di Deborah Russo
La sentenza n. 238, adottata dalla Corte costituzionale il 22 ottobre 2014 e già definita da qualcuno pronuncia "storica"[1], ha riaperto la questione del diritto delle vittime degli efferati crimini nazisti ad ottenere il risarcimento del danno dallo Stato tedesco.
La questione nasceva dalla posizione della Corte di Cassazione italiana, inaugurato con la sentenza Ferrini del 2004[2], che negava alla Germania il beneficio dell'immunità giurisdizionale, riconoscendo come prevalente il diritto delle vittime a ottenere il risarcimento del danno subito a causa dei crimini nazisti.
La Germania aveva reagito all'orientamento dei giudici italiani presentando alla Corte internazionale di giustizia (d'ora innanzi CIG) un ricorso che lamentava la violazione della norma consuetudinaria sull'immunità giurisdizionale degli Stati dalla giurisdizione straniera da parte dell'Italia. Con sentenza del 3 febbraio 2012, la CIG ha accolto il ricorso, respingendo gli argomenti difensivi che facevano leva, tra l'altro, sull'assenza di forme alternative di tutela per le vittime, e ha condannato l'Italia a provvedere, con mezzi di propria scelta, a privare di ogni effetto i giudicati italiani[3]. L'Italia aveva provveduto stabilendo, all'art. 3 della legge n. 5 del 2013, l'obbligo per il giudice italiano di rilevare in qualsiasi stato e grado del processo il difetto di giurisdizione e di ammettere la revocazione delle sentenze civili già passate in giudicato.
La questione sembrava ormai chiusa, senonché il Tribunale di Firenze[4] ha investito la Corte costituzionale di tre questioni di legittimità costituzionale concernenti la violazione del diritto fondamentale alla tutela giurisdizionale, tutelato dagli articoli 2 e 24 della Costituzione, da parte:
1) della norma di recepimento, prodotta ex art. 10 Cost., della norma consuetudinaria di diritto internazionale sull'immunità degli Stati dalla giurisdizione civile degli altri Stati, così come interpretata dalla CIG nella sentenza Germania c. Italia del 3 febbraio 2012, nella parte in cui comprende tra gli atti sottratti alla giurisdizione di cognizione anche i crimini nazisti commessi in Italia e Germania nei confronti di cittadini italiani nel periodo 1943-1945;
2) dell'art. 1 della legge di adattamento alla Carta delle Nazioni Unite, nella parte in cui obbliga il giudice italiano ad adeguarsi alla pronuncia della CIG anche nella parte in cui essa impone l'obbligo di negare la giurisdizione italiana nelle cause concernenti il risarcimento del danno per i suddetti crimini nazisti;
3) dell'art. 1 (recte art. 3) della legge n. 5 del 14 gennaio 2013[5] che ha imposto al giudice italiano di negare la propria giurisdizione in futuri casi concernenti i crimini internazionali di cui sopra e di ammettere la revocazione delle sentenze già passate in giudicato.
La Corte costituzionale ha risolto le tre questioni attivando per la prima volta i cosiddetti "controlimiti" dell'ordinamento a difesa di un principio supremo dell'ordinamento costituzionale, quale quello della tutela giurisdizionale delle vittime dei crimini nazisti. Tale principio, secondo la Corte, per l'impossibilità delle vittime di ottenere una tutela per equivalente, avrebbe subito un "sacrificio totale". La Corte, in particolare, ha giudicato "del tutto sproporzionato" il sacrificio che il diritto alla tutela giurisdizionale subirebbe in una situazione come quella del caso di specie in cui l'interesse concorrente da salvaguardare, ossia la funzione di governo sovrana dello Stato straniero, riguardasse la commissione di crimini internazionali.
La pronuncia affronta nella prima parte la questione dell'incidenza della norma consuetudinaria di diritto internazionale sull'immunità degli Stati stranieri nell'ordinamento nazionale in una situazione che mette in gioco la tutela di un principio supremo dell'ordinamento e che non consente forme di tutela per equivalente.
Su questo aspetto la Corte costituzionale ha innanzitutto affermato che la norma consuetudinaria di diritto internazionale ha "rango equivalente" a quello costituzionale, in virtù del rinvio effettuato dall'art. 10 Cost., e che, in caso di contrasto con altre norme e principi costituzionali non superabile in via ermeneutica, spetta "esclusivamente" alla stessa Corte effettuare l'operazione di "bilanciamento" tra interessi e valori in conflitto.
La Corte ha poi precisato che i principi fondamentali dell'ordinamento, tra cui quello alla tutela giurisdizionale in questione, costituiscono un "limite all'ingresso" delle norme internazionali generalmente riconosciute, costituendo "elementi identificativi e irrinunciabili dell'ordinamento costituzionale, per ciò stesso sottratti anche alla revisione costituzionale". Prospettando una ricostruzione in termini rigorosamente dualisti del rapporto tra le fonti interne e quelle internazionali, la Corte ha affermato che in casi del genere la norma internazionale -per la parte configgente con i principi supremi- non entra nell'ordinamento italiano e non vi spiega quindi alcun effetto.
La Corte ha pertanto rigettato la prima questione di legittimità costituzionale sollevata dal giudice a quo perché essa prospettava un conflitto tra la norma interna di adattamento della consuetudine internazionale e gli articoli 2 e 24 Cost. che, in realtà, non si è mai determinato per l'inoperatività del meccanismo di adattamento dell'art. 10 Cost. determinata dall'attivazione automatica dei "controlimiti" del nostro ordinamento.
La seconda parte della pronuncia accoglie le questioni di legittimità costituzionale della legge di esecuzione della Carta delle Nazioni Unite (nella parte in cui obbliga il giudice italiano ad adeguarsi alla pronuncia della CIG del 3 febbraio 2012) e dell'art. 3 della legge n. 5 del 2013 (che impone il diniego di giurisdizione nei giudizi e la revocazione dei giudicati concernenti il diritto al risarcimento delle vittime), in ragione dell'insuperabile contrasto che esse determinano, nel caso di specie, con il diritto fondamentale alla tutela giurisdizionale, garantito dagli articoli 2 e 24 della Costituzione.
La sentenza n. 238/2014 costituisce una significativa proclamazione, e un tentativo di difesa, dei principi fondamentali del nostro ordinamento. Resta il dubbio riguardo alla sua incidenza pratica sulle prospettive di soddisfazione dei diritti delle vittime, in considerazione della perdurante efficacia della sentenza della CIG nell'ordinamento internazionale e della probabile resistenza della Germania ad ottemperare alle sentenze dei giudici italiani che si pongano in contrasto con essa. Insieme al dubbio sull'ulteriore esito della vicenda giudiziaria, resta l'auspicio che il governo decida di riaprire i negoziati.
[1] Così L. Gradoni, Corte costituzionale e Corte internazionale di giustizia in rotta di collisione sull'immunità dello Stato straniero dalla giurisdizione civile, consultabile online sul sito: http://www.sidi-isil.org/sidiblog/?p₌1101. Tra le prime reazioni alla sentenza cfr. P. De Sena, Spunti di riflessione sulla sentenza 238/2014 della Corte costituzionale, consultabile online sul sito: http://www.sidi-isil.org/sidiblog/?p₌1108#more-1108.
[2] Corte Cass. SSUU, sent. 5044/2004 (caso Ferrini).
[3] Sent. della Corte internazionale di giustizia resa il 3 febbraio 2012 nel caso Jurisdictional Immunities of the State (Germany v. Italy: Greece intervening), ICJ Reports, 2012.
[4] Trib. Firenze, ord. 21 gennaio 2014, N.R.G. 1300/2012, commentata da F. Palombino, Quali limiti alla regola sull'immunità degli Stati? La parola alla Consulta, in Rivista di diritto internazionale, 2014, p. 501 ss.; D. Russo, Il rapporto tra norme internazionali generali e principi della Costituzione al vaglio della Corte costituzionale: il Tribunale di Firenze rinvia alla Consulta la questione delle vittime dei crimini nazisti, in Osservatorio sulle Fonti, fasc. 1, 2014.
[5] Legge 14 gennaio 2013 n. 5, Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, fatta a New York il 2 dicembre 2004, nonché norme di adeguamento all'ordinamento interno, in GU n. 24 del 29 gennaio 2013. Sul tema cfr. A. Ciampi, L'Italia attua la sentenza della Corte internazionale di giustizia nel caso Germania c. Italia, in Rivista di diritto internazionale, 2013, p. 146 ss.