Sentenza n. 281/2013 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale
Deposito del 06/11/2013 – Pubblicazione in G.U. del 20/11/2013
Motivi della segnalazione:
Con la sentenza n. 281/2013 la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 120, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come sostituito dall’art. 3, comma 52, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), nella parte in cui si applica anche con riferimento a sentenze pronunziate, ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale, in epoca antecedente all’entrata in vigore della legge n. 94 del 2009.
Tale disposizione normativa testualmente disponeva che: «1. Non possono conseguire la patente di guida [….] le persone condannate per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990 n. 309 [Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza], fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi […]. 2. […] se le condizioni soggettive indicate al primo periodo del comma 1 del presente articolo intervengono in data successiva al rilascio, il prefetto provvede alla revoca della patente di guida […]».
La Corte accoglie la prospettazione del rimettente che riteneva violato il precetto dell’art. 24 Cost. in termini di vulnus alla «tutela dell’affidamento dell’imputato», ma in relazione al solo profilo della (non esclusa) operatività di detta normativa «anche con riferimento alle condanne “patteggiate” antecedenti alla entrata in vigore della L. n. 94/2009». Specifica infatti il giudice delle leggi che, con riguardo alle sentenze pronunciate ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. (equiparate «a una pronuncia di condanna» dal successivo articolo 445, comma 1 bis, secondo periodo) già aveva precisato nella sentenza n. 394/2202 che «la componente negoziale propria dell’istituto del patteggiamento, resa evidente anche dalla facoltà concessa al giudice di verificare la volontarietà della richiesta o del consenso (articolo 446, comma 5, del codice di procedura penale), postula certezza e stabilità del quadro normativo che fa da sfondo alla scelta compiuta dall’imputato e preclude che successive modificazioni legislative vengano ad alterare in pejus effetti salienti dell’accordo suggellato con la sentenza di patteggiamento».
Siccome il testo dell’art. 120, commi 1 e 2, come sostituito dall’art. 3, comma 52, lettera a), della legge n. 94 del 2009, con riguardo ai reati di cui agli artt. 73 e 74 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), aveva innovato la disciplina che l’imputato aveva avuto presente nel ponderare l’opportunità di addivenire al patteggiamento, attribuendo retroattivamente al consenso a suo tempo prestato l’ulteriore significato di una rinunzia alla patente di guida, la Corte ne ha sancito il contrasto con il diritto di difesa, sia per l’inadempimento, che ne consegue, rispetto al negozio (processuale) ex art. 444 cod. proc. pen., sia per il vulnus all’affidamento qualificato dell’imputato circa gli effetti delle proprie scelte.