Periodo di riferimento: maggio 2024 – agosto 2024
1. Introduzione
Nel periodo di riferimento considerato, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (d’ora in poi, l’Autorità) ha adottato alcuni rilevanti provvedimenti di natura regolamentare, vale a dire:
- la Delibera n. 283/24/CONS, recante il «Regolamento di procedura per il riconoscimento della qualifica di segnalatore attendibile ai sensi dell’art. 22 del Regolamento sui servizi digitali», pubblicato in data 1° agosto 2024[1].
- la Delibera n. 282/24/CONS, recante il «Regolamento di procedura per la certificazione degli organismi di risoluzione extragiudiziale delle controversie tra destinatari del servizio e i fornitori di piattaforme online ai sensi dell’art. 21 del Regolamento sui servizi digitali[2]».
Di seguito verranno illustrati i principali contenuti dei provvedimenti aventi natura di fonte secondaria citati, richiamando in via sintetica: il contesto normativo di riferimento di livello unionale; la giurisprudenza più recente intervenuta sul tema; il contenuto delle misure applicative dei rispettivi Regolamenti.
2. Il quadro normativo di riferimento di livello unionale. Il Digital Service Act: dal regime di responsabilità agevolato all’obbligo di due diligence delle piattaforme
Come è noto, il Digital Service ACT cd. DSA – Regolamento (UE) 2022/2065 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 ottobre 2022, relativo a un mercato unico dei servizi digitali e che modifica la direttiva 2000/31/CE (regolamento sui servizi digitali) – si inserisce nel solco della perfetta continuità rispetto alla precedente Direttiva e-commerce (Direttiva 2000/31/CE) con specifico riferimento alla disciplina relativa alla responsabilità del provider. Infatti, il nuovo Regolamento riproduce sic e simpliciter il regime di responsabilità agevolato degli intermediari previsto dalla Direttiva sul commercio elettronico. In altri termini, la regola generale pregressa, fatta propria anche dal recente Regolamento, è quella secondo cui gli intermediari in rete sono considerati irresponsabili per i contenuti dannosi da essi veicolati, salvo lì dove siano a conoscenza della presenza dei medesimi oppure, una volta venuti a conoscenza, non li rimuovano prontamente[3].
Si tratta, pertanto, della trasposizione nel Regolamento DSA del binomio rinvenibile nella pregressa Direttiva, fondato sul rapporto tra regola generale ed eccezione. La regola generale si basa sulla irresponsabilità della piattaforma intermediaria (iuris tantum), l’eccezione prevede il riconoscimento della medesima responsabilità lì dove venga provata la sua consapevolezza del prestatore del servizio rispetto alla illeceità dei contenuti. Pertanto, trattasi di una irresponsabilità condizionata, introdotta in un tempo in cui si assisteva allo sviluppo delle piattaforme in rete, ancora embrionale, sviluppo che il legislatore europeo voleva incentivare.
Proprio su tale regola la giurisprudenza degli anni successivi è intervenuta a più riprese, affinando il concetto di regime di responsabilità agevolato (o di irresponsabilità condizionata) delle piattaforme con quello del rinvenimento degli indici presuntivi di consapevolezza. In altri termini, le piattaforme debbono considerarsi responsabili lì dove emerga, nella fattispecie concreta, la presenza dei cd. indici di riconoscimento che rivelino una consapevolezza della piattaforma. Pertanto, se dall’esame della res controversa vengano accertati elementi di fatto che dimostrino un ruolo proattivo della piattaforma nella diffusione di contenuti vietati – figura del cd. hosting provider attivo – tramonta la sua presunta neutralità, per lasciare spazio al concetto di partecipazione consapevole della medesima fondata, appunto, sulla presenza dei cd. indici di interferenza. Recente Consiglio di Stato in tema di piattaforme di secondary ticketing ha evidenziato come «2.11 Se si guarda al regime di responsabilità degli Internet service providers oggi in vigore nel nostro ordinamento, la scelta operata dal legislatore europeo e, conseguentemente, nazionale è stata quella di affiancare alle normative già esistenti – la disciplina generale sulla responsabilità da fatto illecito di cui all’art. 2043 c.c. e, più in generale, le ordinarie regole della responsabilità civile – alcune norme speciali, ad altro contenuto tecnico, sulla responsabilità dei prestatori di servizi nella società dell’informazione.
2.12 Tali norme, secondo la prospettazione accolta anche dalla giurisprudenza civile (cfr. ad es. Cass.civ. Sez. I, 19 marzo 2019, n. 7708 e 7709), dettano il criterio di imputazione della responsabilità della colpa, che viene ad essere dotato di un contenuto di specificità, e, ad un tempo, conformato e graduato, ex lege, per così dire, ritagliato, a misura dell’attività professionale svolta dai prestatori dei servizi Internet.
Secondo tale condiviso orientamento, va esclusa la responsabilità in caso di mancata manipolazione dei dati memorizzati; in tale contesto si valorizza peraltro la varietà di elementi idonei a delineare la peculiare figura dell’hosting attivo, comprendente attività di filtro, selezione, indicizzazione, organizzazione, catalogazione, aggregazione, valutazione, uso, modifica, estrazione o promozione dei contenuti pubblicati dagli utenti, operate mediante una gestione imprenditoriale del servizio, come pure l’adozione di una tecnica di valutazione comportamentale degli utenti per aumentarne la fidelizzazione. Trattasi all’evidenza, anche dinanzi all’evoluzione tecnologica, di indici esemplificativi e che non debbono essere tutti compresenti. Ciò che rileva è che deve trattarsi, in ogni caso, di condotte che abbiano in sostanza l’effetto di completare ed arricchire in modo non passivo la fruizione dei contenuti da parte degli utenti, il cui accertamento in concreto non può che essere rimesso al giudice di merito» (così, Consiglio di Stato, 6^ – 5 dicembre 2023, n. 10510).
L’esperienza concreta si è successivamente arricchita di casistiche che denotano una partecipazione della piattaforma attiva e consapevole, di tipo ex ante, rispetto alla diffusione di contenuti dannosi. Ad esempio, nel settore del divieto di promozione del gioco d’azzardo (art. 9 decreto dignità[4]), l’Autorità ha sanzionato le piattaforme e i content creator che, in forza di rapporti contrattuali pregressi, hanno trasmesso su canali (ospitati dalla piattaforma) numerosi video (postati dai content creator) contenenti forme di promozione del gioco. Infatti, il rapporto sinallagmatico (contratto di affiliazione) che si stabilisce ex ante tra piattaforma ospitante il canale e il fornitore di contenuti rende inequivocabile la consapevolezza della prima rispetto alla diffusione dei contenuti vietati che essa stessa contribuisce a diffondere, a titolo di concorso.
Recentissimo TAR, in merito, ha riconosciuto la responsabilità della piattaforma sanzionata lì dove, in contrasto con l’onere della prova contraria su di essa gravante, ai sensi dell’art. 3 della legge 689/1981, non ha fornito la prova di aver adottato tutta la diligenza possibile per evitare l’evento temuto, cioè la diffusione del contenuto promozionale vietato. Prova che, secondo il TAR, la piattaforma avrebbe potuto addurre dimostrando, ad esempio, di aver dotato i propri sistemi organizzativi interni di sistemi di intelligenza artificiale, quindi in grado di riconoscere i contenuti contrari al divieto di promozione del gioco a pagamento[5].
Inquadrato sinteticamente il regime dello stato dell’arte sul complesso tema della responsabilità delle piattaforme intermediarie, si verificheranno gli elementi di novità introdotti dal Digital Service Act.
Il Regolamento medesimo, nel far salva la disciplina pregressa introduce, al contempo, alcune innovazioni in termini di accountability degli intermediari di servizi digitali, prevedendo specifici obblighi di due diligence posti in capo ai medesimi.
Si tratta, in particolare, di obblighi di facere di tipo crescente, cioè dipendenti dalla natura dei servizi prestati e direttamente proporzionali alle dimensioni del fornitore, per cui con specifico riferimento alle c.d. very large online platforms, cd. VLOPs, (ossia quelle aventi un numero medio mensile di destinatari attivi del servizio nell’Unione pari o superiore a quarantacinque milioni) esso stabilisce regole ad hoc su cui vigila, in via esclusiva, la Commissione europea.
Il Regolamento, in altri termini, promuove un timido cambio di prospettiva nella misura in cui affianca al regime di responsabilità agevolato delle piattaforme sopra richiamato quello della accountability delle medesime[6]. In tal guisa, esso intende superare il sostanziale regime di autoregolazione adottato dalle piattaforme per limitare la diffusione dei contenuti illegali. E così, come autorevolmente sostenuto, «L’Europa si lascia alle spalle l’idealtipo regolazione asimmetrica sul modello TLC e con il D.M.A. e il D.S.A. prende atto dell’utopia autoregolatoria della rete e imprime all’iniziale filosofia liberistica un drastico retournement all’eteronomia[7]».
Nella consapevolezza che tali soggetti – oltre a godere di un regime speciale di responsabilità – hanno sino a oggi esse stesse definito le regole generali, accentrato su di sé il controllo del relativo rispetto, e individuato le misure ripristinatorie dell’ordine violato, il DSA mira invece a ristabilire la centralità della eteroregolazione nel settore dei servizi digitali, stabilendo a monte gli obblighi gravanti sui fornitori di servizi digitali per evitare il danno, nonché quali siano i soggetti pubblici che controllano sul rispetto delle medesime.
Su tale ultimo aspetto si rileva come l’articolo 49 del DSA stabilisce che “Gli Stati membri designano una o più autorità competenti incaricate della vigilanza dei fornitori di servizi intermediari e dell'esecuzione del presente regolamento («autoritàcompetenti»)” e che “Gli Stati membri designano una delle autorità competenti come coordinatore dei servizi digitali. Il coordinatore dei servizi digitali è responsabile di tutte le questioni relative alla vigilanza e all'applicazione del presente regolamento in tale Stato membro, a meno che lo Stato membro interessato non abbia assegnato determinati compiti o settori specifici ad altre autorità competenti. Il coordinatore dei servizi digitali è comunque responsabile di garantire il coordinamento a livello nazionale in relazione a tali questioni e di contribuire alla vigilanza e all'applicazione efficaci e coerenti del presente regolamento in tutta l'Unione”.
A sua volta, sul piano dell’ordinamento interno, il decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, recante “Misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale” come convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2023, n. 159 (cd. Decreto Caivano) all’articolo 15 ha designato l’Autorità quale Coordinatore dei Servizi Digitali) per l’Italia, ai sensi del citato articolo 49, paragrafo 2, del DSA.
L’articolo 15, comma 3, del Decreto prevede infatti che l’Autorità definisca «[…] con proprio provvedimento, le condizioni, le procedure e le modalità operative per l’esercizio dei poteri e delle funzioni di cui è titolare, quale Coordinatore dei Servizi Digitali, ai sensi del Regolamento (UE) 2022/2065”, svolgendone i relativi compiti “[…] in modo imparziale, trasparente e tempestivo».
3. Il Regolamento di procedura per il riconoscimento della qualifica di segnalatore attendibile ai sensi dell’art. 22 del Regolamento sui servizi digitali (Delibera n. 283/24/CONS)
Il Regolamento DSA prevede, all’art. 22, il riconoscimento della qualifica di “segnalatori attendibili” a quei soggetti che agiscono entro un ambito di competenza designato, per la presentazione di segnalazioni, avvalendosi dei meccanismi di cui all’art.16 del medesimo Regolamento, a cui i fornitori di piattaforme online devono garantire che sia data priorità e siano trattate e decise senza indebito ritardo.
La Delibera in commento, pertanto, attua il mandato conferitole dal Decreto Caivano individuando i criteri soggettivi per la formazione dell’elenco dei cd. segnalatori attendibili, cioè dei soggetti deputati a indicare alle piattaforme contenuti che necessitano di essere attenzionati (e, del caso, inibiti) con la massima priorità da parte delle piattaforme medesime[8].
La qualifica di “segnalatore attendibile” è quindi conferita, su richiesta, dal Coordinatore dei servizi digitali di ciascun Stato membro in cui il richiedente è stabilito, ad enti che dimostrino di disporre di capacità e competenze particolari ai fini dell’individuazione, identificazione e notifica dei contenuti illegali, di essere indipendenti dai fornitori di piattaforme online e di svolgere le proprie attività in modo diligente, accurato e obiettivo.
In particolare, sul punto l’art. 22 comma 2 del DSA recita: «2. La qualifica di «segnalatore attendibile» a norma del presente regolamento viene riconosciuta, su richiesta di qualunque ente, dal coordinatore dei servizi digitali dello Stato membro in cui è stabilito il richiedente al richiedente che abbia dimostrato di soddisfare tutte le condizioni seguenti: a) dispone di capacità e competenze particolari ai fini dell'individuazione, dell’identificazione e della notifica di contenuti illegali; b) è indipendente da qualsiasi fornitore di piattaforme online; c) svolge le proprie attività al fine di presentare le segnalazioni in modo diligente, accurato e obiettivo».
Alla luce delle disposizioni del DSA, pertanto, la qualifica di segnalatore attendibile può essere riconosciuta a enti (pubblici o privati) che dimostrino, tra l’altro, di disporre di capacità e competenze particolari nella lotta ai contenuti illegali e di svolgere le proprie attività in modo diligente, accurato e obiettivo. Diversamente, le persone fisiche, intese quali singoli individui, non rispettano i requisiti soggettivi per richiedere la qualifica di segnalatori attendibili come argomentato al Considerando n. 61 del DSA. Fermo restando la necessità che la valutazione sia effettuata caso per caso in base alla verifica dei requisiti da parte di ciascun soggetto stabiliti all’art. 22, par. 2 del DSA, rientrano nell’ambito dei soggetti potenzialmente ammessi a richiedere il riconoscimento della qualifica di segnalatore attendibile, senza pretesa di esaustività, le seguenti categorie: enti pubblici o di natura pubblica, organismi privati o semi-pubblici (e.g.: associazioni di categoria, consorzi, federazioni e/o, associazioni commerciali, professionali o industriali, ordini professionali, sindacati, ecc…), enti di fact checking, organizzazioni non governative (e.g.: associazioni di consumatori, organizzazioni a protezione dei diritti umani, dell’ambiente o degli animali ecc…), reti o alleanze di imprese ecc….
Peraltro, nella valutazione dei requisiti che il DSC è chiamato ad effettuare, dovrà essere tenuta in massima considerazione la necessità di prevenire eventuali situazioni di conflitti di interesse in capo a soggetti che esercitano attività economiche ed imprenditoriali ovvero svolgono competenze anche istituzionali, potenzialmente in contrasto con lo svolgimento della funzione di segnalatore attendibile.
L’art. 22, paragrafo 2, lettera b) stabilisce che l’ente richiedente la qualifica di segnalatore attendibile debba essere indipendente da qualsiasi fornitore di piattaforme online. Tale requisito dovrebbe essere innanzitutto garantito nei processi decisionali dell’ente, i quali non dovrebbero essere influenzati dai fornitori di piattaforme online. Pertanto, la valutazione dell’indipendenza implica un’analisi conoscitiva complessiva che riguardi i soci (nel caso di società) o i membri (nel caso di associazioni) dell’ente, la verifica di eventuali rapporti di collegamento o controllo dell’ente stesso con piattaforme online o soggetti ed esse riconducibili, le strutture decisionali interne, come il consiglio di amministrazione – o l’organo equivalente - fino alle singole risorse che si occupano materialmente dell’attività di segnalazione, ai fini di verificare l’assenza di conflitti di interesse con i fornitori dei servizi di piattaforme online. A tale proposito, possono costituire elementi utili alla valutazione, la composizione dei Consigli di amministrazione o comunque degli organismi direttivi degli enti richiedenti la qualifica, così come gli atti costitutivi e gli statuti fondativi. Inoltre, anche la presenza di specifiche policies o codici etici che contengano misure volte ad evitare conflitti di interesse nei confronti dei fornitori di piattaforme online possono essere utili ad assicurare l’indipendenza decisionale dell’ente. Per quanto riguarda il requisito dell’indipendenza finanziaria, i segnalatori qualificati dovrebbero dimostrare, fornendo adeguate evidenze, la propria indipendenza finanziaria dalle piattaforme online, rendendo le proprie fonti di finanziamento pubbliche e trasparenti. Qualora il segnalatore qualificato percepisca finanziamenti provenienti da fornitori di piattaforme online, (anche sotto forma di servizi pubblicitari), tali fondi dovrebbero costituire una quota non condizionante del finanziamento complessivo dell’ente. Infine, non dovrebbero verificarsi, nel personale che svolge le attività di segnalazione, situazioni di conflitto di interesse con fornitori di piattaforme online.
4. Il Regolamento di procedura per la certificazione degli organismi di risoluzione extragiudiziale delle controversie tra destinatari del servizio e i fornitori di piattaforme online ai sensi dell’art. 21 del Regolamento sui servizi digitali (Delibera n. 282/24/CONS)
L’articolo 21 del Regolamento sui servizi digitali contiene specifiche disposizioni in ordine alla certificazione degli organismi di risoluzione extragiudiziale delle controversie tra destinatari del servizio e fornitori di piattaforma online.
In particolare, i destinatari del servizio possono presentare per via elettronica e gratuitamente reclami contro la decisione presa dal fornitore della piattaforma online, e hanno il diritto di scegliere un organismo di risoluzione extragiudiziale delle controversie certificato ai fini della risoluzione delle controversie inerenti a tali decisioni.
Ai sensi dei paragrafi 3, 7 e 8, il Coordinatore dei servizi digitali dello Stato membro in cui è stabilito l’organismo di risoluzione extragiudiziale delle controversie certifica tale soggetto, su sua richiesta, per un periodo massimo di cinque anni rinnovabile, se il medesimo ha dimostrato di soddisfare tutte le condizioni prescritte dal Regolamento; il Coordinatore, inoltre, esercita attività di vigilanza e controllo sugli organismi certificati, comunicando alla Commissione le informazioni necessarie alla pubblicazione di un elenco degli stessi; - con specifico riferimento all’attività di verifica ai fini del rilascio della relativa certificazione, il paragrafo 3, prevede che il Coordinatore appuri il possesso da parte dei menzionati organismi dei seguenti requisiti: «a) è imparziale e indipendente, anche sul piano finanziario, dai fornitori di piattaforme online e dai destinatari del servizio prestato dai fornitori di piattaforme online, ivi compresi le persone o gli enti che hanno presentato segnalazioni; b) dispone delle competenze necessarie, in relazione alle questioni che sorgono in uno o più ambiti specifici relativi ai contenuti illegali o in relazione all'applicazione e all'esecuzione delle condizioni generali di uno o più tipi di piattaforme online, per consentire a tale organismo di contribuire efficacemente alla risoluzione di una controversia; c) i suoi membri sono retribuiti secondo modalità non legate all'esito della procedura; d) la risoluzione extragiudiziale delle controversie che offre è facilmente accessibile attraverso le tecnologie di comunicazione elettronica e prevede la possibilità di avviare la risoluzione delle controversie e di presentare i necessari documenti giustificativi online; e) è in grado di risolvere le controversie in modo rapido, efficiente ed efficace sotto il profilo dei costi e in almeno una delle lingue ufficiali delle istituzioni dell'Unione; f) la risoluzione extragiudiziale delle controversie che offre avviene secondo regole procedurali chiare ed eque che sono facilmente e pubblicamente accessibili e conformi al diritto applicabile, compreso il presente articolo».
[1] https://www.agcom.it/provvedimenti/delibera-283-24-cons#allegati.
[2] https://www.agcom.it/provvedimenti/delibera-282-24-cons
[3] Cfr. Articolo 6 Memorizzazione di informazioni 1. Nella prestazione di un servizio della società dell'informazione consistente nella memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario del servizio, il prestatore del servizio non è responsabile delle informazioni memorizzate su richiesta di un destinatario del servizio, a condizione che detto prestatore: a) non sia effettivamente a conoscenza delle attività o dei contenuti illegali e, per quanto attiene a domande risarcitorie, non sia consapevole di fatti o circostanze che rendono manifesta l'illegalità dell'attività o dei contenuti; oppure b) non appena venga a conoscenza di tali attività o contenuti illegali o divenga consapevole di tali fatti o circostanze, agisca immediatamente per rimuovere i contenuti illegali o per disabilitare l'accesso agli stessi.
[4] DECRETO-LEGGE 12 luglio 2018, n. 87, recante Disposizioni urgenti per la dignita' dei lavoratori e delle imprese.
[5] Tar per il Lazio, sez. IV, n. 11661 del 29 maggio 2024.
[6] Articolo 1 Regolamento DSA. Oggetto 1. L'obiettivo del presente regolamento è contribuire al corretto funzionamento del mercato interno dei servizi intermediari stabilendo norme armonizzate per un ambiente online sicuro, prevedibile e affidabile che faciliti l'innovazione e in cui i diritti fondamentali sanciti dalla Carta, compreso il principio della protezione dei consumatori, siano tutelati in modo effettivo. 2. Il presente regolamento stabilisce norme armonizzate sulla prestazione di servizi intermediari nel mercato interno. Il presente regolamento stabilisce in particolare: a) un quadro per l'esenzione condizionata dalla responsabilità dei prestatori di servizi intermediari; b) norme relative a specifici obblighi in materia di dovere di diligenza adattati a determinate categorie di prestatori di servizi intermediari;
[7] G. De Minico, Nuova tecnica per nuove diseguaglianze. Case law: Disciplina Telecomunicazioni, Digital Services Act e Neurodiritti, in Federalismi, 15 marzo 2024, p. 14.
[8] Gli artt. 16 e 17 del DSA prevedono un meccanismo di segnalazione (da parte del segnalatore attendibile) e conseguente azione (con provvedimento motivato) della piattaforma. In particolare, all’art. 1 comma 1 si legge che « I prestatori di servizi di memorizzazione di informazioni forniscono a tutti i destinatari del servizio interessati una motivazione chiara e specifica per le seguenti restrizioni imposte a motivo del fatto che le informazioni fornite dal destinatario del servizio costituiscono contenuti illegali o sono incompatibili con le proprie condizioni generali: a) eventuali restrizioni alla visibilità di informazioni specifiche fornite dal destinatario del servizio, comprese la rimozione di contenuti, la disabilitazione dell'accesso ai contenuti o la retrocessione dei contenuti; b) la sospensione, la cessazione o altra limitazione dei pagamenti in denaro; c) la sospensione o la cessazione totale o parziale della prestazione del servizio; d) la sospensione o la chiusura dell'account del destinatario del servizio». Critica, sul punto, G. De Minico, op. ult. cit., p. 18, secondo cui «Quindi, il controllo di liceità può celare forme subdole di sindacato di merito sulla manifestazione del pensiero, favorendo la censura digitale sulla rete con la conseguenza che Internet finirebbe per subire un mutamento radicale nella sua fisionomia: da luogo esente dall’eteronomia e libero da intermediari informativi a spazio vigilato dai privati, che hanno nelle loro mani le chiavi per aprire e chiudere l’agorà informativa. Questo rischio non si può evitare in assenza del parametro normativo che definisca in anticipo il concetto di falso; con il paradossale esito di una cesura netta tra l’ambiente offline, dove la divulgazione di idee false non è reato, a meno che non aggredisca beniinteressi diversi dalla verità, e quello virtuale, dove invece l’idea se falsa, da esercizio di un diritto diventa un fatto illecito».