Sentenza n. 6/2015 – giudizio di ammissibilità di richieste di referendum popolare
Deposito del 27 gennaio 2015 – Pubblicazione in G.U del 28/01/2015
Motivo della segnalazione
Con la sentenza in oggetto la Corte è chiamata a pronunciarsi sull'ammissibilità della richiesta di referendum popolare per l'abrogazione dell'art. 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214.
L'art. 24 contiene un insieme di disposizioni in materia di trattamenti pensionistici (sia pubblici che privati), perequazione delle pensioni, riequilibrio della previdenza per i liberi professionisti nonché la previsione di un Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell'occupazione giovanile e delle donne.
La Corte dichiara inammissibile il referendum per motivi che attengono sia alla struttura del quesito, sia alla natura della normativa che si intende abrogare.
Con riferimento al primo punto, è rilevata la non omogeneità del quesito in quanto l'art. 24 prevede una pluralità di fattispecie differenziate che si presentano come un «aggregato indivisibile di norme», tale che «l'elettore si troverebbe a dover esprimere un voto bloccato su una pluralità di atti e disposizioni diverse» (sentenza n. 12 del 2014), con conseguente compressione della propria libertà di convincimento e di scelta (punto 3 del considerato in diritto).
Con riferimento invece ai motivi di inammissibilità relativi alla natura della normativa oggetto della richiesta referendaria, viene in rilievo il limite all'ammissibilità di referendum abrogativo per le leggi di bilancio (limite previsto dall'art. 75 Cost.).
Richiamando la precedente giurisprudenza sul punto, infatti, la Corte sottolinea che, mentre sono da ritenere estranee a tale divieto le «innumerevoli leggi di spesa», adottate anche al solo scopo di contenimento della spesa pubblica, rientrano nella definizione di leggi di bilancio quelle normative che «presentino "effetti collegati in modo [...] stretto all'ambito di operatività" delle leggi di bilancio». Tale collegamento deve manifestarsi attraverso la presenza di un «legame genetico, strutturale e funzionale con le leggi di bilancio» tale che le disposizioni collegate «incidano direttamente sul quadro delle coerenze macroeconomiche e siano essenziali per realizzare l'indispensabile equilibrio finanziario» (sentenza n. 2 del 1994).
Conseguentemente il collegamento con la legge di bilancio può ravvisarsi anche in relazione a provvedimenti ad essa successivi, ove essi siano «formalmente e sostanzialmente correttivi o integrativi della stessa, e si rendano necessari per l'equilibrio della manovra finanziaria».
Con riferimento alla disposizione oggetto della richiesta referendaria all'esame della Corte, la relazione con la legge di bilancio è esplicitata nella Relazione al Parlamento presentata il 4 dicembre 2011, nella quale il Governo evidenziava come − in ragione delle recenti tensioni sui mercati finanziari e per «mantenere gli impegni assunti in sede europea» – si rendesse necessaria una manovra correttiva (rispetto alla precedente legge n. 183 del 12 novembre 201) incidente, per una parte rilevante, sul settore previdenziale, qualificando espressamente tale intervento come "collegato" alla manovra di finanza pubblica per il triennio 2012-2014.