Nella sentenza dell’8 settembre 2010 nel procedimento C-409/06, Winner Wetten, la Corte di giustizia ha affermato che, in virtù del principio del primato del diritto dell’Unione, il giudice nazionale che accerta l’incompatibilità di una disposizione nazionale con una norma di diritto dell’Unione direttamente applicabile è tenuto a disapplicare detta disposizione, anche in presenza di una precedente sentenza con la quale la corte costituzionale nazionale, pur avendo riconosciuto l’incostituzionalità della medesima normativa interna, ha deciso di mantenerne a titolo provvisorio gli effetti.
Mediante il Trattato sulle lotterie in Germania, entrato in vigore il 1° luglio 2004, i Länder hanno istituito una disciplina uniforme per l’organizzazione dei giochi d’azzardo, ad eccezione dei casinò. Con sentenza del 28 marzo 2006, il Bundesverfassungsgericht ha dichiarato, in riferimento alla normativa con la quale la Baviera ha dato attuazione al suddetto Trattato, che il monopolio pubblico in materia di scommesse sportive esistente in tale Land violava l’art. 12, n. 1, della Costituzione tedesca, che garantisce il libero esercizio dell’attività economica. Tuttavia, il giudice costituzionale ha deciso di non annullare la normativa del Land della Baviera, e di mantenerne invece gli effetti fino al 31 dicembre 2007, precisando che, per tale data, il legislatore avrebbe dovuto modificare le norme ritenute incostituzionali in modo da assicurarne la conformità alla Costituzione.
La Winner Wetten esercita in Germania, e precisamente nel Land della Renania del Nord-Westfalia, l’attività di intermediazione di scommesse sportive per conto di una società stabilita a Malta. Poiché essa non risultava titolare della necessaria concessione per l’esercizio dell’attività di organizzazione di scommesse, la Winner Wetten riceveva un provvedimento che ne inibiva l’attività. La Winner Wetten lamentava, quindi, davanti al Tribunale amministrativo di Colonia che la mancanza dell’autorizzazione era dovuta all’esistenza di un regime di monopolio pubblico dell’attività di organizzazione delle scommesse e che un tale regime era in contrasto con la libera prestazione dei servizi garantita dall’art. 49 TCE (ora art. 56 TFUE). Il giudice nazionale non nutriva dubbi circa il contrasto della normativa del Land della Renania sia con il diritto dell’Unione che con la Costituzione tedesca; al contrario, sollevava dei dubbi circa la compatibilità con il principio del primato del diritto dell’Unione della soluzione seguita dal Bundesverfassungsgericht di introdurre un periodo transitorio. Per tali motivi, il giudice adito decideva di proporre due questioni pregiudiziali, con le quali ha, in sostanza, chiesto alla Corte di pronunciarsi sulla possibilità di mantenere, in via eccezionale e per un periodo transitorio, delle disposizioni in contrasto con gli artt. 43 e 49 CE (ora, rispettivamente, artt. 49 e 56 TFUE), nonostante il principio del primato; in caso di risposta affermativa, si chiedeva alla Corte di precisare quali sono i necessari presupposti per una deroga al principio del primato del diritto dell’Unione e come si deve determinare il periodo transitorio.
La Corte ha dapprima ricordato la propria costante giurisprudenza (si vedano le sent. 9 marzo 1978, causa 106/77, Simmenthal, in Raccolta, 1978, p. 629, e 19 giugno 1990, causa C-213/89, Factortame, in Raccolta, 1990, p. I-2433,) secondo cui ‘le disposizioni del Trattato e gli atti delle istituzioni direttamente applicabili hanno l’effetto, nei loro rapporti con il diritto interno degli Stati membri, di rendere ipso iure inapplicabile, per il fatto stesso della loro entrata in vigore, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale’ (par. 53); ciò in quanto ‘le norme di diritto dell’Unione direttamente applicabili (..) devono esplicare la pienezza dei loro effetti in maniera uniforme in tutti gli Stati membri, a partire dalla loro entrata in vigore e per tutta la durata della loro validità’ (par. 54). La Corte ha, pertanto, ricordato che il giudice nazionale ha l’obbligo – che costituisce attuazione del principio di leale cooperazione di cui all’art. 10 TCE (ora art. 4, par. 3, TUE) – di ‘applicare integralmente il diritto dell’Unione e di tutelare i diritti che questo attribuisce ai singoli, disapplicando le disposizioni eventualmente contrastanti della legge interna, sia anteriore sia successiva alle norme dell’Unione’. Da ciò deriva ‘che è incompatibile con le esigenze inerenti alla natura stessa del diritto dell’Unione qualsiasi disposizione facente parte dell’ordinamento giuridico di uno Stato membro o qualsiasi prassi, legislativa, amministrativa o giudiziaria, la quale porti ad una riduzione della concreta efficacia del diritto dell’Unione per il fatto che sia negato al giudice, competente ad applicare questo diritto, il potere di fare, all’atto stesso di tale applicazione, tutto quanto è necessario per disapplicare le disposizioni legislative nazionali che eventualmente ostino alla piena efficacia delle norme direttamente applicabili’ (par. 56).
Con riferimento al caso di specie, quindi, la Corte ha ritenuto che la sentenza del Bundesverfassungsgericht ‘non osta a che il giudice nazionale che accerti che la stessa normativa contravviene a disposizioni del diritto dell’Unione aventi effetto diretto, come gli artt. 43 CE e 49 CE, decida, conformemente al principio del primato del diritto dell’Unione, di disapplicare tale normativa nell’ambito della causa di cui è investito’ (par. 60). Infatti, secondo la Corte, ‘è inammissibile che norme di diritto nazionale, quand’anche di rango costituzionale, possano menomare l’unità e l’efficacia del diritto dell’Unione.
Tutti gli Stati membri che hanno presentato osservazioni si sono espressi nel senso della possibilità di riconoscere un principio che autorizzi, in circostanze eccezionali, il mantenimento provvisorio degli effetti di una norma nazionale ritenuta in contrasto con una norma del diritto dell’Unione direttamente applicabile, in analogia con la giurisprudenza elaborata dalla Corte di giustizia sul fondamento dell’art. 231, secondo comma, TCE (ora, art. 264 TFUE), al fine di mantenere provvisoriamente gli effetti di un atto di diritto comunitario da essa annullato o di cui essa ha dichiarato l’invalidità. La Corte, invece, non ha affrontato la questione nel merito, limitandosi ad osservare che ‘anche a voler ritenere che considerazioni analoghe a quelle sottese a detta giurisprudenza, sviluppata riguardo agli atti dell’Unione, possano condurre, per analogia e a titolo eccezionale, a una sospensione provvisoria dell’effetto di disapplicazione esercitato da una norma di diritto dell’Unione direttamente applicabile rispetto al diritto nazionale in contrasto con detta norma, una siffatta sospensione, le cui condizioni potrebbero essere determinate solo dalla Corte, va senz’altro esclusa nel caso di specie, in considerazione dell’assenza di esigenze imperative di certezza del diritto tali da giustificarla’ (par. 68). Va tuttavia osservato che la Corte non ha espressamente escluso la possibilità prospettata dagli Stati membri.