Sentenza n. 5/2015 – giudizio di ammissibilità di richieste di referendum popolare
Deposito del 7 gennaio 2015 – Pubblicazione in G.U del 28/01/2015
Motivo della segnalazione
Con la sentenza in oggetto la Corte si è pronunciata sull'ammissibilità di tre richieste di referendum abrogativo popolare aventi ad oggetto alcune disposizioni dei decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155 (Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148) e 19 febbraio 2014, n. 14 (Disposizioni integrative, correttive e di coordinamento delle disposizioni di cui ai decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155, e 7 settembre 2012, n. 156, tese ad assicurare la funzionalità degli uffici giudiziari), adottati in attuazione della delega conferita al Governo dall'art. 1 della legge 14 settembre 2011, n. 148, relativa alla riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari.
Tutti i tre quesiti referendari proposti hanno la finalità di incidere sulle disposizioni che hanno soppresso alcuni tribunali ordinari, le corrispondenti procure della Repubblica, le sezioni distaccate di tribunali ordinari, nonché sulle disposizioni del d.lgs. n. 14 del 2014 con le quali è stata disposta la sostituzione della Tabella A allegata al regio decreto n. 12 del 1941, contenente la cosiddetta geografia giudiziaria.
Come chiarisce la Corte, la finalità dei tre quesiti referendari è quella della reviviscenza, in tutto (primo quesito) o in parte (secondo e terzo quesito), delle disposizioni che prevedevano gli uffici giudiziari soppressi, nonché di quelle (terzo quesito) che stabilivano i circondari dei tribunali soppressi, finalità che non può essere conseguito mediante lo strumento referendario.
Richiamando la precedente giurisprudenza sul punto, la Corte infatti ribadisce che «l'abrogazione, a seguito dell'eventuale accoglimento della proposta referendaria, di una disposizione abrogativa è [...] inidonea a rendere nuovamente operanti norme che, in virtù di quest'ultima, sono già state espunte dall'ordinamento» (sentenza n. 12 del 2014, sentenze n. 24 e 28 del 2011, sentenze n. 13 del 2012 nonché, sia pure implicitamente, le sentenze n. 31 del 2000 e n. 40 del 1997).
In caso contrario, infatti, il referendum perderebbe la propria natura abrogativa, assumendo una valenza «surrettiziamente propositiva» (sentenze n. 28 del 2011, n. 23 del 2000 e n. 13 del 1999); ipotesi chiaramente non ammessa dalla Costituzione. Su queste premesse la Corte conclude per l'inammissibilità della richiesta referendaria in oggetto in quanto, «per l'effetto [di reviviscenza] che intende produrre, ha natura deliberativa».