Sent. CASSAZIONE CIVILE sez. lav., 6.10.2009, n. 21293
In tema di trattamento economico dei dipendenti di aziende municipalizzate, il d.l. n. 702 del 1978, art. 5ter, convertito in l. n. 3 del 1979 (che, tra l'altro, fa divieto alle aziende municipalizzate degli enti territoriali di stipulare accordi integrativi aziendali che comportino erogazioni economiche aggiuntive rispetto a quelle previste nei contratti nazionali) è norma a carattere imperativo essenzialmente intesa ad un trattamento economico uniforme su tutto il territorio nazionale per i dipendenti delle aziende municipalizzate, alla parità delle aziende suddette in relazione ai costi del personale, nonché al contenimento dei costi medesimi, onde il divieto espresso da tale norma non va inteso in senso formale e restrittivo, come impeditivo soltanto della possibilità che le aziende manifestino direttamente la volontà di obbligarsi, ma nel senso che ad essere vietato è il risultato, con qualsiasi procedimento ottenuto, di vincolare l'azienda al rispetto di statuizioni derogatorie della contrattazione nazionale che siano l'effetto di un atto perfezionatosi successivamente all'entrata in vigore della norma imperativa (Cass. 3196/2001; sulla "ratio" del divieto, v., in termini analoghi, Sez. Un. 11714/1998, secondo le quali l'art. 5-ter è norma di carattere imperativo essenzialmente intesa, come emergente anche dal contesto normativo in cui è inserita, a contenere la spesa degli enti pubblici territoriali e delle loro aziende sicché il divieto in essa contenuto deve intendersi riferito a qualunque manifestazione di volontà, anche se espressa in sede di contrattazione collettiva nazionale, diretta a conferire efficacia agli accordi stipulati in sede aziendale, con conseguente nullità anche delle clausole del contratto nazionale di categoria che, dopo il 1 marzo 1979, dispongano la proroga di accordi integrativi aziendali stipulati in epoca antecedente all'entrata in vigore della norma limitativa; conf. Cass. 12478/1999; 6161/2000; 7103/2000).
La sentenza ribadisce che quanto alle aziende municipalizzate della Regione Sicilia (nella specie l'Azienda Municipalizzata Acquedotto di Palermo S.p.a.), non può ritenersi che all'applicazione della disposizione dell’art. 5ter osti una competenza esclusiva in materia del legislatore regionale, che l'art. 14 dello Statuto siciliano limita ai rapporti di lavoro dei dipendenti regionali e non estende a quelli dei dipendenti degli enti locali e, tantomeno, delle aziende municipalizzate a partecipazione comunale, o una eventuale norma di competenza concorrente, che resta comunque subordinata ai principi ed interessi generali della legislazione dello Stato. (Cass. 29926/2008).
Quanto ai limiti temporali del divieto, premesso che il cit. art. 5ter, ne individua i termini iniziale e finale rispettivamente nel 1 marzo 1979 e nell' "entrata in vigore della legge di riforma della municipalizzazione", va notato che con la l. 8 giugno 1990, n. 142, art. 1, comma 2 (concernente l'ordinamento delle autonomie locali e contenente nell'art. 23 una nuova disciplina delle "Aziende speciali ed istituzioni") era stato stabilito che le disposizioni della legge non si applicassero alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano se incompatibili con le attribuzioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione. Quindi la non ulteriore operatività del menzionato art. 5ter nella Regione siciliana non poteva conseguire alla nuova disciplina, trattandosi di disciplina non immediatamente applicabile nella Regione. Il che risulta confermato dalle successive vicende legislative regionali, visto che la l.r. Sicilia 11 dicembre 1991, n. 48 (recante "Provvedimenti in tema di autonomie locali") nell'art. 1 comma 1 aveva stabilito che "Le disposizioni dell'ordinamento amministrativo degli enti locali, approvato con l.r. 15 marzo 1963, n. 16, e della l.r. 6 marzo 1986, n. 9, e loro successive modificazioni ed integrazioni, sono modificate ed integrate dalle norme della l. 8 giugno 1990, n. 142, contenute negli articoli etc." recependo così taluni dei contenuti della riforma nazionale delle autonomie locali e rendendo quindi palese che, fino al detto recepimento, tale riforma e la conseguente abrogazione del divieto di attribuzioni economiche del quale si controverte, non potevano trovare applicazione nella Regione siciliana.
D'altra parte le diversità fra regioni a statuto speciale e regioni a statuto ordinario, con riferimento in particolare alla disciplina vigente all'epoca dell'entrata in vigore della l. n. 142 del 1990, giustificano le differenze nel trattamento dei relativi rapporti di lavoro.