Direttiva del Consiglio sulle misure di coordinamento e cooperazione per facilitare la tutela consolare dei cittadini dell'Unione non rappresentati nei paesi terzi e che abroga la decisione 95/553/CE[1]
Nell’elenco dei diritti di cui godono i cittadini dell’Unione, l’art. 20, par. 2, TFUE include, alla lettera c), “[il] diritto di godere, nel territorio di un paese terzo nel quale lo Stato membro di cui hanno la cittadinanza non è rappresentato, della tutela delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato”. Lo stesso diritto è riaffermato dall’art. 46 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, e dall’art. 23, par. 1, TFUE; quest’ultimo aggiunge che “[g]li Stati membri adottano le disposizioni necessarie e avviano i negoziati internazionali richiesti per garantire detta tutela”.
L’art. 23, par. 2, TFUE, che non compariva nella versione dell’articolo precedente alla revisione di Lisbona (ossia, l’art. 20 TCE), ha attribuito al Consiglio la competenza ad adottare, “deliberando secondo una procedura legislativa speciale e previa consultazione del Parlamento europeo, (…) direttive che stabiliscono le misure di coordinamento e cooperazione necessarie per facilitare tale tutela”. Nell’esercizio di tale competenza è stata adottata la direttiva che si segnala, e che gli Stati membri devono recepire entro il 1° maggio 2018 (art. 17). Come precisato dall’art. 16, gli Stati membri possono comunque mantenere o introdurre disposizioni più favorevoli, purché compatibili con la direttiva.
Gli artt. 1-9 contengono le disposizioni che individuano i titolari del diritto alla tutela consolare, il suo contenuto e le modalità di esercizio. In particolare, l’art. 2, rubricato “Principio generale” sancisce che “[l]e ambasciate e i consolati degli Stati membri forniscono tutela consolare ai cittadini non rappresentati alle stesse condizioni riservate ai loro cittadini”. Per “cittadini non rappresentati” si intendono i cittadini di uno Stato membro che si trovano in un paese terzo nel quale il primo “non possiede un’ambasciata o un consolato stabiliti in modo permanente o se non vi possiede un’ambasciata, un consolato o un console onorario che sia in grado di fornire efficacemente tutela consolare in un determinato caso” (cfr. gli artt. 4 e 6).
Il cittadino non rappresentato può rivolgersi all’ambasciata o al consolato di qualsiasi Stato membro. Tuttavia, se lo Stato membro al quale il cittadino chiede tutela ha concluso con altri Stati membri un accordo pratico sulla condivisione delle responsabilità di fornire tutela consolare, in base al quale non è competente, la domanda deve essere trasferita “all'ambasciata o al consolato pertinenti, a meno che la tutela consolare possa risultare così compromessa, in particolare nel caso in cui l'urgenza della questione richieda un'azione immediata da parte dell'ambasciata o del consolato a cui il cittadino si è rivolto” (art. 7). Inoltre, ad eccezione dei casi di estrema urgenza, prima di fornire l’assistenza, lo Stato membro richiesto deve consultare lo Stato membro di cittadinanza del richiedente (art. 10). Quest’ultimo Stato può chiedere allo Stato membro che fornisce la tutela consolare di trasferirgli la domanda o il caso, e in tal senso il secondo Stato provvederà “appena lo Stato membro di cittadinanza conferma che sta fornendo tutela consolare al cittadino non rappresentato” (art. 3).
Quanto ai servizi che formano l’oggetto della tutela consolare, l’art. 9 fornisce un’elencazione solo esemplificativa, che include, tra l’altro, l’assistenza in caso di arresto o detenzione, quando il richiedente è vittima di reato ovvero deve essere rimpatriato in caso di emergenza.
Una norma apposita riguarda il rimborso dei costi dell’assistenza, e anch’essa è informata ai principi della non discriminazione in base alla nazionalità e della solidarietà (art. 14). Lo Stato membro che presta assistenza può chiedere al cittadino non rappresentato di impegnarsi a restituire allo Stato membro di cittadinanza i costi della tutela, purché si tratti di quelli che nelle stesse condizioni verrebbero domandati ai propri cittadini. In tal caso, lo Stato membro che presta assistenza può chiedere il rimborso allo Stato membro di cittadinanza, che deve provvedere in un periodo di tempo ragionevole, non superiore a 12 mesi, e può a sua volta chiedere al cittadino interessato di rimborsare gli stessi costi.
I familiari dei cittadini non rappresentati che non sono cittadini dell’Unione hanno diritto ad ottenere la tutela consolare “nella stessa misura e alle stesse condizioni in cui sarebbe fornita ai familiari dei cittadini dello Stato membro che presta assistenza, che non sono cittadini dell’Unione, conformemente al diritto o alla prassi nazionale di tale Stato membro” (art. 5).
La direttiva prevede poi che le delegazioni dell’Unione devono cooperare con le ambasciate e i consolati degli Stati membri, fornendo il sostegno logistico disponibile, facilitando lo scambio di informazioni tra loro, e mettendo a disposizione informazioni generali sull’assistenza che possono ricevere i cittadini non rappresentati (art. 11). Infine, alcune norme si occupano della cooperazione e del coordinamento tra le ambasciate e i consolati degli Stati membri, nonché del rimborso dei costi dell’assistenza prestata, nei casi di crisi (artt. 13 e 15).
[1] Il testo della direttiva, pubblicato in GU L 106 del 24.04.2015, pp. 1-13, può essere letto qui.