Sent. CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 12.6.2009, n. 3765
Il Consiglio di Stato ribadisce che per quanto attiene alle ordinanze contingibili ed urgenti, il profilo della contingibilità sta ad indicare l’urgente necessità di provvedere con efficacia ed immediatezza in ordine a situazioni eccezionali di pericolo attuale ed imminente per l’incolumità pubblica; ciò che conta è che il sindaco dia adeguata contezza delle ragioni che lo hanno spinto ad usare tale strumento extra ordinem; la ragione giustificatrice del ricorso a tali provvedimenti, allora, non consiste tanto nell’imprevedibilità dell’evento quanto nell’impossibilità di utilizzare tempestivamente i rimedi normali offerti dall’ordinamento (cfr. Cons. St., sez. IV, 13 dicembre 1999, n. 1844).
Il Consiglio di Stato ricorda che già l’art. 38, l. n. 142 del 1990 (ora art. 54, co.2, t.u. enti locali), attribuiva al sindaco un potere di adottare provvedimenti contingibili ed urgenti «al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini». Tali ordinanze, pertanto, si caratterizzano per l’assenza di indicazioni circa le modalità di esercizio del potere, a fronte di situazioni eccezionali di necessità e di urgenza. Per evitare di incorrere in una violazione del principio di legalità, la giurisprudenza costituzionale, peraltro, si è affrettata ad «ancorare» l’esercizio di tale potere ad una serie di principî che devono guidarne l’utilizzo, quali appunto la necessità e l’urgenza, la durata limitata nel tempo, la motivazione, ovvero la insussistenza di altri poteri per risolvere la questione; su tale ultimo aspetto è ricorrente la massima secondo cui sussiste la potestà del sindaco ai sensi degli artt. 50, co. 5 e 54, co. 2, t.u. enti locali subordinatamente alla sussistenza di una situazione di effettivo e concreto pericolo per l’incolumità pubblica, non fronteggiabile con gli ordinari strumenti di amministrazione attiva (cfr. ex plurimis Cons. St., ad. plen., 30 luglio 2007, n. 10; sez. V, 28 maggio 2007, n. 2109; sez. II, 24 ottobre 2007, n. 2210/2007 dove si precisa però che tali provvedimenti sono consentiti anche quando vi è una apposita disciplina che regoli in via ordinaria determinate situazioni, laddove la necessità di provvedere con efficacia ed immediatezza alla tutela del bene risulti tanto urgente da non consentirne il tempestivo utilizzo).
Alla luce delle considerazioni appena svolte, deve concludersi nel senso che il potere di ordinanza previsto dall’art. 14, del d.lg. n. 22/1997 (ed in precedenza dall’art. 9, d.p.r. n. 915 del 1982), ha un diverso fondamento rispetto alle ordinanze disciplinate dall’art. 54 t.u. enti locali.
Tale ultimo potere dove essere atipico e residuale e cioè esercitabile (sempre che ne ricorrano i presupposti dell’urgenza, della gravità e del pericolo, ecc.), quante volte non sia conferito dalla legge il potere di emanare atti tipici in presenza di presupposti indicati da specifiche normative di settore; viceversa, proprio l’art. 14, co. 3, cit. configura una siffatta specifica normativa con la previsione d’un ordinario potere d’intervento attribuito all’autorità amministrativa. In conclusione, l’art. 14 (ed oggi l’art. 192 d.lgs. n. 152 del 2006), prevede un’ordinanza di sgombero a carattere sanzionatorio tanto è vero che per la sua applicazione a carico dei soggetti obbligati in solido, prevede in capo agli stessi l’imputazione a titolo di dolo o colpa del comportamento tenuto in violazione dei divieti di legge.
Tale interpretazione acquista ulteriore rilievo se si considera che sia il d.p.r. n. 915 del 1982 sia il d.lgs. n. 22 del 1997, sia il d.lgs. n. 152 del 2006, hanno espressamente attribuito al sindaco la titolarità del potere di emanare ordinanze contingibili ed urgenti in materia di rifiuti, rispettivamente agli art. 12, 13 e 191. In questa disciplina, pertanto, si ritrovano gli elementi propri del potere di ordinanza ex art. 38, l. n. 142 del 1990 (oggi art. 54, t.u. enti locali), ossia il riferimento ad una situazione di necessità ed urgenza oltre all’impossibilità di provvedere in altro modo (cfr. Cons. St., sez. V, 25 agosto 2008, n. 4067; Cons. giust. amm., 2 marzo 2007, n. 97).
Quanto all’individuazione dell’organo competente all’adozione dell’ordinanza ex art. 14 cit., dopo l’entrata in vigore del t.u. enti locali, tale provvedimento rientra nella competenza del responsabile dell’area tecnica, e non del sindaco.
La lettura della disposizione di cui al 3º comma dell’art. 14 d.lg. n. 22 del 1997 che attribuisce al sindaco la possibilità di emanare ordinanze di ripristino dello stato dei luoghi, deve infatti tenere in considerazione l’art. 107, co. 5, t.u. enti locali secondo cui le disposizioni che conferiscono agli organi di governo del comune e della provincia «l’adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti...»; pertanto, la competenza ad emettere l’ordinanza di rimozione dei rifiuti in un’area interessata da deposito abusivo, spetta al dirigente dell’ufficio tecnico comunale a ciò preposto (cfr. Cass., sez. III, 15 giugno 2006).
In ordine all’individuazione dell’autorità competente ad emettere l’ordinanza prevista dal più volte menzionato art. 192, d.lg. n. 152/2006 la sezione rileva l’infondatezza della tesi sviluppata secondo la quale tale norma, in parte qua, riproduttiva del precedente art. 14, d.lgs. n. 22 del 1997, andrebbe applicata nell’interpretazione datane dalla giurisprudenza dianzi riportata, in base all’ordine di competenze, fra livello dirigenziale e politico, delineato dall’art. 107 t.u. enti locali.
Tale costrutto logico non è condivisibile perché:
- è insuperabile il dato testuale dell’art. 192, co. 3, secondo periodo, cit. secondo cui «Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate»;
- trova applicazione, per il caso di conflitto apparente di norme, il tradizionale canone ermeneutico lex posterior specialis derogat anteriori generali; sotto tale angolazione è appena il caso di evidenziare che lo stesso art. 107, co. 4, t.u. enti locali ha cura di precisare che «Le attribuzioni dei dirigenti, in applicazione del principio di cui all’art. 1, co. 4, possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative»; che è quanto verificatosi a seguito dell’entrata in vigore della norma sancita dall’art. 192, co. 3, cit., sicuramente speciale rispetto all’ordine generale di competenze previsto dall’art. 1, co. 4, e 107, co. 2, t.u. enti locali.
Art. 14, d.lg. 5 febbraio 1997, n. 22:
Divieto di abbandono
1. L'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati.
2. È altresì vietata l'immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee.
3. Fatta salva l'applicazione della sanzioni di cui agli articoli 50 e 51, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.
4. Qualora la responsabilità del fatto illecito di cui al comma 1 sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica, ai sensi e per gli effetti del comma 3 sono tenuti in solido la persona giuridica ed i soggetti che subentrano nei diritti della persona stessa.
Art. 192, d.lg. 3 aprile 2006, n. 152:
Divieto di abbandono
1. L'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati.
2. È altresì vietata l'immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee.
3. Fatta salva l'applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.
4. Qualora la responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica ai sensi e per gli effetti del comma 3, sono tenuti in solido la persona giuridica ed i soggetti che siano subentrati nei diritti della persona stessa, secondo le previsioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni.