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Corte di giustizia (Grande sezione), causa C-114/12, Commissione europea c. Consiglio dell’Unione europea., sent. 4 settembre 2014 (3/2014)

Il Trattato di Lisbona non ha modificato in senso restrittivo la giurisprudenza della Corte di giustizia in materia di competenza esclusiva esterna dell’Unione europea. Ne deriva che l’Unione ha competenza esclusiva a negoziare una convenzione del Consiglio d’Europa relativa alla tutela dei diritti connessi degli organismi di diffusione radiotelevisiva

Nel febbraio 2011 la Commissione europea ha chiesto al Consiglio dell’Unione europea di essere autorizzata a negoziare la futura convenzione del Consiglio d’Europa in materia di protezione dei diritti connessi degli organismi di radiodiffusione. Il 19 dicembre 2011, il Consiglio e i rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio hanno adottato una decisione in cui la Commissione veniva autorizzata a partecipare al negoziato “per le materie di competenza dell’Unione e in relazione alle quali l’Unione ha adottato norme”. La stessa decisione stabiliva che la presidenza del Consiglio avrebbe partecipato pienamente al negoziato per la parte relativa a competenze degli Stati membri, conducendolo a nome degli stessi sulla base di una posizione comune previamente concordata, e fatto salvo il diritto degli Stati membri di votare in modo indipendente ove non fosse possibile definire una tale posizione comune.

Ad avviso della Commissione, l’Unione europea avrebbe invece competenza esclusiva a negoziare la convenzione in questione, poiché gli impegni internazionali che dalla stessa dovrebbero scaturire riguardano un settore in cui il legislatore UE ha già adottato, a livello interno, delle norme comuni. Detti impegni avrebbero l’effetto di incidere su norme comuni, o di modificarne la portata, materializzando quindi l’ipotesi di competenza esterna esclusiva prevista nella sentenza AETS[1] e ora codificata dall’art. 3, par. 2, del TFUE.[2]  La Commissione ha pertanto impugnato la decisione davanti alla Corte di giustizia, chiedendone l’annullamento ex art. 263 TFUE, per violazione della norma del Trattato appena citata.

Secondo il Consiglio – sostenuto sul punto dal Regno Unito e dai Paesi Bassi – il Trattato di Lisbona avrebbe codificato solo parzialmente la giurisprudenza sviluppata dalla Corte di giustizia a partire dalla sentenza AETS, rifiutandosi, in particolare, di sancire il criterio del “settore già in gran parte disciplinato da norme dell’Unione”.[3] A sostegno di questo argomento, veniva fatto riferimento al protocollo n. 25 ai Trattati, relativo all’esercizio delle competenze concorrenti, secondo cui, “quando l’Unione agisce in un determinato settore, il campo di applicazione di questo esercizio di competenza copre unicamente gli elementi disciplinati dall’atto dell’Unione in questione e non copre pertanto l’intero settore”.[4] Ad avviso del Consiglio, quindi, poiché la futura convenzione del Consiglio d’Europa verte su un settore di competenza concorrente tra Unione e Stati membri – quello del mercato interno, che comprende la protezione della proprietà intellettuale –, e gli impegni internazionali derivanti dalla stessa potrebbero andare oltre la normativa UE esistente, sia l’Unione che gli Stati membri dovrebbero essere coinvolti nel negoziato.

La Corte di giustizia ha accolto il ricorso della Commissione, affermando la competenza esclusiva dell’Unione a negoziare e concludere la futura convenzione del Consiglio d’Europa in materia di protezione dei diritti connessi degli organismi di radiodiffusione.

In primo luogo, la Corte ha affermato che l’art. 3, par. 2, TFUE, codifica la giurisprudenza dalla stessa sviluppata a partire dalla sentenza AETS,[5] rigettando, quindi, l’argomento basato dal Consiglio sul protocollo n. 25. In particolare, la Corte di giustizia ha osservato che, “come emerge dal suo tenore letterale, [detto protocollo riguarda unicamente] l’articolo 2, paragrafo 2, TFUE, e non l’articolo 3, paragrafo 2, TFUE[; e]sso mira quindi a precisare la portata dell’esercizio da parte dell’Unione di una competenza concorrente con gli Stati membri attribuitale dai Trattati, e non a limitare la portata della competenza esterna esclusiva dell’Unione nelle ipotesi previste dall’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, come chiarito dalla giurisprudenza della Corte testé rammentata.”[6] Risulta da quest’ultima che la competenza esterna esclusiva dell’Unione esiste quando gli impegni derivanti dall’accordo internazionale al quale l’Unione intende partecipare rientrano nell’ambito di applicazione di norme comuni di diritto UE, senza che sia necessaria una concordanza completa tra il settore disciplinato dagli impegni internazionali e quello su cui insiste la normativa dell’Unione. È invece sufficiente che i primi rientrino “in un settore già in gran parte disciplinato da [norme comuni dell’Unione].”[7] In questo caso, gli Stati membri non possono assumere gli impegni internazionali in questione, “anche se non vi [sono] possibili contraddizioni tra questi ultimi e le norme comuni dell’Unione.”[8] Inoltre, il fatto che le norme comuni di diritto UE siano contenute in più strumenti giuridici – come nel caso della disciplina in materia di protezione dei diritti connessi degli organismi di radiodiffusione, che risulta dalle direttive 93/83,[9] 2001/29,[10] 2004/48,[11] 2006/115,[12] e 2006/116 –[13] non incide sulla valutazione dell’esistenza del rischio di incidere su dette norme o di modificarne la portata. Questa valutazione non può, infatti, dipendere “da una distinzione artificiosa fondata sulla presenza o meno di tali norme in un solo e unico strumento di diritto dell’Unione.”[14]

Sempre in linea con la sua giurisprudenza pre-Lisbona, la Corte ha affermato che, poiché “l’Unione dispone solo di competenze di attribuzione, (…) l’esistenza di una competenza, per di più di natura esclusiva, deve basarsi su conclusioni derivanti da un’analisi concreta del rapporto esistente tra l’accordo internazionale previsto e il diritto dell’Unione in vigore, da cui risulti che un tale accordo può incidere sulle norme comuni dell’Unione o modificarne la portata.”[15]     

La Corte di giustizia ha quindi applicato la giurisprudenza sviluppata a partire dalla sentenza AERT ai quattro aspetti della futura convenzione in questione rispetto ai quali esisteva disaccordo tra la Commissione ed il Consiglio. Con riferimento al diritto di ritrasmissione, la Corte ha escluso la natura di prescrizioni minime delle pertinenti disposizioni contenute nella direttiva 2006/115, che al contrario “[attribuiscono] una portata sostanziale precisa al diritto di ritrasmissione nel diritto dell’Unione, circoscrivendola alla ritrasmissione via etere.”[16] Sulla base delle indicazioni contenute nei documenti del Consiglio d’Europa relativi alla futura convenzione, la Corte ha poi rigettato l’argomento del Consiglio secondo cui gli impegni relativi al diritto di comunicazione al pubblico potrebbero andare oltre l’acquis dell’Unione.[17] Rispetto al tema della protezione dei segnali pre-diffusione, la Corte ha rilevato che, sebbene “gli organismi di radiodiffusione non beneficiano, in forza del diritto dell’Unione in vigore, di una protezione concernente detti segnali in quanto tali, una delle soluzioni prospettate nei lavori relativi alla convenzione “potrebbe innegabilmente modificare in maniera trasversale la portata delle norme comuni dell’Unione nel settore considerato.”[18] Le altre possibili soluzioni, risultando meramente ipotetiche allo stato attuale, non devono essere tenute in considerazione per stabilire la portata esclusiva o concorrente della competenza esterna dell’Unione.[19] Da ultimo, per quanto concerne le sanzioni ed i meccanismi attivabili in caso di violazione dei diritti connessi degli organismi di radiodiffusione, la Corte ha rilevato che non sono state addotte dal Consiglio – né emergono dai lavori relativi alla convenzione – indicazioni a sostegno della tesi secondo cui quest’ultima “potrebbe portare all’introduzione, diversamente dalla normativa dell’Unione, dell’obbligo per le parti contraenti di adottare sanzioni penali in caso di tali violazioni.”[20]

Sulla base di queste considerazioni, la Corte ha pertanto concluso che, contrariamente a quanto sostenuto dal Consiglio, l’Unione ha competenza esclusiva a negoziare la futura convenzione del Consiglio d’Europa in materia di protezione dei diritti connessi degli organismi di radiodiffusione, ed ha per tale motivo accolto il ricorso della Commissione, annullando la decisione impugnata.

N.L.



[1] Sent. 31 marzo 1971, causa 22-70, Commissione c. Consiglio (Accordo europeo trasporti su strada), in Raccolta, p. 263.

[2] Questa disposizione recita: “L'Unione ha inoltre competenza esclusiva per la conclusione di accordi internazionali allorché tale conclusione è prevista in un atto legislativo dell'Unione o è necessaria per consentirle di esercitare le sue competenze a livello interno o nella misura in cui può incidere su norme comuni o modificarne la portata.”

[3] Cfr. parere 2/91 del 19 marzo 1993, Convenzione OIL n. 170 in materia di sicurezza durante l’impego di sostanze chimiche sul lavoro, in Raccolta, p. I-1061, e sent. 5 novembre 2002, causa C-467/98, Commissione c. Danimarca, in Raccolta, p. I-9519.

[4] Commissione c. Consiglio, cit., paragrafi 51 e 52.

[5] Ibid., par. 67.

[6] Ibid., par. 73.

[7] Ibid., par. 70.

[8] Ibid., par. 71.

[9] Relativa al coordinamento di alcune norme in materia di diritto di autore e diritti connessi applicabili alla radiodiffusione via satellite e alla ritrasmissione via cavo, G.U. 1998 L 248, p. 15.

[10] Sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi della società dell’informazione, G.U. 2001 L 167, p. 10.

[11] Sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, G.U. 2004 L 57, p. 45.

[12] Concernente il diritto di noleggio, diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto d’autore in materia di proprietà intellettuale, G.U. 2006 L 376, p. 28.

[13] Concernente la durata di protezione del diritto d’autore e di alcuni diritti connessi, G.U. 2006 L 372, p. 12.

[14] Commissione c. Consiglio, cit., paragrafi 81 e 82.

[15] Ibid., par. 74.

[16] Ibid., par. 91.

[17] Ibid., par. 96.

[18] Ibid., paragrafi 97 e 98.

[19] Ibid. par. 99.

[20] Ibid., par. 100.

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