Sentenza n. 160/2013 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale
Deposito del 27/6/2013 – Pubblicazione in G.U. del 3/7/2013
Motivi della segnalazione
Con la sentenza n. 160/2013 la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 1-ter, del decreto-legge 5 agosto 2010, n. 125 (Misure urgenti per il settore dei trasporti e disposizioni in materia finanziaria), aggiunto dalla legge di conversione 1° ottobre 2010, n. 163, secondo il quale «L’articolo 45, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, si interpreta nel senso che l’incarico onorario di esperto del servizio consultivo ed ispettivo tributario si intende in ogni caso cessato ad ogni effetto, sia giuridico sia economico, a decorrere dalla data di entrata in vigore della predetta disposizione».
La Corte dapprima richiama la sua costante giurisprudenza in materia di interpretazione autentica, secondo la quale “il legislatore può adottare norme di interpretazione autentica non soltanto in presenza di incertezze sull’applicazione di una disposizione o di contrasti giurisprudenziali, ma anche quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, così rendendo vincolante un significato ascrivibile ad una norma anteriore (ex plurimis, sentenze n. 271 del 2011, n. 209 del 2010, n. 24 del 2009, n. 170 del 2008 e n. 234 del 2007)”. Specifica che l’eventuale portata retroattiva della disposizione “non è di per sé contraria a Costituzione, purché non collida con l’art. 25, secondo comma, Cost., non contrasti con altri valori e interessi costituzionalmente protetti e trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza (ex plurimis, sentenze n. 271 e 93 del 2011, n. 234 del 2007 e n. 374 del 2002)”. E che “quanto a tali limiti generali all’efficacia retroattiva delle leggi, attinenti alla salvaguardia di principi costituzionali, è utile ricordare il principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto d’introdurre ingiustificate disparità di trattamento; la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti interessati all’applicazione della norma; la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (ex plurimis, sentenze n. 209 del 2010 e n. 397 del 1994)”.
Dopo questa premessa la Corte passa ad applicare tali criteri alla fattispecie in esame, dal momento che “la disposizione impugnata riqualifica, ora per allora, rapporti da lungo tempo instaurati, attribuendo loro una natura che in effetti non aveva mai trovato alcun riconoscimento giurisprudenziale nei quasi trent’anni di esistenza del SECIT. Dal senso letterale della disposizione interpretata e di quelle ad essa geneticamente collegate non si ricava, infatti, il significato attribuitole dalla disposizione impugnata, né esisteva contrasto giurisprudenziale circa la sua inascrivibilità al servizio onorario. Risulta leso, dunque, l’affidamento degli ispettori esterni, legittimato da una serie di chiari elementi sintomatici di natura normativa”.
Dopo una serie di esemplificazioni sulla fattispecie in esame, la Corte conclude per l’incostituzionalità dal momento che “la norma impugnata non ha attribuito alla disposizione interpretata un significato rientrante tra le possibili varianti di senso del testo originario. Essa ha invece realizzato, con efficacia retroattiva, una sostanziale modifica della normativa precedente, così ledendo l’affidamento ingenerato dal trattamento riservato per circa trent’anni agli ispettori esterni del SECIT. Pertanto, deve essere dichiarata illegittima per contrasto con l’art. 3 Cost.”.