Sentenza n. 238/2014 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale
Deposito del 22 ottobre 2014 – Pubblicazione in G.U. del 29/10/2014
Motivo della segnalazione
Con la sentenza in epigrafe, la Corte Costituzionale decide alcune questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Firenze. Si tratta, in primo luogo, di quella relativa alla norma consuetudinaria sull'immunità degli Stati dalla giurisdizione civile degli altri Stati, così come interpretata dalla Corte internazionale di giustizia (CIG) nella sentenza Germania c. Italia del 3 febbraio 2012, prodotta nel nostro ordinamento mediante il recepimento ai sensi dell'art. 10, primo comma, Cost.
Secondo il giudice rimettente, infatti, la norma consuetudinaria sarebbe in contrasto con la Costituzione nella parte in cui include tra gli atti iure imperii sottratti alla giurisdizione di cognizione anche i crimini di guerra e contro l'umanità, lesivi di diritti inviolabili della persona.
In particolare, la norma consuetudinaria si porrebbe in contrasto con gli artt. 2 e 24 Cost. in quanto lesiva della dignità personale e del fondamentale diritto di accedere alla giustizia per far valere un proprio diritto inviolabile.
In effetti, con la sentenza del 3 febbraio 2012, la CIG aveva affermato che, allo stato, non si rinvenivano sufficienti elementi nella prassi internazionale per dedurre l'esistenza di una deroga alla norma sull'immunità degli Stati dalla giurisdizione civile degli altri Stati per atti iure imperii relativa alle ipotesi di crimini di guerra e contro l'umanità, lesivi di diritti della persona. E, da parte sua, come sottolinea la Corte costituzionale, il giudice rimettente ha correttamente escluso dal thema decidendum ogni valutazione circa la eventuale erronea interpretazione da parte della CIG della norma internazionale consuetudinaria in discussione.
La Corte precisa, quindi, che occorre valutare la presenza di un eventuale conflitto tra la norma internazionale da immettere nell'ordinamento interno, così come interpretata nell'ordinamento internazionale, ed i principi della Costituzione che con essa presentino elementi di contrasto tali da non essere superabili con gli strumenti ermeneutici.
A tal proposito la Corte richiama la constante giurisprudenza secondo la quale i principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale e i diritti inalienabili della persona si pongono come sicuro limite all'ingresso delle norme internazionali generalmente riconosciute alle quali l'ordinamento giuridico italiano si conforma secondo l'art. 10, comma 1 Cost.
Conseguentemente, sottolineata l'appartenenza del c.d "diritto al giudice" tra quelli inviolabili dell'uomo, ritiene infondata la questione, concludendo che l'effettivo contrasto che si va così a verificare, impone di dichiarare che rispetto alla norma consuetudinaria sull'immunità degli Stati dalla giurisdizione civile degli altri Stati, ed in particolare, limitatamente alla parte in cui essa estende l'immunità alle azioni di danni provocati da atti corrispondenti a violazioni così gravi, non opera il rinvio di cui al primo comma dell'art. 10 Cost., conseguendone quindi che la parte della norma sull'immunità dalla giurisdizione degli Stati che confligge con i predetti principi fondamentali non è entrata nell'ordinamento italiano e non vi spiega, quindi, alcun effetto.
Sono invece giudicate fondate dalla Corte, in relazione agli artt. 2 e 24 Cost., le questioni sollevate in riferimento a previsioni contenute all'interno di leggi di adattamento dell'ordinamento italiano, rispettivamente, alla Carta delle Nazioni Unite ed alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, adottata a New York il 2 dicembre 2004.
Si tratta, nel primo caso, dell'art. 1 della legge n. 848/1957, nella parte in cui, dando esecuzione alla Carta delle Nazioni Unite, ed in specie all'art. 94 della medesima, che prescrive che «ciascun membro delle Nazioni Unite si impegna a conformarsi alla decisione della CIG in ogni controversia di cui esso sia parte», impone espressamente all'ordinamento interno di adeguarsi alla pronuncia della CIG anche quando essa, come nella specie, ha stabilito l'obbligo del giudice italiano di negare la propria giurisdizione in riferimento ad atti di quello Stato che consistano in violazioni gravi del diritto internazionale umanitario e dei diritti fondamentali quali i crimini di guerra e contro l'umanità. Richiamando propri precedenti giurisprudenziali, la Corte afferma che «l'impedimento all'ingresso nel nostro ordinamento della norma convenzionale, sia pure esclusivamente in parte qua, si traduce – non potendosi incidere sulla legittimità di una norma esterna – nella dichiarazione di illegittimità della legge di adattamento speciale limitatamente a quanto contrasta con i conferenti principi costituzionali fondamentali (sentenza n. 311 del 2009)».
Si tratta, nel secondo caso, dell'art. 3 della legge n. 5 del 2013, nella parte in cui obbliga il giudice nazionale ad adeguarsi alla pronuncia della CIG «anche quando essa, come nella specie, gli impone di negare la propria giurisdizione di cognizione nella causa civile di risarcimento del danno per crimini contro l'umanità, ritenuti iure imperii, commessi dal Terzo Reich nel territorio italiano». Infatti – prosegue il giudice delle leggi in un successivo passaggio della motivazione della sua decisione – «l'obbligo del giudice italiano, stabilito dal censurato art. 3, di adeguarsi alla pronuncia della CIG del 3 febbraio 2012 che gli impone di negare la propria giurisdizione nella causa civile di risarcimento del danno per crimini contro l'umanità, commessi iure imperii da uno Stato straniero nel territorio italiano, senza che sia prevista alcuna altra forma di riparazione giudiziaria dei diritti fondamentali violati, si pone, pertanto, come si è già ampiamente dimostrato in relazione alle precedenti questioni (supra, punti 3. e 4.), in contrasto con il principio fondamentale della tutela giurisdizionale dei diritti fondamentali assicurata dalla Costituzione italiana agli artt. 2 e 24 Cost.».