Nell’ambito del Consiglio europeo svoltosi a Tampere il 15 e 16 ottobre 1999 si è stabilito che il principio del reciproco riconoscimento delle sentenze e delle altre decisioni di autorità giudiziarie deve diventare il fondamento della cooperazione giudiziaria nell’Unione europea in materia civile e penale. Pertanto, nel novembre 2000 il Consiglio ha adottato un programma di misure per l’attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali (in GUUE del 15.01.2001 C 12, p. 10), secondo il quale il reciproco riconoscimento «deve consentire di rafforzare non solo la cooperazione tra Stati membri, ma anche la protezione dei diritti delle persone». Nel novembre 2009 il Consiglio ha adottato una risoluzione relativa a una tabella di marcia per il rafforzamento dei diritti procedurali di indagati o imputati in procedimenti penali (in GUUE del 4.12.2009 C 295, p. 1). La tabella segue un approccio «a tappe», invitando ad adottare progressivamente misure concernenti il diritto alla traduzione e all’interpretazione (misura A), il diritto a informazioni relative ai diritti e all’accusa (misura B), il diritto alla consulenza legale e all’assistenza legale gratuita (misura C), il diritto alla comunicazione con familiari, datori di lavoro e autorità consolari (misura D), nonché le garanzie speciali per indagati o imputati vulnerabili (misura E).
La direttiva si applica alle persone che sono messe a conoscenza dalle autorità competenti di uno Stato membro, mediante notifica ufficiale o in altro modo, di essere indagate o imputate per un reato, fino alla conclusione del procedimento, ossia fino alla decisione definitiva che stabilisce se hanno commesso il reato, inclusi, se del caso, l’irrogazione della pena e l’esaurimento delle istanze in corso (art. 1, par. 2). La direttiva si applica anche in caso di irrogazione di una sanzione da parte di un’autorità diversa da una giurisdizione competente in materia penale, limitatamente al procedimento di impugnazione dinanzi a tale giurisdizione (art. 1, par. 3).
Per quanto riguarda il diritto alla interpretazione (art. 2) la direttiva prevede, a carico degli Stati membri: l’obbligo di mettere a disposizione procedure o meccanismi per accertare se gli indagati o gli imputati parlano e comprendono la lingua del procedimento penale e se hanno bisogno dell’assistenza di un interprete (par. 4); l’obbligo di assicurare che gli indagati o gli imputati che non parlano o non comprendono la lingua del procedimento penale in questione siano assistiti senza indugio da un interprete nei procedimenti penali dinanzi alle autorità inquirenti e giudiziarie, inclusi gli interrogatori di polizia, e in tutte le udienze, comprese le necessarie udienze preliminari (par. 1); l’obbligo di assicurare, nel procedimento di esecuzione di un mandato di arresto europeo, che le autorità competenti forniscano l’assistenza di un interprete alle persone che siano soggette a tale procedimento e non parlino o non comprendano la lingua del procedimento (par. 7). Se necessario per tutelare l’equità del procedimento, gli Stati membri devono assicurare che l’interpretazione sia disponibile per le comunicazioni tra indagati o imputati e il loro avvocato, direttamente correlate a qualsiasi interrogatorio o audizione durante il procedimento o alla presentazione di un ricorso o di un’altra istanza procedurale (par. 2). Gli Stati membri devono, inoltre, assicurare che, secondo le procedure della legislazione nazionale, gli indagati o gli imputati abbiano il diritto di impugnare una decisione che dichiara superflua l’interpretazione e, nel caso in cui l’interpretazione sia stata fornita, abbiano la possibilità di contestare la qualità dell’interpretazione in quanto insufficiente a tutelare l’equità del procedimento (par. 4).
Per quanto riguarda il diritto alla traduzione (art. 3), invece, gli Stati membri devono assicurare che gli indagati o gli imputati che non comprendono la lingua del procedimento penale ricevano, entro un periodo di tempo ragionevole, una traduzione scritta di tutti i documenti che sono fondamentali per garantire che siano in grado di esercitare i loro diritti della difesa e per tutelare l’equità del procedimento (par. 1). Tra i documenti fondamentali rientrano le decisioni che privano una persona della propria libertà, gli atti contenenti i capi di imputazione e le sentenze (par. 2); le autorità competenti possono decidere sul carattere fondamentale di ulteriori documenti, e anche gli indagati e gli imputati ovvero i loro avvocati possono presentare una domanda motivata a tal fine (par. 3). Non è necessario tradurre i passaggi di documenti fondamentali che non siano rilevanti allo scopo di consentire agli indagati o agli imputati di conoscere le accuse a loro carico (par. 4); tuttavia, gli Stati membri devono assicurare che, secondo le procedure della legislazione nazionale, gli indagati o gli imputati abbiano il diritto di impugnare una decisione che dichiara superflua l’interpretazione di documenti o di passaggi degli stessi e, nel caso in cui una traduzione sia stata fornita, abbiano la possibilità di contestare la qualità della traduzione in quanto non sufficiente a tutelare l’equità del procedimento (par. 5). Allo stesso modo, nell’ambito del procedimento di esecuzione di un mandato di arresto europeo, lo Stato membro di esecuzione deve assicurare che le proprie autorità competenti forniscano la traduzione scritta del mandato d’arresto europeo a chiunque non comprenda la lingua in cui il mandato è redatto (par. 6). La direttiva prescrive, inoltre, che qualsiasi rinuncia al diritto alla traduzione dei documenti è soggetta alle condizioni che gli indagati o gli imputati abbiano beneficiato di una previa consulenza legale o siano venuti in altro modo pienamente a conoscenza delle conseguenze di tale rinuncia e che la stessa sia inequivocabile e volontaria (par. 8).
Gli Stati membri devono adottare misure idonee a garantire che la qualità dell’interpretazione e la traduzione siano idonee a tutelare l’equità del procedimento; in particolare, gli Stati membri devono istituire uno o più registri di traduttori o interpreti qualificati ed assicurare che essi garantiscano, nello svolgimento del loro incarico, la dovuta riservatezza (art. 5). I costi della interpretazione e della traduzione derivanti dagli obblighi prescritti dalla direttiva sono a carico degli Stati membri, indipendentemente dall’esito del procedimento (art. 4). Gli Stati membri devono, inoltre, assicurare che lo svolgimento di un’attività di interpretazione o traduzione in conformità alla direttiva risulti da apposita verbalizzazione (art. 7).
Gli Stati devono provvedere a mettere in vigore le disposizioni necessarie per conformarsi alla direttiva entro il 27 ottobre 2013. In nessun caso le disposizioni della direttiva possono essere interpretata in modo tale da limitare o derogare ai diritti e alle garanzie procedurali offerti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dalla Carta di diritti fondamentali dell’Unione europea, da altre pertinenti disposizioni di diritto internazionale o dalle legislazioni degli Stati membri che assicurano un livello di protezione più elevato (art. 8). In particolare, la direttiva lascia impregiudicato il diritto nazionale relativo alla presenza dell’avvocato in tutte le fasi del procedimento penale, così come il diritto nazionale relativo al diritto di accesso dell’indagato o imputato ai documenti nei procedimenti penali (art. 1, par. 4).