantificazione, in termini matematici, degli spazi attribuiti alle diverse forze politiche, per dare risalto a ulteriori “indici presuntivi di riconoscimento”, cioè rivelatori della eventuale sovraesposizione di una forza politica rispetto alle altre in competizione, e quindi lesivi del corretto svolgimento del confronto politico su cui si fonda il sistema democratico.

Tale valutazione deve essere svolta dal regolatore case by case e in maniera trasversale. Il Regolamento, infatti, precisa che «la “visibilità” dei soggetti politici, ai fini dell’applicazione della legge 22 febbraio 2000, n. 28, e delle relative disposizioni attuative, deve essere valutata non solo in riferimento ai telegiornali ma anche, secondo quanto affermato dal Consiglio di Stato (sentenze nn. 545/2023, 547/2023), con riguardo ai programmi informativi complessivamente offerti».

Proprio con riferimento ai programmi di informazione, secondo il Consiglio di Stato richiamato nel Regolamento, deve in particolare essere ribadito «quanto ancora di recente ricordato dalla sezione (cfr. sentenza n. 10569 del 2022), nel senso della necessaria differenziazione fra gli obblighi imposti alle emittenti televisive a seconda che si faccia questione di programmi di comunicazione politica o programmi di informazione.

5.1.1 Per i programmi di comunicazione politica, occorre la definizione di parametri percentuali di ripartizione matematica paritaria degli spazi assegnati, all’uopo da rispettare da parte di ciascuna emittente.

5.1.2 Per i programmi di informazione, tra cui rientrano anche i telegiornali, vale il rinvio ai principi generali operanti in materia (del pluralismo, della completezza, della imparzialità, della obiettività e di parità di trattamento tra le diverse forze politiche), in maniera da evitare sia situazioni di vantaggio o di svantaggio per determinate forze politiche, sia una presenza ingiustificata dei membri del Governo o di esponenti politici. (…)

5.2 Va altresì ribadito che, mentre la comunicazione politica è sottoposta a criteri matematici di ripartizione paritaria dello spazio radiotelevisivo, i programmi di informazione sono soggetti a principi di portata generale, il cui rispetto deve essere verificato alla stregua delle peculiarità del caso concreto, al fine di valutare l'’esistenza di una presenza ingiustificata di esponenti politici e governativi. (…)

5.4 Per l’effetto, in presenza di un programma di informazione, al fine di verificare l’effettiva esistenza di un’infrazione, non occorre riscontrare la violazione di criteri matematici di ripartizione paritaria degli spazi assegnati, suscettibili effettivamente di accertamento oggettivo attraverso semplici rilievi automatizzati (come emergente dalle statuizioni di questo Consiglio richiamate dall’Autorità nel proprio appello, riferite alla rilevazione del tempo attribuito ai personaggi, di per sé non dirimente per i programmi di informazione), ma è necessario valutare il caso concreto, tenuto conto pure degli elementi istruttori in ipotesi forniti dall’emittente, al fine di verificare se la (contestata) presenza dei soggetti politici e dei membri del Governo fosse funzionale a garantire la completezza e l'imparzialità dell'informazione ovvero se vi sia stato un ingiustificato trattamento differenziato tra i vari schieramenti politici o un’eccessiva esposizione degli esponenti governativi»

Ciò stante, con specifico riferimento al monitoraggio dei programmi di informazione, coerentemente con i principi espressi nelle pronunce giurisprudenziali richiamate, il Regolamento in commento precisa quindi che appare necessario utilizzare, accanto a criteri meramente quantitativi come il c.d. “tempo di parola”, che rivestono carattere prevalente ma non esclusivo, anche criteri qualitativi che diano una misura più rispondente ai principi espressi dalle richiamate pronunce della presenza dei soggetti politici nei vari programmi informativi delle singole emittenti.

Il Regolamento, pertanto, distingue il caso di segnalazioni relative a episodi in singole trasmissioni, in cui la valutazione degli spazi attribuiti ai soggetti politici nei programmi di informazione è recata all’art. 9, comma 8, del Regolamento, in base al quale, ai fini della decisione, occorre tenere conto di criteri qualitativi quali, a titolo esemplificativo, il format della trasmissione, le modalità di realizzazione del contraddittorio, gli argomenti trattati in relazione all’agenda e il tipo di intervento.

Tali tipi di indicatori risultano invece inidonei ai fini della valutazione degli spazi attribuiti complessivamente alle singole forze politiche nell'ambito della intera programmazione della singola testata, poiché l’Autorità in questo caso è chiamata ad esercitare le sue valutazioni tecnico-discrezionali nell’ambito di un giudizio complessivo, cioè esteso a una pluralità di trasmissioni fra loro eterogenee, per contenuto e per collocazione temporale. In questo senso, ai fini del monitoraggio degli spazi complessivamente attribuiti, l’Autorità ritiene opportuno introdurre il criterio degli indici di ascolto come criterio integrativo di valutazione di natura qualitativa, per il diverso valore che la presenza di un soggetto politico può avere a seconda della fascia oraria in cui gli venga riconosciuto uno spazio. Infatti, il riferimento agli indici di ascolto consente di tener conto, nella valutazione, del rapporto tra il tempo di parola fruito dai soggetti politici rispetto alla fascia oraria di trasmissione nella quale viene rilevata la presenza dei soggetti, che registra un certo numero di ascolti.

Il Regolamento, quindi, prevede che «al fine di verificare l’effettiva esistenza di una violazione dei principi a tutela del pluralismo, della parità di trattamento tra soggetti politici e dell’equa rappresentazione di tutte le opinioni politiche nell’ambito dei programmi informativi, l’Autorità utilizzerà il parametro del tempo e degli indici di ascolto, quale indicatore presuntivo, per poi operare una valutazione del caso concreto, tenuto anche conto degli elementi forniti dall'emittente».

B) Quanto alla modalità di svolgimento del procedimento.

Il Regolamento in commento richiama, altresì, la sentenza del Consiglio di Stato n. 10569/2022, secondo cui  appare necessario, rispetto all’attività di monitoraggio e di eventuale adozione di un ordine ai sensi dell’art. 10, comma 5, della legge 22 febbraio 2000, n. 28[1], definire una disciplina procedurale che, ancorché connotata da necessaria speditezza – stante la rapidità con la quale le emittenti devono provvedere a sanare eventuali disequilibri nell’ottica di salvaguardare la par condicio elettorale – preveda la previa contestazione degli addebiti e garantisca il contraddittorio procedimentale prima dell’adozione dell’ordine di riequilibrio.

Il Consiglio di Stato, nella pronuncia testualmente richiamata dal Regolamento ha, infatti, ritenuto sussistere una netta distinzione tra procedimento prescrittivo (id est, ordine di riequilibrio rivolto alla emittente) e procedimento sanzionatorio derivante da mancato rispetto dell’ordine suddetto, in quanto aventi differenti presupposti, destinati a concludersi con diverse misure sacrificative e, pertanto, da ritenere soggetti, entrambi, alle disposizioni in tema di partecipazione procedimentale.

Sicché, nonostante in materia di par condicio «emergano esigenze di particolare tempestività dell’azione amministrativa, in ragione della rilevanza costituzionale dei beni garantiti e del ridotto arco temporale di applicazione delle speciali previsioni in commento (applicabili ai mezzi di informazione soltanto durante le campagne elettorali e referendarie), l’art. 10, comma 2, L. n. 28/2000, (…)  pure delineando un procedimento accelerato caratterizzato da un’istruttoria “sommaria”, impone comunque all’Autorità, prima di addivenire all’accertamento dell’infrazione e all’adozione della decisione sacrificativa:

- di contestare alla parte i fatti per cui si procede, anche con mezzi di comunicazione ad immediata ricezione (telefax); nonché

- di sentire gli interessati, cui consentire di fornire eventuali controdeduzioni entro ventiquattro ore dalla contestazione».

Ciò stante, il Regolamento in commento ha previsto a carico dell’Autorità un obbligo di preventiva contestazione in relazione a tutti i provvedimenti con cui il regolatore, accertata l’esistenza di un’infrazione, adotti misure sfavorevoli per il destinatario, siano essi consistenti in un ordine di riequilibrio, siano essi consistenti in una sanzione correlata all’inosservanza del predetto ordine. Infatti, proprio l’ordine prescrittivo implica l’accertamento di un’infrazione ed è connotato dal contenuto sacrificativo per il destinatario, cui vengono imposte misure cogenti funzionali al ripristino dell’ordine giuridico violato.

III. Le misure regolamentari

A) Quanto al perimetro soggettivo.

Secondo il Regolamento in commento (art. 1), nel periodo intercorrente tra la data di convocazione dei comizi elettorali e la data di presentazione delle candidature, si intendono per soggetti politici:

  1. le forze politiche che hanno eletto con un proprio simbolo almeno due rappresentanti italiani al Parlamento europeo.
  2. le forze politiche, diverse da quelle di cui alla lettera a), che costituiscono gruppo in almeno un ramo del Parlamento nazionale;
  3. le forze politiche, diverse da quelle di cui alle lettere a) e b), che hanno eletto, con un proprio simbolo, almeno tre rappresentanti nel Parlamento nazionale;
  4. il Gruppo Misto della Camera dei Deputati e il Gruppo Misto del Senato della Repubblica, i cui Presidenti individuano d’intesa fra loro, secondo criteri che contemperino le esigenze di rappresentatività con quelle di pariteticità, le forze politiche non facenti parte delle forse politiche di cui ai punti precedenti.

Nel periodo intercorrente tra la data di presentazione delle candidature e quella di chiusura della campagna elettorale, si intendono per soggetti politici:

  • le liste di candidati presentate con il medesimo simbolo in tanti ambiti territoriali da interessare complessivamente almeno un quarto del totale degli elettori;
  • le liste, diverse da quelle di cui alla precedente lett. a), che sono rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute.

B) Quanto al perimetro oggettivo.

Mentre con riferimento ai programmi di comunicazione politica il Regolamento stabilisce, come già evidenziato, rigidi criteri quantititavi[2], con specifico riferimento ai programmi di informazione il Regolamento stabilisce che rientrano in tale categoria i notiziari, i giornali radio, le rassegne stampa e ogni altro programma di contenuto informativo, compresi i programmi informativi diffusi nella sezione video delle testate giornalistiche on line soggetti al campo di applicazione dell’articolo 2 del Regolamento approvato con delibera n. 295/23/CONS[3], caratterizzato dalla correlazione ai temi dell’attualità e della cronaca.

Ai sensi del comma 2, nel periodo di vigenza della delibera, tenuto conto che l’attività di informazione radiotelevisiva costituisce servizio di interesse generale, i notiziari diffusi dalle emittenti televisive e radiofoniche nazionali e tutti gli altri programmi a contenuto informativo, compresi i programmi informativi diffusi nella sezione video delle testate giornalistiche on line riconducibili alla responsabilità di una specifica testata registrata ai sensi di legge, ivi comprese le rassegne stampa compatibilmente con le caratteristiche specifiche del programma, si conformano con particolare rigore ai principi di tutela del pluralismo, dell’imparzialità, dell’indipendenza, dell’obiettività, dell’equilibrata rappresentanza di genere e dell’apertura alle diverse forze politiche assicurando all’elettorato la più ampia informazione sui temi e sulle modalità di svolgimento della campagna elettorale, evitando di determinare, anche indirettamente, situazioni di vantaggio o svantaggio per determinate forze politiche.

Fermo il rispetto della libertà editoriale di ciascuna testata, i direttori, i conduttori, i giornalisti e i registi osservano in maniera rigorosa ogni cautela volta a dare attuazione al comma 2, considerando non solo le presenze e le posizioni di candidati, di esponenti politici o comunque di persone chiaramente riconducibili ai partiti e alle liste concorrenti, ma anche le posizioni di contenuto politico espresse da soggetti e persone non direttamente partecipanti alla competizione elettorale. Inoltre, l'organizzazione e lo svolgimento dei notiziari e dei programmi a contenuto informativo, anche con riferimento ai contributi filmati, alla ricostruzione delle vicende narrate, alla composizione e al comportamento del pubblico in studio deve ispirarsi ai criteri di cui al comma 2. In particolare, non deve determinarsi un uso ingiustificato di riprese di membri del Governo, di esponenti politici e di candidati e di simboli elettorali.

C) Quanto alle piattaforme on-line.

Infine, all’art. 30 il Regolamento in commento dispone le misure in tema di tutela del pluralismo sulle piattaforme online.

Le piattaforme online sono tenute ad un duplice obbligo di facere: da un lato, assumere ogni utile iniziativa volta ad assicurare il rispetto dei principi di tutela del pluralismo della libertà di espressione, dell’imparzialità, indipendenza e obiettività dell’informazione; dall’altro,  adottare misure di contrasto ai fenomeni di disinformazione anche in conformità agli impegni assunti nell’ambito del The Strengthened Code of Practice on Disinformation 2022 e alle previsioni recate negli Orientamenti per i fornitori di piattaforme online di dimensioni molto grandi e di motori di ricerca online di dimensioni molto grandi sulla mitigazione dei rischi sistemici per i processi elettorali adottati dalla Commissione europea il 26 marzo 2024.

Tali Orientamenti rappresentano atti di soft law di natura esecutiva, in quanto, a sua volta, il Regolamento (UE) 2022/2065 (“Regolamento sui servizi digitali” o DSA - Digital Service ACT) impone ai fornitori di piattaforme e di motori di ricerca online di dimensioni molto grandi l’obbligo di effettuare valutazioni dei rischi concreti e di adottare misure di attenuazione dei rischi ragionevoli, proporzionate ed efficaci, anche in relazione a “eventuali effetti negativi, attuali o prevedibili, sul dibattito civico e sui processi elettorali”. I rischi sistemici per i processi elettorali possono manifestarsi anche attraverso l’amplificazione e la diffusione celere e indiscriminata di contenuti che, secondo il diritto europeo o degli Stati membri, sono da ritenersi illegali. Il concetto di “contenuto illegale”, qui declinato con riferimento ai contenuti strumentali alla comunicazione politica, possono consistere in minacce, violenze, contenuti terroristici, incitamento all’odio o molestie online nei confronti di candidati politici o titolari di cariche politiche, giornalisti, operatori elettorali o altri soggetti coinvolti nel processo elettorale.

Gli orientamenti della Commissione europea, quindi, contengono misure di attenuazione volte ad affrontare i rischi sistemici connessi ai processi elettorali, tra le quali: il rafforzamento dei processi interni con cui le piattaforme e i motori di ricerca on line selezionano i messaggi da pubblicare; le misure di attenuazione dei rischi per i processi elettorali; le misure di attenuazione legate all’IA generativa; la cooperazione con l’Unione europea e le autorità nazionali, gli esperti indipendenti e le organizzazioni della società civile; il processo di attuazione di misure di attenuazione dei rischi durante e dopo un evento elettorale; infine, orientamenti specifici per le elezioni del Parlamento europeo.

Pertanto, nell’ambito di tali orientamenti applicativi, il Regolamento in commento dispone che le piattaforme online e i motori di ricerca designati assicurano la previsione di attività di fact-checking da parte di organizzazioni indipendenti, la trasparenza e la riconoscibilità dei profili o account social provenienti direttamente o indirettamente da Paesi terzi, la chiara identificazione dei messaggi politici a pagamento, l’adozione di strumenti di mitigazione relativi ai contenuti disinformativi prodotti dall’intelligenza artificiale generativa. Le piattaforme assicurano l’accesso a informazioni ufficiali sul processo elettorale, promuovono iniziative di educazione ai media e garantiscono la moderazione dei contenuti che minacciano l’integrità del processo elettorale.

IV. La nuova regolamentazione di livello europeo e la “trasparenza” della comunicazione politica

I servizi on line, oltre a diffondere indiscriminatamente contenuti dal potenziale illecito, presentano rischi ulteriori lì dove consentono di utilizzare tecniche di targeting dei destinatari e amplificazione dei contenuti mirati nell’ambito della pubblicazione, diffusione o promozione della pubblicità politica. Si tratta di tecniche, sempre più sofisticate, usate per rivolgere a una sola persona ovvero a un gruppo di persone specifico un messaggio di pubblicità politica concepito su misura, o per aumentarne la diffusione, la portata o la visibilità.

In questo contesto, poiché i servizi di pubblicità politica sono, a tutti gli effetti, “servizi” ai sensi dell’articolo 57 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e, come tali, godono delle libertà fondamentali previste dal Trattato, in particolare la libertà di stabilimento (possibilità di offrire servizi in uno Stato membro diverso da quello in cui è stabilito il prestatore di servizi) e la libera circolazione dei servizi (servizi forniti oltre frontiera), l’Unione europea il 13 marzo scorso ha adottato un nuovo Regolamento che mira a garantire che la prestazione di servizi di pubblicità politica avvenga nel pieno rispetto dei diritti fondamentali garantiti dall’Unione europea.

Si tratta del Regolamento (UE) 2024/900 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 marzo 2024 relativo alla trasparenza e al targeting della pubblicità politica, con il quale l’Unione europea intende garantire in tutta l’Europa un livello di trasparenza uniforme ed elevato della pubblicità politica, fornita nel quadro dei servizi di pubblicità politica, e prevenire, nel contempo, divergenze che ostacolino la libera circolazione di tali servizi nel mercato interno, stabilendo norme armonizzate sulla fornitura di servizi di pubblicità politica, nonché sulla trasparenza e sui relativi obblighi, quali il dovere di diligenza, per gli sponsor e i prestatori di servizi di pubblicità politica, in modo da assicurare la tutela uniforme dei diritti dell’individuo e il controllo del rispetto delle norme e dei diritti fondamentali in tutto il mercato interno.

Il nuovo Regolamento europeo, pertanto, non mira (quantomeno in via diretta) a garantire l’equilibrio informativo tramite la fissazione di criteri di parità di spazio, siano essi matematici o evanescenti, quanto piuttosto perseguire tre obbiettivi principali a esso intimamente connessi: scongiurare interferenze di paesi terzi nei processi democratici dell’Unione, garantire la trasparenza della pubblicità politica e proteggere i dati personali dei cittadini europei destinatari di tale pubblicità.

A riguardo si evidenzia che il Regolamento distingue i profili di controlli afferenti alla tutela dei dati personali in materia di targeting della pubblicità politica - disciplinato agli artt. 18 e 19 del Regolamento - devolvendoli direttamente alla competenza esclusiva delle autorità di settore (come, ad esempio, il Garante per la protezione dei dati personali), dai restanti profili di enforcement, per i quali gli Stati membri dovranno designare una o più autorità.

In materia di controlli, il Regolamento distingue ulteriormente il profilo attinente agli obblighi in materia di trasparenza di cui agli articoli da 7 al 17 e 21 sotto il profilo dell’ambito soggettivo, specificando che le verifiche sui prestatori di servizi di intermediazione ai sensi del DSA dovrebbero essere affidate ai Coordinatori dei servizi digitali designati ai sensi del medesimo DSA, richiamando, a riguardo, i relativi strumenti e meccanismi di intervento, anche transfrontaliero.

In Italia l’Autorità designata dalla legge quale Digital Service Coordinator è l’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni.

Pertanto, al cospetto di un decisore politico avaro di indicazioni, i futuri regolamenti in tema di par condicio dovranno tener contro, oltre che degli orientamenti del giudice amministrativo, anche del nuovo paradigma regolamentare definito a livello europeo, al fine di coniugare le esigenze legate all’equilibrio delle forze politiche con quello della trasparenza dei meccanismi della comunicazione politica che si svolgono sulla Rete.

 

[1] Art. 10, comma 5, legge 28/2000: «In caso di violazione dell’articolo 5, l’Autorità ordina all’emittente interessata la trasmissione di servizi di in formazione one elettorale con prevale te partecipazione dei soggetti politici che siano stati direttamente  danneggiati  dalla violazione».

[2] Articolo 3 (Ripartizione degli spazi di comunicazione politica) «Ai fini del presente Capo I, in applicazione della legge 22 febbraio 2000, n. 28, nel periodo intercorrente tra la data di convocazione dei comizi elettorali e la data di chiusura delle campagne elettorali, gli spazi che ciascuna emittente televisiva o radiofonica nazionale privata dedica alla comunicazione politica riferita alle consultazioni elettorali nelle forme previste dall’art. 4, comma 1, della legge 22 febbraio 2000, n. 28, sono ripartiti come segue: nel periodo intercorrente tra la data di convocazione dei comizi elettorali e la data di presentazione delle candidature, il tempo disponibile è ripartito per il settanta per cento in modo paritario tra i soggetti di cui all’art. 2, comma 1, lett. a), b) e c) e per il trenta per cento tra i soggetti di cui all’art. 2, comma 1, lett. a), b), c) e d), in proporzione alla loro consistenza parlamentare;

nel periodo intercorrente tra la data di presentazione delle candidature e quella di chiusura delle campagne elettorali, il tempo disponibile è ripartito, con criterio paritario, tra tutti i soggetti di cui all’art. 2, comma 2».

[3] Delibera 295/23/CONS, «Regolamento concernente la disciplina relativa al rilascio dei titoli autorizzatori alla fornitura di servizi di media audiovisivi e radiofonici via satellite, su altri mezzi di comunicazione elettronica e a richiesta».

Osservatorio sulle fonti

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