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UE - La sentenza nella causa C-370/12, Pringle (1/2013)

La Corte di giustizia si pronuncia a favore della validità della modifica all’art. 136 TFUE e della compatibilità con il diritto dell’Unione del Trattato che istituisce un meccanismo europeo di stabilità

Nella riunione del Consiglio europeo del 28 e 29 ottobre 2010, i capi di Stato o di governo hanno convenuto sulla necessità che gli Stati membri istituiscano un meccanismo permanente di gestione delle crisi per salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo insieme. Pertanto, il presidente del Consiglio europeo è stato invitato ad avviare consultazioni con i membri del Consiglio europeo su una modifica del Trattato FUE a tal fine. Il 16 dicembre 2010 il governo belga ha presentato, in conformità dell’articolo 48, par. 6, primo comma, TUE, un progetto di modifica dell’articolo 136 TFUE, consistente nell’aggiunta di un terzo paragrafo del seguente tenore: «[g]li Stati membri la cui moneta è l’euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità». Questa modifica è stata prevista dalla decisione del Consiglio europeo 2011/199/UE,[1] destinata ad entrare in vigore il 1° gennaio 2013.[2] Al tempo stesso, il Consiglio europeo ha adottato conclusioni sul futuro meccanismo di stabilità, e già il 2 febbraio 2012 veniva firmato il Trattato che istituisce un meccanismo europeo di stabilità (in seguito, il Trattato MES).[3]

Con il rinvio pregiudiziale che ha dato origine alla causa C-370/12, Pringle, decisa il 27 novembre 2012 dalla Corte di giustizia in Seduta Plenaria, la Supreme Court of Ireland sollevava una serie di questioni inerenti, da un lato, la validità della decisione 2011/199/UE, e, dall’altro, l’interpretazione di alcune disposizione dei Trattati UE e FUE - segnatamente gli artt. 2 TUE, 3 TUE, 4, par. 3, TUE, 13 TUE, 2, par. 3, TFUE, 3, par. 1, lett. c), e par. 2, TFUE, 119 TFUE-123 TFUE e 125 TFUE-127 TFUE - e dei principi generali di tutela giurisdizionale effettiva e di certezza del diritto. In particolare, le questioni interpretative erano finalizzate a valutare la compatibilità del Trattato MES con le disposizioni del diritto primario e i principi generali appena ricordati.

La Corte di giustizia ha innanzitutto accertato la validità della decisione 2011/199/UE. In via preliminare, la Corte ha affermato la propria competenza a conoscere della questione di validità. A seguito delle modifiche introdotte dal Trattato di Lisbona, il Consiglio europeo rientra tra le istituzioni dell’Unione europea di cui all’art. 13, par. 1, TUE. Quindi, il riferimento di cui all’art. 267 TFUE, par. 1, lett. b), alle questioni pregiudiziali relative alla validità degli atti delle istituzioni è da ritenersi comprensivo anche delle decisioni del Consiglio europeo (par. 31). É stata poi superata l’obiezione del governo irlandese, il quale individuava nel contenuto della decisione - una modifica del TFUE - un ostacolo alla competenza della Corte, estendendosi la competenza pregiudiziale alla validità delle disposizioni di diritto primario. La Corte ha tuttavia precisato che, «nella sua qualità di istituzione che assicura, in forza dell’articolo 19, paragrafo 1, primo comma, TUE, il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati, (...) è tenuta a verificare, da un lato, che siano state seguite le regole procedurali previste dal citato articolo 48, paragrafo 6, e, dall’altro, che le modifiche decise riguardino solo la parte terza del Trattato FUE, il che comporta che esse non contengano alcuna modifica delle disposizioni di un’altra parte dei trattati sui quali si fonda l’Unione, e che non estendano le competenze di quest’ultima» (paragrafi 35 e 36). Ciò implica l’ammissibilità del controllo della validità delle decisioni del Consiglio europeo fondate sull’art. 48, par. 6, TUE da parte della Corte.

Successivamente, la Corte ha respinto l’argomento, presentato ancora dal governo irlandese, secondo cui la questione doveva essere dichiarata irricevibile, poiché, da un lato, il rinvio era tardivo (il procedimento principale era stato avviato il 13 aprile 2012, mentre la decisione in questione era stata adottata il 25 marzo 2011); dall’altro, e in ogni caso, la sua proposizione era da considerarsi preclusa dalla giurisprudenza TWD (secondo la quale, quando una persona è «senza alcun dubbio» legittimata a far valere l’invalidità di un atto attraverso il ricorso per annullamento ex art. 263 TFUE, laddove non lo proponga nei termini, non potrà successivamente eccepire l’invalidità dell’atto dinanzi al giudice nazionale: si veda la sentenza del 9 marzo 1994, causa C-188/92, TWD Textilwerke Deggendorf [1994], in Raccolta, I‑833). La Corte ha precisato, da un lato, che il diritto dell’Unione non fissa un termine entro il quale deve essere esercitato il rinvio pregiudiziale, con la conseguenza che «i termini per la proposizione dei ricorsi nazionali sono determinati dalle regole procedurali nazionali e spetta ai soli giudici degli Stati membri esaminare il loro rispetto nell’ambito del procedimento principale» (par. 39). Dall’altro, si è evidenziato che la preclusione TWD non poteva operare, dal momento che «non risulta[va] che il ricorrente nel procedimento principale sarebbe stato, senza alcun dubbio, legittimato a proporre un ricorso di annullamento contro la decisione 2011/199 ai sensi dell’articolo 263 TFUE» (par. 42).

Venendo al merito della questione, la Corte ha osservato che dal punto di vista formale non vi sono dubbi che la modifica introdotta dalla decisione quadro riguarda la terza parte del TFUE - in linea con quanto richiesto dall’art. 48, par. 6, TUE. Ha tuttavia ritenuto di dover verificare anche che, in sostanza, la modifica non andasse ad incidere su disposizioni di altre parti del Trattato. La Corte ha escluso un’incidenza sulle norme in materia di politica monetaria, sulla base sia dei diversi obiettivi perseguiti dalla stessa e dal Trattato MES - nel primo caso, il mantenimento della stabilità dei prezzi, nell’altro la salvaguardia della stabilità della zona euro nel suo complesso -, sia degli strumenti predisposti per la realizzazione di quegli obiettivi - in particolare, nel caso del Trattato MES, un meccanismo di concessione di assistenza finanziaria agli Stati membri, il quale «non rientra manifestamente nella sfera della politica monetaria» - (paragrafi 53 e 57). Tale conclusione non è inficiata dal fatto che la BCE - il cui parere è obbligatorio in caso di modifiche istituzionali nel settore monetario - ha espresso un parere sul progetto di Trattato MES: non solo la BCE «ha proceduto alla consultazione della BCE di propria iniziativa, e non a seguito di un obbligo gravante su di esso ai sensi di detta disposizione», ma, in ogni caso, «la consultazione della BCE sul progetto di decisione 2011/199 non può incidere sulla natura del meccanismo di stabilità previsto» (paragrafi 61 e 62).

Similmente, si è esclusa l’incidenza della modifica sulla competenza dell’Unione nel settore del coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri, in quanto le rilevanti disposizioni dei Trattati UE e FUE non conferiscono all’Unione una competenza specifica all’Unione per istituire un meccanismo di stabilità analogo a quello previsto dalla decisione (par. 64). La Corte ha tuttavia precisato che, se «gli Stati membri la cui moneta è l’euro sono competenti a concludere tra di loro un accordo relativo all’istituzione di un meccanismo di stabilità, come quello previsto dall’articolo 1 della decisione 2011/199», tuttavia gli stessi «non possono esimersi dal rispetto del diritto dell’Unione nell’esercizio delle proprie competenze in tale settore» (paragrafi 68 e 69). A tal proposito, si è comunque ritenuto che «la rigorosa condizionalità cui il meccanismo di stabilità subordina la concessione di un’assistenza finanziaria in forza del paragrafo 3 dell’articolo 136 TFUE (..) è diretta a garantire che, nel suo funzionamento, tale meccanismo rispetti il diritto dell’Unione, comprese le misure adottate dall’Unione nell’ambito del coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri» (par. 69) .

La Corte ha parimenti ritenuto soddisfatta la condizione secondo cui le modifiche ex art. 48, par. 6, TUE non devono estendere le competenze attribuite all’Unione nei Trattati. Infatti, la modifica di cui alla decisione del Consiglio europeo «conferma l’esistenza di una competenza in capo agli Stati membri per istituire un meccanismo di stabilità», e pertanto «non attribuisce alcuna nuova competenza all’Unione [e] non crea alcuna base giuridica che consenta all’Unione di avviare un’azione che non era possibile prima dell’entrata in vigore della modifica del Trattato FUE» (paragrafi 72 e 73). Si è inoltre aggiunto che la circostanza che il Trattato MES ricorre alla Commissione e alla BCE «non è comunque tale da incidere sulla validità della decisione 2011/199, la quale a sua volta prevede la sola istituzione di un meccanismo di stabilità da parte degli Stati membri e tace su qualsiasi ruolo eventuale delle istituzioni dell’Unione in tale ambito» (par. 74).

Per questi motivi, la Corte ha dichiarato la validità della decisione del Consiglio europeo relativa all’aggiunta di un nuovo paragrafo nell’art. 136 TFEU.

La Corte ha poi affermato la propria competenza anche sulla questione relativa alla compatibilità del Trattato MES con alcune disposizioni dei Trattati e taluni principi generali dell’Unione. Ciò in quanto, «per il suo stesso tenore letterale, verte sull’interpretazione di diverse disposizioni del diritto dell’Unione e non sull’interpretazione di disposizioni del Trattato MES» (par. 79). Tuttavia, la questione è stata dichiarata solo parzialmente ricevibile e, segnatamente, non laddove verteva sull’interpretazione degli articoli 2 TUE e 3 TUE nonché del principio generale di certezza del diritto. Rispetto a tali disposizioni, infatti, non era stata dimostrata dal giudice nazionale la rilevanza dell’interpretazione ai fini della soluzione della controversia nazionale.

Innanzitutto, la Corte ha escluso che ostino ad un meccanismo come quello istituito dal Trattato MES gli artt. 3, par. 1, lett. c), TFUE e 127 TFUE, in materia di politica monetaria, dal momento che «le attività del MES non rientrano nella politica monetaria oggetto delle citate disposizioni del Trattato FUE» (par. 95). Né l’eventuale effetto delle attività del MES sulla stabilità dei prezzi inficia tale constatazione, poiché, «anche supponendo che le attività del MES possano incidere sul livello di inflazione, tale incidenza rappresenterà solo la conseguenza indiretta delle misure di politica economica adottate» (par. 97). Similmente, la Corte ha ritenuto di non dover ravvisare un ostacolo nell’art. 3, par. 2, TUE, secondo cui l’Unione ha «competenza esclusiva per la conclusione di accordi internazionali allorché tale conclusione (…) può incidere su norme comuni o modificarne la portata». Ciò in quanto, «atteso che il FESF è stato istituito dagli Stati membri la cui moneta è l’euro al di fuori dell’ambito dell’Unione, l’assunzione, da parte del MES, del ruolo attribuito a tale fondo non è tale da incidere su norme comuni dell’Unione o da modificarne la portata» (par. 102).

Neanche sussiste un’incompatibilità con l’art. 122, par. 1, TFUE,[4] poiché esso «non rappresenta un fondamento giuridico adeguato per un’eventuale assistenza finanziaria dell’Unione agli Stati membri che già si trovano o rischiano di trovarsi in gravi problemi finanziari, l’istituzione di un meccanismo di stabilità come il MES non sconfina nei poteri che detta disposizione conferisce al Consiglio» (par. 116). Parimenti, non c’è interferenza con l’art. 122, par. 2, TFUE (la cd. clausola di solidarietà introdotta dal Trattato di Lisbona),[5] poiché, da un lato, «l’istituzione del MES non incide sulla competenza dell’Unione di accordare (...) un’assistenza finanziaria puntuale ad uno Stato membro qualora si constati che quest’ultimo si trova in difficoltà o è seriamente minacciato da gravi difficoltà a causa di calamità naturali o di circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo»; dall’altro, «né l’articolo 122, paragrafo 2, TFUE né alcun’altra disposizione dei Trattati UE e FUE conferiscono una competenza specifica all’Unione ad istituire un meccanismo di stabilità permanente come il MES » (paragrafi 104 e 105).

Sempre facendo riferimento al peculiare oggetto ed obiettivo del MES, la Corte ne ha escluso l’incompatibilità anche con le disposizioni relative all’Unione economica e monetaria, ossia gli artt. 2, par. 3, TFUE, 119 TFUE-121 TFUE e 126 TFUE (paragrafi 108-114).

Riguardo all’art. 123 TFUE, il quale vieta alla BCE e alle banche centrali degli Stati membri di concedere scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia alle autorità e agli organismi di diritto pubblico dell’Unione e degli Stati membri nonché di acquistare direttamente, presso questi ultimi, titoli del loro debito, la Corte ha osservato che «[l]a concessione di un’assistenza finanziaria da parte di uno Stato membro o di un insieme di Stati membri ad un altro Stato membro non rientra quindi in detto divieto» (par. 125). Inoltre, «nulla consente di considerare che le risorse finanziarie concesse dai membri del MES a quest’ultimo possano provenire da strumenti finanziari vietati dall’articolo 123, paragrafo 1, TFUE» (par. 127).

Rispetto all’art. 125 TFUE, la Corte ha osservato che esso «non vieta la concessione di un’assistenza finanziaria da parte di uno o più Stati membri ad uno Stato membro che resta responsabile dei propri impegni nei confronti dei suoi creditori e purché le condizioni collegate a siffatta assistenza siano tali da stimolarlo all’attuazione di una politica di bilancio virtuosa» (par. 137). Successivamente, ha verificato il rispetto, da parte del Trattato MES, di entrambe le condizioni ora menzionate. Da un lato, infatti, «i dispositivi di sostegno alla stabilità cui può ricorrere il MES in forza degli articoli 14-18 di tale Trattato fanno emergere che il MES non si farà garante dei debiti dello Stato membro beneficiario[, il quale] resterà responsabile, nei confronti dei propri creditori, dei propri impegni finanziari» (par. 138). Dall’altro, «un sostegno alla stabilità può essere accordato ai membri del MES che già si trovino o rischino di trovarsi in gravi problemi finanziari solo qualora un siffatto sostegno sia indispensabile per salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso nonché dei suoi Stati membri e la concessione di tale sostegno sia subordinato a condizioni rigorose commisurate allo strumento di assistenza finanziaria scelto» (par. 142).

Dal momento che il MES non pregiudica le disposizioni del Trattato FUE relative alla politica economica e monetaria, e che il Trattato che lo istituisce contiene disposizioni volte ad assicurare che il MES, nell’esercizio delle sue funzioni, rispetterà il diritto dell’Unione, è stato esclusa anche l’incompatibilità con l’art. 4, par. 3, TUE. Inoltre, la Corte non ha ravvisato un contrasto con l’art. 13, par. 2, TUE, in base al quale ciascuna istituzione agisce nei limiti delle attribuzioni conferitele dai trattati, secondo le procedure, condizioni e finalità da essi previste. Infatti, se è vero che il Trattato MES attribuisce nuove funzioni alla Commissione e alla BCE, tuttavia questi compiti non attengono ad un settore di competenza esclusiva dell’Unione, né sono tali da snaturare la natura delle due istituzioni. Come emerge dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, «nei settori che non rientrano nella competenza esclusiva dell’Unione, gli Stati membri hanno il diritto di affidare alle istituzioni, al di fuori dell’ambito dell’Unione, compiti come il coordinamento di un’azione comune da essi intrapresa o la gestione di un’assistenza finanziaria, a condizione che tali compiti non snaturino le attribuzioni che i Trattati UE e FUE conferiscono a tali istituzioni» (par. 158; si vedano, ad esempio, le sentenze 30 giugno 1993, causa C‑181/91 e C‑248/91, Parlamento c. Consiglio e Commissione [1993], in Raccolta, I‑3685, par. 16, e 2 marzo 1994, causa C‑316/91, Parlamento c. Consiglio [1994], in Raccolta, I‑625, paragrafi 16, 20 e 22, nonché i pareri 1/92, del 10 aprile 1992, in Raccolta, I‑2821, paragrafi 32 e 41, 1/00, del 18 aprile 2002, in Raccolta, p. I‑3493, par. 20, e 1/09, dell’8 marzo 2011, non ancora pubblicato nella Raccolta, par. 75). Il Trattato MES riguarda la politica economica, settore nel quale l’Unione non dispone di una competenza esclusiva. Inoltre, le funzioni dallo stesso attribuite alla Commissione e alla BCE non solo non hanno, ad avviso della Corte, l’effetto di snaturare le attribuzioni ad esse conferite dai Trattati, ma neanche implicano alcun potere decisionale proprio delle stesse.

Per quanto riguarda invece il ruolo assegnato dal Trattato MES alla Corte,[6] questo si basa direttamente sull’art. 273 TFUE, il quale recita che «[l]a Corte di giustizia è competente a conoscere di qualsiasi controversia tra Stati membri in connessione con l'oggetto dei trattati, quando tale controversia le venga sottoposta in virtù di un compromesso». La Corte ha precisato che il riferimento alla esistenza di un compromesso non esclude, «considerato l’obiettivo perseguito da tale disposizione, che un accordo siffatto si verifichi previamente, con riferimento ad un’intera categoria di controversie predefinite, in forza di una clausola come l’articolo 37, paragrafo 3, del Trattato MES» (par. 172). Anche gli altri requisiti previsti dall’art. 273 TFUE sono stati ritenuti sussistenti, poiché, da un lato, il Trattato MES coinvolge unicamente Stati membri e, dall’altro, le controversie sull’interpretazione o all’applicazione del Trattato MES possono vertere altresì sull’interpretazione o sull’applicazione delle disposizioni del diritto dell’Unione.

Con riferimento alla compatibilità con il principio di tutela giurisdizionale effettiva, come enunciato, in particolare, dall’art. 47 della Carta, la Corte ha «rilevato che gli Stati membri non attuano il diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, allorché instaurano un meccanismo di stabilità come il MES per l’istituzione del quale, come risulta dal punto 105 della presente sentenza, i Trattati UE e FUE non attribuiscono alcuna competenza specifica all’Unione» (par. 180). Diverso potrebbe essere il caso di atti adottati in attuazione del Trattato MES, laddove gli stessi andassero ad incidere nel campo di applicazione di norme del diritto dell’Unione.[7] Tuttavia, con riferimento all’ipotesi in esame, e per le ragioni appena indicate, la Corte ha escluso che un ostacolo alla conclusione del Trattato MES si possa far discendere dall’art. 47 della Carta.

Da ultimo, la Corte ha precisato che, poiché la modifica dell’articolo 136 TFUE da parte dell’articolo 1 della decisione 2011/199 si limita a confermare l’esistenza di una competenza in capo agli Stati membri, il diritto di uno Stato membro di concludere e di ratificare il Trattato MES non è subordinato all’entrata in vigore della decisione 2011/199.

 

 

N.L.



[1] G.U. 2011 L 91, p. 1-2.

[2] A condizione che tutti gli Stati membri avessero notificato al segretario generale del Consiglio l’espletamento delle procedure richieste dalle rispettive norme costituzionali per l’approvazione della decisione. Altrimenti, la stessa sarebbe entrata in vigore, il primo giorno del mese successivo al ricevimento dell’ultima delle notifiche.

[3]Il testo del Trattato MES può essere reperito al seguente indirizzo http://www.european-council.europa.eu/home-page/highlights/european-stability-mechanism-treaty-signed?lang=it. In dottrina, si veda, tra gli altri, L.S. Rossi, ‘Fiscal Compact e Trattato sul Meccanismo di Stabilità: aspetti istituzionali e conseguenze dell’integrazione differenziata’, Il Diritto dell’Unione europea, 2012, p. 293 ss.

[4] Questa disposizione prevede che «[f]atta salva ogni altra procedura prevista dai trattati, il Consiglio, su proposta della Commissione, può decidere, in uno spirito di solidarietà tra Stati membri, le misure adeguate alla situazione economica, in particolare qualora sorgano gravi difficoltà nell'approvvigionamento di determinati prodotti, in particolare nel settore dell'energia».

[5] Questa disposizione recita che «[q]ualora uno Stato membro si trovi in difficoltà o sia seriamente minacciato da gravi difficoltà a causa di calamità naturali o di circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo, il Consiglio, su proposta della Commissione, può concedere a determinate condizioni un'assistenza finanziaria dell'Unione allo Stato membro interessato. Il presidente del Consiglio informa il Parlamento europeo in merito alla decisione presa».

[6] Ai sensi dell’articolo 37, paragrafo 2, del Trattato MES, il consiglio dei governatori decide su qualsiasi controversia tra il MES e i suoi membri, o tra i membri del MES, in relazione all’interpretazione e all’applicazione di tale trattato, compresa qualsiasi controversia sulla compatibilità delle decisioni adottate dal MES con tale trattato. In forza del paragrafo 3 dello stesso articolo, se un membro del MES contesta la decisione di cui al paragrafo 2, la controversia è sottoposta alla Corte.

[7] Sull’ambito di applicazione della Carta si vede, in senso estensivo, la sentenza 26 febbraio 2013, causa C-617/10, Åkerberg Fransson, di cui è fornita una sintesi in questo stesso fascicolo dell’Osservatorio.

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