Sentenza n. 199/2012 – Giudizio di legittimità costituzionale in via principale
Deposito del 20/07/2012 - Pubblicazione in G.U. 25/07/2012
Motivi della segnalazione
La Corte ribadisce il divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare espressa mediante referendum desumibile dall'art. 75 Cost. Coerentemente con la propria giurisprudenza secondo cui costituisce ripristino della normativa abrogata - e deve pertanto essere dichiarata illegittima in quanto si pone in palese contrasto con l'intento perseguito mediante referendum abrogativo - la normativa che introduce una nuova disciplina della materia «senza modificare né i principi ispiratori della complessiva disciplina normativa preesistente né i contenuti normativi essenziali dei singoli precetti» (sent. n. 68/1978, richiamata e citata espressamente), essa dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 4 del d.l. n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, mediante il quale, a distanza di meno di un mese dalla alla pubblicazione del decreto dichiarativo dell'avvenuta abrogazione dell'art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008 - disposizione volta a restringere, rispetto al livello minimo stabilito dalle regole concorrenziali comunitarie, le ipotesi di affidamento diretto e, in particolare, di gestione in house dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, consentite solo in casi eccezionali ed al ricorrere di specifiche condizioni - il Governo aveva dettato una nuova disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, "che non solo è contraddistinta dalla medesima ratio di quella abrogata, in quanto opera una drastica riduzione delle ipotesi di affidamenti in house, al di là di quanto prescritto dalla normativa comunitaria, ma è anche letteralmente riproduttiva, in buona parte, di svariate disposizioni" della stessa.
Degna di nota è la puntualizzazione per cui «un simile vincolo derivante dall'abrogazione referendaria [il divieto di ripristino della normativa abrogata] si giustifica, alla luce di una interpretazione unitaria della trama costituzionale ed in una prospettiva di integrazione degli strumenti di democrazia diretta nel sistema di democrazia rappresentativa delineato dal dettato costituzionale, al solo fine di impedire che l'esito della consultazione popolare, che costituisce esercizio di quanto previsto dall'art. 75 Cost., venga posto nel nulla e che ne venga vanificato l'effetto utile, senza che si sia determinato, successivamente all'abrogazione, alcun mutamento né del quadro politico, né delle circostanze di fatto, tale da giustificare un simile effetto». Con riferimento alla normativa impugnata, la Corte esclude «che sussistano le condizioni tali da giustificare il superamento del predetto divieto di ripristino, tenuto conto del brevissimo lasso di tempo intercorso fra la pubblicazione dell'esito della consultazione referendaria e l'adozione della nuova normativa (23 giorni), ora oggetto di giudizio, nel quale peraltro non si è verificato nessun mutamento idoneo a legittimare la reintroduzione della disciplina abrogata».