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Direttiva 2011/99/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011 sull’ordine di protezione europeo (1/2012)

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L’ordine di protezione europeo consente di estendere ad un altro Stato membro la protezione che lo Stato membro di emissione dell’ordine assicura ad una persona nei confronti di atti di rilevanza penale di un’altra persona, che siano tali da metterne in pericolo la vita, l’integrità fisica o psichica, la dignità, la libertà personale o l’integrità sessuale (Art. 1). In particolare, l’ordine di protezione europeo può essere emesso qualora la persona che beneficia della protezione decida di risiedere (ovvero già risiede) o di soggiornare (ovvero già soggiorna) in un altro Stato membro (Art. 6, par. 1).

Presupposto essenziale per l’emissione dell’ordine è che, nello Stato membro che intende emetterlo, sia stata precedentemente adottata una misura di protezione che impone alla persona che determina il pericolo uno o più dei seguenti divieti o restrizioni: divieto di frequentare determinate località, luoghi o zone definite in cui la persona protetta risiede ovvero che frequenta; divieto o regolamentazione dei contatti, in qualsiasi forma, con la persona protetta, anche per telefono, posta elettronica o ordinaria, fax o altro; divieto o regolamentazione dell’avvicinamento alla persona protetta entro un perimetro definito (Art. 5). Occorre, inoltre, che l’emissione dell’ordine sia richiesta dalla persona oggetto della protezione (Art. 6, par. 2). Prima che l’ordine sia emesso, la persona che può causare il pericolo ha diritto di essere ascoltata e di contestare la misura di protezione solo nel caso in cui essa non ha potuto esercitare questi diritti nel procedimento che ha portato all’adozione della misura di protezione (Art. 6, par. 4). L’Art. 7 determina la forma ed il contenuto dell’ordine di protezione europeo; inoltre, un modello dell’ordine è allegato alla direttiva. La trasmissione dell’ordine può essere effettuata con qualsiasi mezzo che lascia una traccia scritta, in modo che l’autorità competente dello Stato membro di esecuzione ne possa accertare l’autenticità (Art. 8). Quest’ultima autorità, quando riceve un ordine di protezione europeo, deve «senza indugio» riconoscerlo e adottare le misure che sarebbero previste dalla legislazione nazionale in un caso analogo per garantire la protezione della persona protetta, a meno che decida di invocare uno dei motivi di non riconoscimento  dell’ordine (Articoli 9 e 10). Il riferimento alla celerità con cui deve avvenire il riconoscimento dell’ordine di protezione è ulteriormente precisato all’Art. 15, in base al quale il riconoscimento deve avvenire con la stessa priorità applicabile a livello nazionale in un caso analogo, tenendo conto di eventuali circostanze specifiche del caso, inclusi la sua urgenza, la data prevista di arrivo della persona protetta nel territorio dello Stato membro di esecuzione e, ove possibile, il livello di rischio per la persona protetta. La direttiva prevede, inoltre, che la misura adottata dall’autorità competente dello Stato di esecuzione deve corrispondere quanto più possibile alla misura di protezione adottata dallo Stato membro di emissione dell’ordine di protezione europeo (Art. 9, par. 2). Laddove, invece, tali misure non siano disponibili, l’autorità competente dello Stato di esecuzione deve riferire all’autorità competente dello Stato di emissione su qualsiasi violazione della misura di protezione indicata nell’ordine di protezione europeo di cui sia al corrente (Art. 11, par. 3). La direttiva contiene, inoltre, delle disposizioni relative alle competenze rispettive dello Stato membro di emissione e dello Stato membro di esecuzione dell’ordine di protezione europeo (Articoli 11 e 13), nonché l’indicazione dei motivi in presenza dei quali lo Stato di esecuzione ha facoltà di interrompere le misure adottate a seguito del riconoscimento dell’ordine (Art. 14). In caso di interruzione della protezione, lo Stato membro di esecuzione deve informare immediatamente di tale decisione l’autorità competente dello Stato membro di emissione e, ove possibile, la persona protetta; al contrario, esso ha la facoltà, ma non l’obbligo, di invitare l’autorità competente dello Stato membro di emissione a fornire informazioni sulla necessità di proseguire la protezione, nel caso in cui si intenda sospenderla (Art. 14, paragrafi 2 e 3).

Gli Stati membri devono provvedere al recepimento della direttiva entro l’11 gennaio 2015. Tra gli obblighi degli Stati Membri vi è anche quello di comunicare alla Commissione le autorità nazionali giudiziarie o equivalenti che sono competenti a emettere e a riconoscere un ordine di protezione europeo, in modo che la Commissione possa mettere a disposizione di tutti gli Stati membri l’elenco completo di queste autorità (Art. 3). Infatti, uno degli adempimenti preliminari al riconoscimento dell’ordine è la verifica che esso sia stato emesso da un’autorità competente, se del caso avvalendosi anche dell’ausilio di Eurojust (Art. 8, par. 2). Invece, se l’autorità che riceve l’ordine non è competente ad eseguirlo, essa deve trasmettere d’ufficio l’ordine all’autorità competente, informando senza indugio di questa operazione l’autorità competente dello Stato membro di emissione, con qualsiasi mezzo che lasci una traccia scritta (Art. 8, par. 3).        

 


[1] In G.U.U.E. L 338 del 21/12/2011 p. 2 ss. La base giuridica della direttiva è l’art. 82, paragrafo 1, lettere a) e d), in base al quale «[l]a cooperazione giudiziaria in materia penale nell'Unione è fondata sul principio di riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie e include il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri nei settori di cui al paragrafo 2 e all'articolo 83. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano le misure intese a: a)  definire norme e procedure per assicurare il riconoscimento in tutta l'Unione di qualsiasi tipo di sentenza e di decisione giudiziaria; (..) d)  facilitare la cooperazione tra le autorità giudiziarie o autorità omologhe degli Stati membri in relazione all'azione penale e all'esecuzione delle decisioni».

Osservatorio sulle fonti

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