In materia di regole di comportamento delle imprese di assicurazione nell’offerta, pubblicità ed esecuzione dei contratti, il Consiglio di Stato conferma il precedente orientamento circa l’ammissibilità di un’eterointegrazione delle norme primarie, anche a prescindere da una loro specificazione per il tramite di norme regolamentari di attuazione.
1. Con la sentenza pubblicata il 31 maggio 2024, n. 4879, il Consiglio di Stato (sez. VI), in materia di disciplina delle regole di comportamento delle imprese di assicurazione, ha confermato la sentenza del TAR Lazio (sez. II-ter), 21 marzo 2022, n. 3221, ed ha ribadito il principio dell’ammissibilità dell’eterointegrazione delle norme primarie, non risultando sempre necessaria l’emanazione di relative norme di attuazione. Principio che, del resto, era stato già affermato dalla giurisprudenza amministrativa con la sentenza del TAR Lazio, sez. II ter, n. 1598/2018 (a suo tempo schedata nel n. 2/2018 di questa Rivista), successivamente confermata dalla sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, n. 5468/2020 (a suo tempo schedata nel n. 3/2020 di questa Rivista), e con la sentenza TAR Lazio, sez. II Stralcio, n. 14973/2023 (a suo tempo schedata nel n. 3/2023 di questa Rivista).
Relativamente alla condotta delle imprese nell’offerta ed esecuzione dei contratti e nella pubblicità dei prodotti, si ricorda che il D.Lgs. n. 209/2005 (Codice delle Assicurazioni):
- all’art. 183, comma 1, lettera a), disponeva (nel testo vigente al tempo dei fatti oggetto del giudizio, poi modificato con il D.Lgs n. 68/2018 e ancora con il D.Lgs. n. 187/2020, ma rimasto nei contenuti sostanzialmente simile anche nell’attualità), che “nell'offerta e nell’esecuzione dei contratti le imprese devono (…) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza nei confronti dei contraenti e degli assicurati”.
- al successivo secondo comma del medesimo art. 183, attribuisce il potere regolamentare in materia all’IVASS, disponendo che esso “adotta, con regolamento, specifiche disposizioni relative alla determinazione delle regole di comportamento da osservare nei rapporti con i contraenti, in modo che l’attività si svolga con correttezza e con adeguatezza rispetto alle specifiche esigenze dei singoli”.
- all’art. 182 (Pubblicità dei prodotti assicurativi), stabiliva – sempre nel testo vigente ai tempi dei fatti oggetto della sentenza e, per quanto modificato con il D.Lgs. n. 68/2018, rimasto sostanzialmente immutato – che “la pubblicità utilizzata per i prodotti delle imprese di assicurazione è effettuata avendo riguardo alla correttezza dell'informazione ed alla conformità rispetto al contenuto della nota informativa e delle condizioni di contratto cui i prodotti stessi si riferiscono”.
A proposito di quanto sopra riportato al punto b), peraltro, merita osservare che la potestà regolamentare ivi ricordata è stata esercitata dall’Ivass con l’adozione (e i successivi aggiornamenti) di due regolamenti, i nn. 40 e 41 del 2 agosto 2018, in un momento comunque posteriore al verificarsi dei fatti oggetto del giudizio de quo e, peraltro, senza la formulazione di alcuna specifica disposizione circa puntuali profili di diligenza, correttezza e trasparenza dei comportamenti delle imprese di assicurazione.
Analogamente, a proposito di quanto sopra riportato al punto c), merita osservare che, al tempo dei fatti oggetto del giudizio, l’IVASS non aveva dettato, in forza del più generale potere regolamentare di cui all’art. 191 del Codice delle Assicurazioni, alcuna disposizione relativa ai profili esemplificativi o integrativi della nozione di correttezza dell’informazione.
2. Nel giudizio amministrativo in questione, l’impresa di assicurazioni ricorrente/appellante aveva impugnato una sanzione pecuniaria inflittale ai sensi degli artt. 318 e 319 (al tempo vigenti, poi abrogati con il D. Lgs. 68/2018, con assorbimento della norma di cui all’art. 319 nel novellato art. 310, comma 1, lett c) del detto Codice delle assicurazioni private, aventi, rispettivamente, per oggetto le sanzioni avverso “l'inosservanza delle disposizioni di cui all'articolo 182, commi 1e 3, o delle relative norme di attuazione” e “l’inosservanza delle disposizioni di cui all’articolo 183 o delle relative norme di attuazione”. Norme di attuazione che peraltro, come si è appena avuto modo di precisare, non erano ancora state in entrambi i casi adottate dall’Ivass.
Il ricorrente/appellante lamentava, per quanto qui di rilievo la violazione e/o falsa applicazione dei principi di legalità, determinatezza e tassatività delle fattispecie sanzionabili, di certezza del diritto e la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, l. 689/1981.
Il Consiglio di Stato, decidendo sul punto, ha osservato, “sul piano generale”, che “la riserva di legge prevista dall’art. 1 l. 689/81 è precettiva solo per quanto attiene alla determinazione della sanzione, esigendo la norma che la stessa sia comminata sulla base di norma primaria, ma consentendo il rinvio (cfr., Corte Cost. 11 luglio 1961, n. 48) "a provvedimenti amministrativi della determinazione di elementi o di presupposti espressione di discrezionalità tecnica".
Sotto un profilo più specifico, poi, il Consiglio di Stato ha così testualmente affermato: “La riserva di legge – sul presupposto che la sanzione sia comminata direttamente dalla legge – consente l’integrazione meramente tecnica del precetto da parte di fonti non legislative. Le norme di settore contenenti i precetti non possono materialmente declinare tutte le fattispecie di violazione dei princìpi stessi perché ne risulterebbero norme pletoriche e comunque non esaustive di tutte le possibilità. Le norme in esame richiamano princìpi generali, individuabili senza incertezze, in cui il fatto viene accertato e sussunto nella fattispecie normativa per effetto dei rilievi in fatto contenuti nel rapporto ispettivo o azione di vigilanza “off site”. In definitiva la contestazione d’addebiti e il provvedimento finale, s’integrano vicendevolmente e la portata lesiva dei fatti ed il loro disvalore nell’ordinamento di settore valutati nella motivazione del provvedimento impugnato. La portata semantica degli elementi normativi evocati dai ridetti princìpi generali deriva dall’attività interpretativa tecnico-discrezionale dell’autorità procedente di cui il provvedimento e, prima ancora, gli atti prodromici – assunti in regìme di piena trasparenza e di contraddittorio – danno conto in motivazione”.
Secondo il giudicante, pertanto, l’eterointegrazione della norma primaria è sempre ammessa, e non deve necessariamente avvenire a mezzo di atti di normazione secondaria adottati, ove previsto, in attuazione della medesima.
L’eterointegrazione, infatti, può anche scaturire dall’attività interpretativa tecnico-discrezionale del soggetto preposto al controllo sull’osservanza della norma in questione, e dai suoi atti prodromici o conclusivi del procedimento sanzionatorio, purché assunti in piena trasparenza e in contraddittorio.