Fonti internazionali

La Cassazione torna ad occuparsi sull’interpretazione della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 (1/2024)

1. Premesse

La Cassazione, con la sentenza n 3924 depositata il 13 febbraio, si pronunciava nuovamente sull’interpretazione e applicazione della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980, in riferimento agli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori. La vicenda riguardava, in particolare, il rapporto esistente tra la decisione del Tribunale italiano per i minorenni di immediato rimpatrio nella residenza abituale e le determinazioni di merito in punto di responsabilità genitoriale del Tribunale danese[1]

 

2. I fatti di causa

La presente causa originava dall’illecito trattenimento di un minore in Italia ad opera della madre e dalla conseguente decisione del Tribunale per i minorenni di Milano che ordinava l’immediato rimpatrio in Danimarca del bambino[2].

In specie, il bambino nato in Italia da madre italiana e padre danese, dal 2017 aveva vissuto ininterrottamente in Danimarca con i propri genitori, sino a quando veniva portato nel giugno 2019 in Italia dalla madre (con iniziale consenso del padre) e veniva ivi trattenuto, malgrado l’opposizione del padre[3].

Il Tribunale per i Minorenni si pronunciava con decreto depositato nel maggio 2022 disponendo l’immediato rientro del figlio minore in Danimarca, sua residenza abituale[4]. I giudici, infatti, ritenevano la condotta della madre illegittima, perché in violazione del diritto di custodia e affidamento del padre. Nondimeno, tale comportamento era ritenuto causa, da una parte, dello sradicamento del minore dall’ambiente dove aveva sempre vissuto e, dall’altra, dell’allontanamento del minore dalla figura genitoriale paterna, con cui aveva convissuto sin dalla nascita. Il Tribunale escludeva poi che il rientro in Danimarca del minore costituisse per lo stesso un pregiudizio, ai sensi dell’art. 13 lett. b) della Convenzione dell’Aja del 1980 e riteneva, pertanto, che non vi fossero elementi ostativi al rientro del minore in Danimarca[5].

3. I motivi di ricorso

Avverso la suddetta pronuncia, la madre proponeva ricorso per Cassazione, sulla base di quattro distinti motivi. Il padre si costituiva in giudizio mediante controricorso.

La madre allegava, altresì, una memoria in cui si dava anzitutto atto delle vicende giudiziarie occorse, nel frattempo, in Danimarca e inerenti all’affidamento del minore suddetto. In particolare, dopo aver effettivamente ricondotto il figlio in Danimarca, nell’ottobre 2022, la madre aveva presentato ricorso dinanzi al Tribunale di Horsens, il quale aveva disposto l’immediata riconsegna del minore alla genitrice, rilevando il mancato rispetto da parte dell’autorità italiana di un precedente arresto del Tribunale di Viborg che aveva disposto l’affidamento esclusivo alla madre stessa e il correlativo diritto di visita del padre; provvedimento poi confermato in appello nell’agosto 2021. La sentenza era divenuta definitiva nell’aprile 2022. A seguito di siffatta pronuncia di affidamento, dunque, la madre era potuta rientrare legalmente in Italia con il figlio.

Innanzi alla Corte, la ricorrente lamentava, con il primo motivo, la violazione, ex art. 360 n. 3 cpc, dell’art. 2909 c.c., in relazione al giudicato inter-partes costituito dalla sentenza del tribunale di Viborg passata in giudicato. In secondo luogo, reclamava l’omesso esame, ex art. 360 n. 5 cpc di fatti decisivi, rappresentati dalla assenza in Danimarca, nella ex residenza danese del minore, di un genitore che avesse autorità parentale. Con il terzo e quarto motivo, invece, denunciava la violazione, rispettivamente, degli artt. 12 e 13 della Convenzione dell’Aja del 1980.

Con ordinanza interlocutoria n. 22770/2023 la Corte di Cassazione, investita della questione, riteneva suddette allegazioni rilevanti ai fini di causa, in quanto suscettibili di dimostrare che la procedura di rientro del minore, disciplinata dalla Convenzione dell’Aja del 1980, avrebbe esaurito il proprio corso, con conseguente presa in carico del minore da parte dell’Autorità competente per il merito. Dunque, attesa la necessità di riscontro di tali allegazioni – anche nella prospettiva della sopravvenuta cessazione della materia del contendere – rinviava la trattazione della causa in pubblica udienza.

4. La decisione della Corte

Riassunta la causa, in via preliminare, la Corte si pronunciava sugli effetti delle decisioni adottate dai giudici danesi – inerenti all’affidamento del minore alla madre – sul procedimento italiano.

Più precisamente, la Suprema Corte osservava come, già nell’ordinanza interlocutoria si fosse prospettata la possibile sopravvenuta cessazione della materia del contendere, alla quale, tuttavia, si era opposto il padre del minore con controricorso, in quanto interessato alla conferma del provvedimento del Tribunale dei Minori impugnato, ai fini dell’accertamento della sottrazione internazionale operata dalla madre.  

Conseguentemente, il padre sosteneva che il suddetto ricorso per Cassazione dovesse essere ritenuto ammissibile, in quanto la materia del contendere, nella sottrazione internazionale di minori, riguardava esclusivamente l’accertamento dell’illecito trasferimento di un minore, intendendosi con tale termine anche l’illecito trattenimento o il mancato rientro, come nel caso di specie.

Secondo tale ricostruzione, dunque, il Tribunale per i minorenni di Milano si era occupato esclusivamente di tale aspetto. Pertanto, l’accertamento dei diritti connessi alla responsabilità genitoriale non poteva dirsi in alcun modo né un procedimento collegato, né una fase ulteriore per l’accertamento della sottrazione internazionale, rimanendo da questo del tutto autonomo e distinto.

La Corte di cassazione si pronunciava, al contrario, ritenendo che fosse sopravvenuta la cessazione della materia del contendere per i seguenti motivi.

 In primo luogo, i Supremi Giudici rilevavano che il Tribunale per i minorenni di Milano, nel procedimento per il rimpatrio del minore, ai sensi della Convenzione dell’Aja del 1980, avesse escluso erroneamente il rilievo delle decisioni di merito dei giudici danesi in punto di affidamento, in quanto estranee al merito della decisione avente un diverso oggetto. A parere della Corte, infatti, proprio tali pronunce divenute definitive nell’aprile 2022 (dunque prima del decreto del Tribunale) avevano prodotto l’invocato effetto del sopravvenuto venir modo dell’interesse della ricorrente a impugnare il provvedimento del giudice milanese e, di conseguenza, della materia del contendere. In sostanza, la ricorrente chiedeva la riforma del provvedimento di merito a lei non gradito sebbene, nel frattempo, fossero mutate le condizioni di custodia del minore, il quale risiedeva legittimamente in Italia, nella sua piena custodia. Conseguentemente, il ‘comando’ di rimpatrio del bambino in Danimarca contenuto nel decreto del Tribunale per i Minori era divenuto all’attualità inefficace. Di qui, dunque, la cessazione della materia del contendere nella controversia tra i due genitori.

A sostegno della propria posizione la suprema Corte sottolineava, inoltre, che la Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 “è finalizzata a proteggere il minore contro gli effetti nocivi derivanti da un suo trasferimento o mancato rientro illecito, nel luogo ove egli svolge la sua abituale vita quotidiana, sul presupposto della tutela del superiore interesse dello stesso alla conservazione delle relazioni interpersonali che fanno parte del suo mondo e costituiscono la sua identità”[6].

La Convenzione prescinde completamente dall’esistenza di un titolo giuridico di affidamento, poiché ha lo scopo esclusivo di tutelare l’affidamento quale situazione di mero fatto, da reintegrare con l’immediato ritorno del minore nel proprio Stato di residenza abituale, sulla base della presunzione secondo cui l’interesse del minore coincide con quello di non essere allontanato o di essere immediatamente ricondotto nel luogo in cui svolge la sua abituale vita quotidiana.

Ne consegue che si tratta di una tutela apprestata con finalità prettamente reintegratoria.

Pertanto, l’accertamento dell’illiceità della sottrazione è unicamente “preliminare e strumentale” rispetto all’ordine di rientro e non può avere alcun rilievo autonomo. Su queste premesse, la Corte ribadiva il venir meno della materia del contendere in relazione all’esecuzione dell’ordine di trasferimento del minore nel luogo di residenza dal quale era stato sottratto. Per quanto sopra esposto, la Corte dichiarava la cessazione della materia del contendere.

 

[1] La Corte di Cassazione era stata investita di questioni simili in precedenza. In particolare, si rinvia alla sentenza n. 12293 del 19 maggio 2010, laddove la Corte era stata chiamata a pronunciarsi sul decreto con cui il Tribunale per i Minorenni di Milano aveva accolto l’istanza proposta da un padre tedesco, ai sensi della Convenzione dell’Aja del 1980, per l’immediato ritorno dei figli in Germania, trattenuti in Italia dalla madre. Si rammenta sull’argomento anche la pronuncia n. 13829/2008, inerente la vicenda di due bambine e il loro rimpatrio in Belgio ai sensi della Convenzione dell’Aja.

[2] Si fa riferimento, in particolare, al decreto del Tribunale per i Minorenni di Milano n. 5262/2022, pubblicato il 10 maggio 2022.

[3] Sul punto, si rimanda a Cass. Ord. n. 7261/2022, in cui la Corte ha chiarito che in relazione ai presupposti integrativi della fattispecie della sottrazione internazionale dei minori, come definita dalla Convenzione dell’Aja, ogni eventuale iniziale accordo raggiunto dai genitori sul trasferimento del figlio in un Paese che sia altro da quello in cui il minore aveva la propria residenza abituale, poi non rispettato, realizza l’illecito che si perfeziona in ragione della condotta di trattenimento del genitore diretta ad impedire il rientro del figlio nello Stato di residenza abituale. Il sopra citato accordo viene meno là dove le iniziali ragioni poste a fondamento del trasferimento limitato nel tempo non sono più in essere in quanto già soddisfatte o non più passibili di soddisfazione, nella mutata situazione di fatto in base alla quale l’iniziale accordo era stato concluso.

[4] Sul tema della residenza abituale v. Cass. Ord. n. 31470/2023, in cui viene espresso che ai fini dell'accertamento della residenza abituale del minore, il momento rilevante da prendere in esame è quello dell'epoca della illecita sottrazione o dell'illecito trattenimento non anche quello successivo al di fuori di una effettiva, indimostrata, acquiescenza allo stato di fatto creato dal genitore sottraente.

[5] Da ultimo, Cass. Ord. n. 2873/2024 in cui viene precisato che in tema di sottrazione internazionale di minori, le uniche condizioni ostative al rientro nel luogo di residenza abituale in Italia del minore, ai sensi dell'art. 13, comma 1, lett. b), della Convenzione dell'Aja del 1980, sono il fondato rischio del minore di essere sottoposto a pericoli fisici o psichici, oppure di trovarsi in una situazione comunque intollerabile; l'accertamento circa la ricorrenza di tali condizioni costituisce indagine di fatto sottratta al controllo di legittimità.

[6] Sul punto, si rinvia alla sentenza della Corte Cost. n. 231/2001, in cui la Corte si è soffermata sull’interpretazione della Convenzione dell’Aja 1980 statuendo che essa ha la finalità di proteggere il minore, a livello internazionale, contro gli effetti nocivi derivanti da un suo trasferimento o mancato rientro illecito, e stabilire procedure tese ad assicurare l’immediato rientro del minore nel proprio Stato di residenza abituale.

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