Archivio rubriche 2011

Attribuzione al sindaco del potere di adottare provvedimenti a contenuto normativo ed efficacia a tempo indeterminato al fine di tutelare l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana anche al di fuori dei casi di contingibilità ed urgenza (2/2011)

Sent. n. 115/2011 – Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 07/04/2011 - Pubblicazione in G.U. 13/04/2011

 

Motivi della segnalazione:

La Corte, chiamata ad esprimersi circa la legittimità dell’art. 54, co. 4 d.lgs. n. 267/2000 (TUEL), come sostituito dall’art.  6 d.l.  n. 92/2008, convertito in legge con modificazioni dall’art. 1, co. 1 l.  n. 125/2008, nella parte in cui consentiva che il sindaco, quale ufficiale del Governo, adottasse provvedimenti a “contenuto normativo ed efficacia a tempo indeterminato” al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minaccino la sicurezza urbana, anche fuori dai casi di contingibilità ed urgenza, ha dichiarato l’illegittimità della norma nella parte in cui questa comprendeva la locuzione “anche” prima delle parole “contingibili e urgenti”.

Degno di nota è che la decisione risulti tuttavia fondata su un presupposto, attinente alla natura dei provvedimenti in questione, difforme rispetto a quello che il giudice rimettente aveva posto alla base delle questioni prospettate nella propria ordinanza:  se lo stesso giudice aveva sostenuto che la disposizione censurata violasse, fra gli altri, i principi costituzionali espressi negli artt. 23, 70, 76, 77, 97 e 117 Cost. (legalità, tipicità e delimitazione della discrezionalità),  anche perché dell’avviso che essa istituisse “una vera e propria fonte normativa, libera nel contenuto ed equiparata alla legge (in quanto idonea a derogare alla legge medesima), in contrasto con le regole costituzionali che riservano alle assemblee legislative il compito di emanare atti aventi forza e valore di legge” (considerato n.1.1), la Corte manifestamente si è discostata da tale impostazione,  laddove ha affermato che “la norma censurata, se correttamente interpretata, non conferisce ai sindaci alcun potere di emanare ordinanze di ordinaria amministrazione in deroga a norme legislative o regolamenti vigenti” e conseguentemente escluso la sussistenza dei vizi di legittimità denunciati sulla base del contrario presupposto interpretativo (considerato n. 3.1).

Nondimeno, dalla peculiare interpretazione che la Corte ha dato della disposizione e della natura dei provvedimenti lì previsti, è ugualmente discesa la dichiarazione di illegittimità parziale della disposizione stessa,  ritenuta lesiva di alcuni dei parametri già indicati dal giudice a quo. Infatti, da un lato, i giudici della Consulta hanno ritenuto che la norma attribuisse ai sindaci “il potere di emanare ordinanze di ordinaria amministrazione, le quali, pur non potendo derogare a norme legislative o regolamentari vigenti, si presentano come esercizio di una discrezionalità praticamente senza alcun limite, se non quello finalistico, genericamente identificato dal legislatore nell’esigenza ‹‹di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana››”; dall’altro lato, nella decisione si osserva che  “le ordinanze in questione incidono, per la natura delle loro finalità e dei loro destinatari, sulla sfera generale di libertà dei singoli e delle comunità amministrate, ponendo prescrizioni di comportamento, divieti, obblighi di fare e di non fare, che impongono restrizioni ai soggetti considerati”.  Perciò, in conclusione, ad avviso della Corte “la norma, nel prevedere un potere di ordinanza dei sindaci, quali ufficiali del Governo, non limitato a casi contingibili ed urgenti – pur non attribuendo agli stessi il potere di derogare, in via ordinaria e temporalmente non definita, a norme primarie e secondarie vigenti – viola la riserva di legge relativa, di cui all’art. 23 Cost., in quanto non prevede una qualunque delimitazione della discrezionalità amministrativa in un ambito, quello della imposizione di comportamenti, che rientra nella generale sfera di libertà dei consociati”. Il vizio imputato alla norma dichiarata illegittima, che ha potuto essere ravvisato proprio in conseguenza del declassamento  - operato dalla stessa Corte attraverso l’interpretazione sopra riferita - delle ordinanze di ordinaria amministrazione lì previste a semplici atti amministrativi, consiste quindi nella insufficiente delimitazione della discrezionalità dei sindaci nell’adozione delle ordinanze “non con tingibili ed urgenti” (né a una simile insufficienza si può ovviare attraverso le specificazioni contenute in un decreto ministeriale, ovvero in un atto amministrativo, quale quello che è stato emanato, successivamente all’entrata in vigore della disposizione censurata, per specificare il significato delle espressioni in essa utilizzate  - in particolare, il significato delle nozioni di “incolumità pubblica” e “sicurezza urbana” - e così limitare l’agire discrezionale dei sindaci: “solo se le limitazioni e gli indirizzi contenuti nel citato decreto ministeriale  fossero stati inclusi in un atto di valore legislativo, questa Corte avrebbe potuto valutare la loro idoneità a circoscrivere la discrezionalità amministrativa dei sindaci”: considerato n. 6).

La Corte ha inoltre ritenuto che la disposizione censurata violasse la riserva di legge relativa prevista dall’art. 97 Cost.  allo scopo di assicurare l’imparzialità della pubblica amministrazione (cfr. considerato 7), nonché l’art. 3 Cost. (eguaglianza dei cittadini davanti alla legge), in considerazione delle disparità di trattamento tra cittadini suscettibili di derivare dalla sua applicazione (“giacché gli stessi comportamenti potrebbero essere ritenuti leciti o illeciti, a seconda delle numerose frazioni del territorio nazionale rappresentate dagli ambiti di competenza dei sindaci”: considerato n. 8); mentre sono state considerate “assorbite le altre censure di legittimità costituzionale contenute nell’atto introduttivo del presente giudizio” (considerato n. 9).

Osservatorio sulle fonti

Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

L’Osservatorio sulle fonti è stato riconosciuto dall’ANVUR come rivista scientifica e collocato in Classe A.

Contatti

Per qualunque domanda o informazione, puoi utilizzare il nostro form di contatto, oppure scrivici a uno di questi indirizzi email:

Direzione scientifica: direzione@osservatoriosullefonti.it
Redazione: redazione@osservatoriosullefonti.it

Il nostro staff ti risponderà quanto prima.

© 2017 Osservatoriosullefonti.it. Registrazione presso il Tribunale di Firenze n. 5626 del 24 dicembre 2007 - ISSN 2038-5633