Fonti Regioni speciali e Province autonome

Le leggi regionali siciliane (aprile 2024 – luglio 2024) (3/2024)

L’attività legislativa della Regione Siciliana, nel periodo compreso tra aprile e luglio 2024, è consistita nell’approvazione di sedici leggi, una sola delle quali è stata oggetto di impugnazione da parte dello Stato ai sensi dell’art. 127 della Costituzione.

Si tratta della legge 2 aprile 2024, n.6 “Riordino normativo dei materiali da cave e materiali lapidei” impugnata con delibera del Consiglio dei Ministri del 4 giugno 2024.

L’art. 14 della legge regionale, secondo il Governo, sarebbe incostituzionale in alcune disposizioni, che eccederebbero le competenze attribuite alla Regione Siciliana dallo statuto speciale di autonomia, e in quanto «contrastanti con la competenza esclusiva statale in materia di “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” di cui all’articolo 117, comma 2, lett. s), Cost.), materia, quest’ultima “trasversale” e “prevalente”, che si impone integralmente nei confronti delle Regioni che non possono contraddirla, spettando allo Stato, per costante giurisprudenza costituzionale, la competenza a fissare livelli di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale».

Rammenta il ricorrente come «il carattere trasversale della materia della tutela dell’ambiente se, da un lato, legittima le Regioni a provvedere attraverso la propria legislazione esclusiva o concorrente in relazione a temi che hanno riflessi sulla materia ambientale, dall’altro non costituisce limite alla competenza esclusiva dello Stato a stabilire regole omogenee nel territorio nazionale per procedimenti e competenze che attengono alla tutela dell’ambiente e alla salvaguardia del territorio (ex plurimis, sentenze n. 150 e n. 151 del 2018; n. 244 del 2016, n. 249 del 2009, Corte Cost.)».
    Sebbene l’art. 14, comma 1, lettera f) e n) dello Statuto speciale della Regione Sicilia, riconosca alla Regione una potestà legislativa primaria rispettivamente in materia di «urbanistica» (lett. f) e di «tutela del paesaggio» (lett. n), ciò tuttavia non vuol dire che tali competenze legislative esclusive possano esercitarsi senza limiti. Infatti, osserva il ricorrente, «la Regione deve rispettare, oltre che i precetti costituzionali, anche le c.d. «norme di grande riforma economico-sociale» poste dallo Stato nell’esercizio delle proprie competenze legislative». Tra esse, nella fattispecie che ci occupa, rilevano quelle poste dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Codice dell’ambiente).
Ciò premesso, l’art. 14 delle legge regionale in esame reca modifiche all’articolo 2 della legge regionale 5 luglio 2004, n. 10, in materia di procedure di rinnovo delle autorizzazioni alla coltivazione dei giacimenti da cava, sostituendone integralmente il comma 3, prevedendosi «una nuova disciplina in forza della quale le istanze di variante alle autorizzazioni di cava (relative alle attività che ricadono nelle aree di cui al Piano Regionale dei materiali di cava e dei materiali lapidei di pregio e non rientranti nelle procedure di rinnovo delle predette autorizzazioni, purché insistenti su aree prive di vincoli paesaggistici e ambientali) sono considerate modifiche o estensioni non sostanziali e, quindi, non necessitano della verifica di assoggettabilità a VIA di cui al punto 8, lettera t), dell’allegato 4 della parte seconda del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, a condizione che ricorrano una serie di presupposti elencati dalla norma novellata.».

Sotto il profilo procedurale, si prevede che le istanze di variante siano autorizzate dall’ingegnere capo del distretto minerario entro novanta giorni, e che quelle per la riduzione dell’area di cava siano autorizzate entro il termine di sessanta giorni indipendentemente dal regime vincolistico insistente sulle stesse aree. Sul punto, rileva il Governo «si osserva che la norma regionale prevede una valutazione di carattere tecnico discrezionale rimessa ad organi di natura tecnica circa l’esistenza delle condizioni previste dalla normativa statale per procedere alla verifica di assoggettabilità a VIA di cui all’anzidetto decreto legislativo n. 152 del 2006».

Tuttavia, le varianti sostanziali ai progetti autorizzati non possono essere aprioristicamente elencate, in un numero preciso e predefinito «con la conseguenza che siffatta modalità si pone in diretto contrasto con l’art. 5 del D.lgs. 152/2006 che al comma 1 lettera l bis) fornisce la definizione di modifica sostanziale: “modifica sostanziale di un progetto, opera o di un impianto: la variazione delle caratteristiche o del funzionamento ovvero un potenziamento dell’impianto, dell’opera o dell’infrastruttura o del progetto che, secondo l’autorità competente, producano effetti negativi e significativi sull’ambiente o sulla salute umana….(omissis)”».

La disciplina regionale determinerebbe, dunque, una «lesione diretta» dei beni dell’ambiente, culturali e paesaggistici

Osserva il ricorrente come «la disciplina statale volta a proteggere l’ambiente e il paesaggio viene quindi a funzionare come un limite alla disciplina che le regioni e le province autonome dettano in altre materie di loro competenza, salva la facoltà di queste ultime di adottare norme di tutela ambientale più elevata nell’esercizio di competenze, previste dalla Costituzione, che concorrano con quella dell’ambiente (sentenza n. 199 del 2014 Corte Cost.; nello stesso senso, sentenze n. 246 e n. 145 del 2013, n. 67 del 2010, n. 104 del 2008, n. 378 del 2007)».

Si richiama anche una recente sentenza della Corte costituzionale, la
n. 82 del 2024, «con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Puglia n. 19 del 2023, che prevedeva l’esclusione dalle procedure di valutazione ambientale e paesaggistica, sino al 31 dicembre 2023, delle “aree a parcheggio a uso pubblico e temporaneo non superiore a centoventi giorni”, a condizione che entro e non oltre trenta giorni dal termine del relativo utilizzo fosse garantito il ripristino dello stato dei luoghi, disposizione impugnata dal Governo per violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione».

La Corte ha richiamato il proprio costante orientamento secondo cui «non spetta alle regioni decidere quali siano i presupposti e le condizioni che determinano l’esclusione dalle verifiche di impatto ambientale. Simili interventi, infatti, alterano il punto di equilibrio fissato dallo Stato tra l’esigenza di semplificazione e di accelerazione del procedimento amministrativo, da un lato, e la speciale tutela che deve essere riservata al bene ambiente, d’altro lato. Punto di equilibrio che corrisponde anche a uno standard di tutela dell’ambiente, in quanto tale non derogabile da parte delle legislazioni regionali, anche dotate di particolare autonomia».

Per le ragioni indicate l’art. 14 della legge regionale in oggetto viola gli articoli 9 e 117, secondo comma 2, lett. s) Cost., in riferimento ai parametri interposti richiamati.

Osservatorio sulle fonti

Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

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